Riflettere sulle parole e gli interventi di Papa Francesco oggi è un tema di mera attualità, è forse un tema di cronaca o piuttosto, un bisogno impellente, amplificato dalla sua dolorosa scomparsa, in un tempo in cui statisti ed intellettuali sembrano non essere all’altezza delle sfide del presente?
L’interrogativo così posto accoglie implicitamente una risposta. La testimonianza di Francesco contiene in sé una potenza comunicativa e propulsiva unica, direttamente coinvolgente “il popolo”, non secondo un’accezione dispregiativa, bensì rivolta a chiunque svolga un ruolo politico e sociale nella comunità, i cui effetti incidano in particolare sui destini e le vite delle persone più vulnerabili.
La giornalistica descrizione di Jorge Bergoglio come il “Papa del popolo” può essere accettata a condizione che l’accezione popolare sia intesa non come una categoria logica o come una categoria mistica[i], bensì come un’identità comune fatta di legami sociali e culturali, la cui costruzione richiede un progetto lento, difficile, di crescita, di evoluzione all’insegna di valori condivisi, ad esempio quelli contenuti nella nostra Costituzione con riferimento alla tutela del lavoro, su cui la Repubblica si fonda (articoli 1, 3 comma 2, 4, da 35 a 40, 41 comma 2).
Anche su questo argomento le parole di Papa Francesco si stagliano luminose e critiche, squarciano i muri di ipocrisia e costituiscono un richiamo di tutti all’impegno effettivo, lontano da interventi puramente assistenziali, estemporanei o di mera concessione. Solo il Presidente della Repubblica, con approccio naturalmente laico e misurato, offre interventi di alta sensibilità sui temi della tutela dei diritti fondamentali della persona, specialmente nel settore della prevenzione degli infortuni sul lavoro, della tutela economica e giuridica dei lavoratori, della repressione del fenomeno del “caporalato”.
Con il caratteristico piglio coraggioso e diretto, Francesco nei suoi discorsi finalizzati alla tutela delle persone più vulnerabili ha sottolineato come il grande tema sia il lavoro. “Ciò che è veramente popolare – perché promuove il bene del popolo – è assicurare a tutti la possibilità di far germogliare i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue capacità, la sua iniziativa, le sue forze. Questo è il miglior aiuto per un povero, la via migliore verso un’esistenza dignitosa”[ii].
E’ evidente come sia del tutto irrilevante il fatto che il lettore sia credente o non. Anche in questo sta la grandezza di Francesco, ovvero nell’aver sostenuto con convinzione l’impegno sociale di chi non dispone del dono della fede o di chi dubita. Ne discende, secondo una valutazione del tutto profana e superficiale, che la “cristianità” di un individuo non equivale ad una dichiarazione astratta e unilaterale, all’adesione passiva ad un rito liturgico, bensì si misura in base alle azioni che la persona pone in essere in concreto all’interno della comunità.
In questo contesto, la visione “rivoluzionario-evangelica” intende affermare con chiarezza che “aiutare i poveri con il denaro dev’essere sempre un rimedio provvisorio per fare fronte a delle emergenze. Il vero obiettivo dovrebbe sempre essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro”[iii]. Per quanto cambino i sistemi di produzione, la politica non può rinunciare all’obiettivo di ottenere che l’organizzazione di una società assicuri ad ogni persona un modo di contribuire con le proprie capacità e il proprio impegno. Infatti, “non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro e della dignità del lavoro”. In una società realmente progredita, il lavoro è una dimensione irrinunciabile della vita sociale, perché non solo è un modo di guadagnarsi il pane, ma anche “un mezzo per la crescita personale, per stabilire relazioni sane, per esprimere sé stessi, per condividere doni, per sentirsi corresponsabili nel miglioramento del mondo e, in definitiva, per vivere come popolo”. Queste convinzioni nette presuppongono un completo ripensamento dell’organizzazione dei sistemi economici, dell’impostazione capitalista e neoliberista tesa alla massimizzazione del profitto, al dominio dei poteri finanziari. Tuttavia, i temi macroeconomici (che gli hanno fatto guadagnare tanti oppositori) non elidono un’altra dimensione di impegno individuale che raggiunge ciascun individuo e lo esorta ad un ruolo attivo all’interno della comunità, per il raggiungimento del bene comune, quale unica dimensione di realizzazione della propria persona.
La lettura offerta da Papa Francesco non si limita ad enunciazioni di principio o ad esortazioni generiche, ma offre una visione completa e approfondita laddove aggancia la tematica del lavoro come mezzo di uguaglianza sociale e promozione delle comunità al rispetto dei diritti umani fondamentali. A prescindere dalle considerazioni diffuse che Francesco propone sulle numerose forme di ingiustizia, nutrite da visioni antropologiche riduttive e da un modello economico fondato sul profitto che non esita a sfruttare, a scartare e perfino ad uccidere l’uomo[iv], un focus accurato viene rivolto alla fenomenologia criminale della negazione della dignità umana nel lavoro. Si sostiene che “malgrado la comunità internazionale abbia adottato numerosi accordi al fine di porre un termine alla schiavitù in tutte le sue forme e avviato diverse strategie per combattere questo fenomeno, ancora oggi milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù. […] Oggi come ieri, alla radice della schiavitù si trova una concezione della persona umana che ammette la possibilità di trattarla come un oggetto”. La persona umana con la forza, l’inganno o la costrizione fisica o psicologica viene trattata come un mezzo e non come un fine. In particolare, si fa riferimento ai “tanti lavoratori e lavoratrici, anche minori, asserviti nei diversi settori, a livello formale e informale, dal lavoro domestico a quello agricolo, da quello nell’industria manifatturiera a quello minerario, tanto nei Paesi in cui la legislazione del lavoro non è conforme alle norme e agli standard minimi internazionali, quanto, sia pure illegalmente, in quelli la cui legislazione tutela il lavoratore”.
La capacità critica di Francesco non è fine a sé stessa. Comprende e analizza le evoluzioni dei fenomeni. Ad esempio, con riguardo al tema dei flussi, rileva: “le diverse circostanze sociali, politiche ed economiche spingono alla clandestinità, e a quelli che, per rimanere nella legalità, accettano di vivere e lavorare in condizioni indegne, specie quando le legislazioni nazionali creano o consentono una dipendenza strutturale del lavoratore migrante rispetto al datore di lavoro, ad esempio condizionando la legalità del soggiorno al contratto di lavoro”.
Ed ancora, sottolinea che il lavoro di identificazione, assistenza e protezione delle vittime dello sfruttamento, nonché quello repressivo non possono da soli risolvere il problema. La prospettiva di avanguardia suggerisce interventi su diversi fronti. Il disegno complessivo di intervento richiede un triplice impegno a livello istituzionale di prevenzione, di protezione delle vittime e di azione giudiziaria nei confronti dei responsabili. Inoltre, “come le organizzazioni criminali utilizzano reti globali per raggiungere i loro scopi, così l’azione per sconfiggere questo fenomeno richiede uno sforzo comune e altrettanto globale da parte dei diversi attori che compongono la società.
Gli Stati dovrebbero vigilare affinché le proprie legislazioni nazionali sulle migrazioni, sul lavoro, sulle adozioni, sulla delocalizzazione delle imprese e sulla commercializzazione di prodotti realizzati mediante lo sfruttamento del lavoro siano realmente rispettose della dignità della persona. Sono necessarie leggi giuste, incentrate sulla persona umana, che difendano i suoi diritti fondamentali e li ripristinino se violati, riabilitando chi è vittima e assicurandone l’incolumità, nonché meccanismi efficaci di controllo della corretta applicazione di tali norme, che non lascino spazio alla corruzione e all’impunità.
Le organizzazioni intergovernative, conformemente al principio di sussidiarietà, sono chiamate ad attuare iniziative coordinate per combattere le reti transnazionali del crimine organizzato che gestiscono la tratta delle persone umane ed il traffico illegale dei migranti.
Si rende necessaria una cooperazione a diversi livelli, che includa cioè le istituzioni nazionali ed internazionali, così come le organizzazioni [1]della società civile ed il mondo imprenditoriale. Le imprese, infatti, hanno il dovere di garantire ai loro impiegati condizioni di lavoro dignitose e stipendi adeguati, ma anche di vigilare affinché forme di asservimento o traffico di persone umane non abbiano luogo nelle catene di distribuzione. Alla responsabilità sociale dell’impresa si accompagna poi la responsabilità sociale del consumatore. Infatti, ciascuna persona dovrebbe avere la consapevolezza che «acquistare è sempre un atto morale, oltre che economico”.
In definitiva, l’insegnamento di Francesco lascia a bocca aperta. Esso osserva dall’alto, riassume e sospinge ogni necessaria azione attuale e futura contro i fenomeni criminali connessi alle moderne schiavitù e al lavoro forzato; costituisce una summa di tutte le necessità invocate in ambito nazionale e internazionale e le oltrepassa perché dotato di autonomia e libertà di pensiero. Ad esempio, la direttiva UE 2024/1712, approvata il 13 giugno 2024 e pubblicata il 24 giugno 2024 sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, che modifica, ma non sostituisce, la direttiva 2011/36 in tema di prevenzione e contrasto alla tratta di esseri umani e di protezione delle vittime, contiene una serie di indicazioni per gli Stati che, tuttavia, sono frutto di compromessi e – seppur positive – non sono animate dal coraggio invocato da Papa Francesco. Il testo, contenente modifiche da più parti ritenute troppo timide, è entrato in vigore il 14 luglio 2024 e a decorrere da tale data, gli Stati membri hanno due anni di tempo per la trasposizione di essa all’interno del diritto nazionale[v].
Con riferimento ad altro punto di osservazione internazionale, di nostro diretto interesse, il Consiglio d’Europa, per il tramite dell’organismo di monitoraggio (GRETA) sull’implementazione della Convenzione sulle azioni contro la tratta di esseri umani (approvata il 16 maggio 2005 e recepita in Italia con la legge n. 108/2010) nel 2024 ha esortato le autorità italiane ad adottare misure aggiuntive per prevenire, individuare e combattere efficacemente la tratta di esseri umani. Nello specifico riguardo del contrasto allo sfruttamento lavorativo sono stati richiesti interventi finalizzati al miglioramento e ammodernamento delle ispezioni sui luoghi di lavoro, al controllo del lavoro domestico, alla verifica delle agenzie di reclutamento e di lavoro temporaneo e delle catene di fornitura, nonché di altri settori a rischio. Inoltre, al fine di tutelare i diritti fondamentali dei lavoratori l’Italia è stata invitata ad istituire meccanismi di denuncia sicuri ed efficaci per i lavoratori, per garantire che le vittime di abusi o situazioni di sfruttamento possano riferire il loro caso senza timore di ripercussioni.
Il GRETA ha ritenuto essenziale che l’Italia metta in atto meccanismi di cooperazione interistituzionale al fine di garantire che le informazioni personali dei lavoratori, raccolte nel corso di ispezioni sul lavoro, ispezioni congiunte, segnalazioni o meccanismi di reclamo, non vengano utilizzate per l’applicazione della legge sull’immigrazione, ma per contrastare gli autori dei reati di tratta. In un’ottica di tutela complessiva della dignità dei lavoratori, sono state poi sollecitate azioni tese a garantire che le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori migranti, anche nel settore agricolo, soddisfino tutti i requisiti previsti dalla legislazione, con l’obiettivo di prevenire la tratta di esseri umani[vi].
E’ davvero sorprendente come il messaggio di organizzazioni e testi giuridici sovranazionali sia sovrapponibile, per difetto, a quello di Papa Francesco. L’umanità non era abituata a ricevere dal Pontefice parole di tale concretezza, frutto di un’incessante comprensione delle dinamiche economiche e sociali, oltre che delle strategie necessarie in chiave di risoluzione dei problemi dell’umanità più bisognosa.
La potenza del messaggio di Papa Francesco si impone alle coscienze di tutti. “La schiavitù moderna … è un crimine di lesa umanità … che si nasconde dietro porte chiuse, in luoghi particolari, nelle strade, nelle automobili, nelle fabbriche, nelle campagne, nei pescherecci e in molte altre parti”[vii]. L’invito ad essere “ambasciatori di speranza”[viii] non è dunque connesso ad una professione di fede, ma può ispirare chiunque, soprattutto gli operatori di giustizia affinché possano “trasformare il potere ricevuto dall’Ordinamento in servizio a favore della dignità della persona umana e del bene comune”[ix].
La visione di Papa Francesco si pone in linea con le più moderne prospettive di contrasto alla criminalità organizzata. La lotta contro di essa rappresenta una delle maggiori sfide per la comunità internazionale, considerata l’irrilevanza dei confini nazionali per le mafie. Esse rappresentano ,a minaccia militare più rilevante contro la sicurezza di ogni nazione e la stabilità economica internazionale. Di recente, nel febbraio 2025, Papa Franceso ha affermato che “il crimine organizzato, nella sua brutalità, attenta al bene comune; attacca milioni di uomini e donne che hanno diritto a vivere la propria vita e a crescere i propri figli con dignità e liberi dalla fame e dal timore della violenza, dell’oppressione o dell’ingiustizia; inveisce contro i gruppi socialmente emarginati che sono particolarmente vulnerabili alle attività della criminalità organizzata. Non è possibile né tollerabile dimenticare queste vittime perché solo pensando a loro si può comprendere il danno provocato dal crimine organizzato, e solo comprendendo tale danno si può discernere come assistere, proteggere e riparare, aspetti essenziali per risolvere conflitti e pacificare. In tal senso, il modello italiano è un buon esempio di come i proventi del crimine possano essere destinati alla riparazione del danno causato alle vittime e alla società; di come possano servire alla ricostruzione del bene comune e alla pacificazione”[x].
Una visione di straordinaria modernità, anche su temi particolarmente specialistici come quello del recupero e della confisca dei beni profitto della criminalità organizzata. La recente direttiva UE n. 1260/2024 sul recupero e la confisca dei beni, che si colloca nel filone dell’armonizzazione delle legislazioni nazionali (già rimarcata da Papa Francesco come paradigma per il contrasto alle mafie) e del regolamento UE 2018/1805 sul mutuo riconoscimento degli ordini di congelamento e confisca, sottolinea l’importanza dell’utilizzo dei beni confiscati per scopi sociali. Essa prevede che gli Stati membri siano incoraggiati ad adottare le misure necessarie per consentire l’uso dei beni confiscati per scopi di interesse pubblico o sociale o come risarcimento per le vittime. In fenomeni criminali come la tratta ed il grave sfruttamento lavorativo queste sono, in buona sostanza, le finalità ultime che dovrebbero ispirare le indagini finanziarie. Accertamenti tempestivi e completi possono garantire il risarcimento delle vittime (cfr. Corte europea dei diritti dell’uomo, Krachunova vs. Bulgaria, 28 novembre 2023) o la trasformazione dei beni illeciti in benefici sociali per le comunità.
Agli occhi del magistrato, al di là di ogni credo e convinzione, le parole di Papa Francesco restano come un rinnovato richiamo all’impegno di tutela della dignità umana che costituisce l’essenza stessa della toga. Il suo messaggio accoglie e conforta quello di altri magistrati che, svolgendo il proprio dovere pagando un prezzo altissimo, hanno difeso la Costituzione.
[i] Fratelli tutti (3 ottobre 2020) | Francesco
[ii] Fratelli Tutti, 162, cit.
[iii] Laudato si’ (24 maggio 2015) | Francesco
[iv] XLVIII Giornata Mondiale della Pace 2015 – Non più schiavi, ma fratelli | Francesco
[v] Cfr. D. Mancini, La direttiva UE 2024/1712 sulla tratta di esseri umani. Un lungo percorso di revisione con risultati controversi, in Sistema penale, 2024.
[vii] Cerimonia per la firma della Dichiarazione contro la schiavitù da parte dei Leaders religiosi (2 dicembre 2014) | Francesco.
[viii] Messaggio del Santo Padre per l’XI Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone (4 febbraio 2025) | Francesco
[ix] Ai Membri del Consiglio Superiore della Magistratura (8 aprile 2022) | Francesco ;
[x] Messaggio del Santo Padre ai partecipanti al Convegno sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, promosso dall’Organizzazione contro le mafie “Libera”