Tra le poche norme del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 (c.d. Riforma Cartabia del processo civile) applicabili a decorre dal 1 gennaio 2023, anche ai procedimenti pendenti a tale data, vi è il nuovo articolo 127 ter del codice di procedura civile, introdotto nel Libro I, al Titolo VI, dedicato agli atti processuali e, in particolare, nella sezione dedicata alle udienze.
È utile riportare il testo della norma: “L’udienza, anche se precedentemente fissata, può essere sostituita dal deposito di note scritte, contenenti le sole istanze e conclusioni, se non richiede la presenza di soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice. Negli stessi casi, l’udienza è sostituita dal deposito di note scritte se ne fanno richiesta tutte le parti costituite.
Con il provvedimento con cui sostituisce l’udienza il giudice assegna un termine perentorio non inferiore a quindici giorni per il deposito delle note. Ciascuna parte costituita può opporsi entro cinque giorni dalla comunicazione; il giudice provvede nei cinque giorni successivi con decreto non impugnabile e, in caso di istanza proposta congiuntamente da tutte le parti, dispone in conformità. Se ricorrono particolari ragioni di urgenza, delle quali il giudice da’ atto nel provvedimento, i termini di cui al primo e secondo periodo possono essere abbreviati.
Il giudice provvede entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle note.
Se nessuna delle parti deposita le note nel termine assegnato il giudice assegna un nuovo termine perentorio per il deposito delle note scritte o fissa udienza. Se nessuna delle parti deposita le note nel nuovo termine o compare all’udienza, il giudice ordina che la causa sia cancellata dal ruolo e dichiara l’estinzione del processo.
Il giorno di scadenza del termine assegnato per il deposito delle note di cui al presente articolo è considerato data di udienza a tutti gli effetti”.
La norma disciplina un nuovo istituto processuale rappresentante una modalità alternativa all’udienza, intendendosi come tale sia quella tradizionale in presenza sia quella svolta a mezzo dei collegamenti audiovisivi, disciplinata dal nuovo articolo 127 bis.
Che si tratti di un istituto ontologicamente diverso dall’udienza emerge già dal diverso inciso delle due nuove norme. Mentre, infatti, l’art. 127 bis fa riferimento allo “svolgimento” dell’udienza mediante collegamenti audiovisivi, l’art. 127 ter testualmente richiama un’udienza che “può essere sostituita”. Inoltre, mentre l’art. 127 bis contempla la possibilità dello svolgimento misto, laddove prevede che “resta ferma la possibilità per queste ultime di partecipare in presenza”, detta possibilità non è disposta nell’art. 127 ter, e questa differenza sembrerebbe derivare proprio dalla diversa natura delle nuove norme, una costituente mera modalità di svolgimento alternativo dell’udienza, l’altra strumento alternativo di trattazione delle cause, ontologicamente differente dall’udienza.
La riforma ha, dunque, inteso introdurre un nuovo, rivoluzionario per certi aspetti, modello di trattazione delle cause civili, alternativo al sistema dell’udienza pubblica e orale come disciplinato dagli artt. 126, 128 e 84 disp. att. cpc.
L’idea prende spunto dall’esperienza virtuosa delle c.d. udienze a trattazione scritta (o cartolari) introdotte nel periodo dell’emergenza pandemica, a partire dal marzo del 2020 (art. 83, co. VII, lett. h[1] del d.l. 18/2020), passando per l’istituzionalizzazione avvenuta con l’art. 221 del decreto legge 19 maggio 2020 n. 34, co. IV[2], la cui efficacia è stata di volta in volta prorogata fino al 31 dicembre 2022 (art. 16 d.l. 228/2021).
Se, tuttavia, la finalità della normativa d’urgenza emergenziale era quella di evitare gli assembramenti negli uffici giudiziari, l’istituzione dell’art. 127 ter persegue gli obiettivi di “semplificazione, speditezza e razionalizzazione” del processo civile, enfatizzati nel primo comma dell’art. 1 della legge delega del 26 novembre 2021, n. 206. Al comma 17 della stessa norma, inoltre, la sostituzione dell’udienza mediante il deposito di note scritte è indicato tra gli strumenti diretti a “rendere i procedimenti civili più celeri ed efficienti”.
Ciò premesso, se la vocazione strutturale del nuovo istituto ricalca senz’altro l’udienza c.d. a trattazione scritta, la disciplina presenta sostanziali differenze che stanno ponendo, da circa tre mesi a questa parte, non poche perplessità agli Uffici giudiziari, con inevitabili conseguenze in punto di difformità di prassi applicative.
L’esame della norma non può che partire dalla sua collocazione sistematica tra le disposizioni generali del codice di rito che ne suggerisce un’applicazione generalizzata. Inoltre, la già indicata natura di istituto ontologicamente diverso dall’udienza, induce a ritenere non applicabile, nella sua interpretazione, il divieto di cui all’art. 14 delle Preleggi, volto a impedire l’interpretazione estensiva e l’analogia alle norme che fanno eccezioni alle regole generali.
La struttura e la disciplina, tuttavia, spingono a ritenere l’istituto incompatibile con alcune tipologie di udienze.
La prima peculiarità, invero, emerge già dalla prima frase della norma rispetto a quanto disposto nell’art. 127 bis, il quale, infatti, autorizza lo svolgimento dell’udienza mediante collegamenti audiovisivi anche nei casi di udienza pubblica. L’inciso “anche pubblica”, infatti, non si ritrova nella norma di cui all’art. 127 ter, il che potrebbe portare a ritenere che l’art. 127 ter non possa trovare applicazione in caso di udienze pubbliche.
La differenza tra udienze pubbliche e a porte chiuse è stabilita dal combinato disposto degli artt. 128 e 84 disp. att. c.p.c. dai quali si evince che sono pubbliche, a pena di nullità, le udienze in cui si discute la causa mentre non lo sono quelle del giudice istruttore.
Ne dovrebbe derivare l’incompatibilità dell’art. 127 ter con tutte le udienze di discussione della causa, a meno di non ritenere che il potere del giudice di disporre, in ogni caso, la sostituzione dell’udienza derivi dal regime derogatorio di cui all’art. 128 c.p.c., il quale, infatti, fa salva la possibilità di non celebrare l’udienza in modalità pubblica “se ricorrono ragioni di sicurezza dello Stato, di ordine pubblico o di buon costume”.
Non si ritiene, tuttavia, che l’applicazione fisiologica dell’art. 127 ter possa essere sempre accompagnata da dette ragioni. Pertanto, un’interpretazione, ad oggi, prudente dell’art. 127 ter escluderebbe dal suo ambito oggettivo di applicazione le udienze di discussione. Prime tra tutte quelle di discussione orale.
Il modello di discussione orale di cui all’art. 281 sexies c.p.c., del resto, aveva già posto problemi di compatibilità con l’udienza cartolare di fonte emergenziale. Sul punto, è intervenuta, di recente, una pronuncia della III Sezione Civile della Corte di Cassazione, la n. 37137 del 19 dicembre 2022, la quale, a ben vedere, si è espressa a favore di tale compatibilità.
Più precisamente, era stata impugnata una sentenza emessa ai sensi dell’art. 281 sexies all’esito di una trattazione orale svoltasi senza la comparizione fisica dei difensori, bensì con l’autorizzazione alle parti al deposito di note scritte. In particolare, il ricorrente aveva invocato una lesione del diritto di difesa e del contraddittorio, non consentendo detta modalità la possibilità di replicare successivamente al deposito delle note. Tuttavia, la S.C. ha ritenuto che il modello di discussione orale ex art. 281 sexies non rientrasse tra le ipotesi derogatorie previste dalle disposizioni emergenziali, quali le udienze richiedenti la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti. Inoltre, la normativa non contemplava la previsione di assegnazione di termini c.d. “sfalsati”, né tantomeno aveva previsto la possibilità di interpretare il singolo caso concreto, distinguendo oggetto, rilevanza e complessità della singola controversia, in quanto ciò avrebbe determinato una situazione di incertezza in ordine alla validità dei provvedimenti decisori.
In questo modo, la Corte di Cassazione ha posto le basi per un orientamento applicabile a tutte le altre sentenze emesse nel periodo pandemico ai sensi dell’art. 281 sexies.
Nonostante questo arresto, tuttavia, non può non porsi quanto meno il dubbio circa l’esclusione dall’ambito applicativo dell’art. 127 ter di tutte le udienze di discussione e, quindi, anche dell’art. 281 sexies.
Ulteriore argomento a sostegno di questa tesi, del resto, deriva dalla disciplina introdotta dalla norma che sembra ostare alla possibilità di dare lettura del dispositivo nella medesima “udienza” di discussione.
L’articolo 127 ter, invero, al primo comma prevede il potere discrezionale, già anticipato dall’ultimo comma dell’art. 127, di sostituire l’udienza con il deposito di note scritte, oltre al dovere di procedere in tal senso in caso di richiesta proveniente da tutte le parti costituite.
Il secondo, terzo e quarto comma, invece, descrivono la disciplina di tale istituto.
Più precisamente, si prevede che il giudice emetta un provvedimento di sostituzione dell’udienza assegnando alle parti almeno quindici giorni per il deposito delle note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni. Il termine dilatorio in questione è espressamente perentorio e, pertanto, a differenza di quanto avveniva nella prassi dell’udienza cartolare di fonte emergenziale, il giudice non può abbreviarlo. Decorso detto termine dal provvedimento del giudice, questi provvede entro i trenta giorni successivi. I trenta giorni, pertanto, iniziano a decorrere dalla scadenza del termine assegnato alle parti. Il termine assegnato alle parti, tuttavia, deve cadere esattamente in un giorno di udienza tabellare e ciò in quanto il nuovo istituto mira proprio a sostituire un’udienza, che è fissata in determinati giorni dalle tabelle ex art. 80 disp. att. c.p.c.
Questo meccanismo comporta che il giorno di scadenza del termine assegnato alle parti non può essere il giorno precedente l’udienza o i cinque giorni prima della normativa anti – Covid 19, ma proprio quello dell’udienza, da che deriva un ulteriore argomento, come anticipato, per immaginare l’incompatibilità con l’udienza ex art. 281 sexies, dal momento che detta norma prevede la lettura della sentenza il giorno stesso dell’udienza e non il giorno dopo come sembra voler suggerire il nuovo istituto.
La struttura descritta, infatti, è la fonte del principale problema colto dagli Uffici giudiziari nell’applicazione della norma: se il giudice non può che lavorare al fascicolo, provvedendo sulle istanze e conclusioni contenute dalle note scritte, se non dal momento della scadenza del termine concesso alle parti, il quale deve per forza coincidere con l’udienza tabellare, questo vuol dire che, in teoria, il giudice potrà procedere solo dal giorno successivo alla scadenza di detto termine, allorquando inizieranno a decorrere i trenta giorni previsti dalla norma. A meno di non ritenere di imporre un termine ad ora alle parti, disponendo, con il provvedimento sostitutivo dell’udienza, che il deposito delle note avvenga entro una determinata ora del giorno di udienza, utile per consentire anche alle Cancellerie di mettere in visione le note sui fascicoli telematici dei Magistrati.
Detta soluzione, tuttavia, deve fare i conti con un’altra norma, anch’essa introdotta con la riforma all’art. 196 sexies delle disp. att., che, disciplinando le modalità e il momento di perfezionamento del deposito con modalità telematiche, disponendo che “si ha per avvenuto nel momento in cui è generata la conferma del completamento della trasmissione secondo quanto previsto dalla normativa anche regolamentare …” prevede che ogni deposito sia “tempestivamente eseguito quando la conferma è generata entro la fine del giorno di scadenza”.
Combinando le due norme, dunque, sembrerebbe che il Legislatore della riforma abbia previsto la possibilità per le parti di depositare le proprie note entro le ore 23.59 del giorno dell’udienza sostituita.
La norma sembrerebbe, dunque, introdurre non solo un istituto di trattazione della causa civile alternativo all’udienza, ma, assieme ad esso, anche un nuovo modo di organizzare il lavoro dei Magistrati, i quali, dunque, fino alla fine del giorno dell’udienza, non potranno procedere a provvedere sulle istanze e conclusioni delle parti.
Tuttavia, alcuni Uffici giudiziari hanno iniziato ad applicare la norma, disponendo un termine perentorio, entro le ore 8.00 o 9.00 del giorno dell’udienza, per il deposito delle note.
A titolo esemplificativo, si possono citare i Tribunali di Santa Maria Capua Vetere, di Nocera Inferiore, di Potenza. Mentre hanno assunto un approccio più cauto Tribunali quali quello di Piacenza, Vibo Valentia e Foggia.
In particolare, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha pubblicato delle “linee guida sull’applicazione della disciplina in tema di udienza cartolare”, ai sensi delle quali occorre contemperare la disciplina del nuovo istituto con l’esigenza del giudice di organizzare la trattazione delle cause che, ai sensi dell’art. 127 c.p.c., deve avvenire “in modo ordinato e proficuo”. Inoltre, questa soluzione sarebbe valorizzata dall’art. 80 disp. att., a mente del quale a inizio anno, il Presidente del Tribunale stabilisce con decreto non solo i giorni, ma anche le ore in cui i giudici dovranno tenere udienza. Pertanto, laddove le Tabelle del Tribunale prevedessero le udienze come fissate a determinate ore, non si potrebbe immaginare di non porre un termine finale ad ora nel giorno dell’udienza al fine di consentire al giudice comunque di provvedere entro il giorno di udienza tabellare.
Del resto, l’ultimo comma della norma stabilisce che il giorno di scadenza del termine è considerato data di udienza a tutti gli effetti e, quindi, anche ai sensi dell’art. 80 disp. att. c.p.c.
Tuttavia, potrebbe obiettarsi che, se anche è vero che i termini immaginati dal Legislatore non sono solo a giorni ma anche ad ore, e ciò, in particolare, ai sensi dell’art. 155 c.p.c. che fa riferimento ai termini come computabili “a giorni o ad ore”, nel caso di specie, è innegabile che la norma si riferisca a un termine calcolato a giorni. Inoltre, l’imposizione di un termine perentorio, ad ore, se risponde senz’altro all’esigenza di organizzare il lavoro in modo ordinato e proficuo, si scontra letteralmente con la disposizione di cui all’art. 152 c.p.c. laddove prevede che i termini perentori sono tali solo se previsti in tal senso dal Legislatore, altrimenti, nel silenzio della legge, il giudice può darli, per il compimento di attività processuali, ma devono considerarsi ordinatori.
Al più potrebbe immaginarsi, allora, di prevedere comunque un termine ad ore, in aggiunta a quello comunque imposto a giorni dall’art. 127 ter c.p.c., ma detto termine ad ore sarà soggetto alla disciplina dei termini ordinatori, tale per cui, laddove la parte non chieda la proroga dello stesso prima della scadenza, decadrebbe dall’attività processuale ad essa rimessa.
In tal caso, nel quindicesimo giorno di termine, si potrebbe immaginare di prevedere il deposito entro l’ora x, scaduta la quale, se la parte non abbia chiesto in precedenza la proroga dello stesso, un eventuale deposito successivo sarebbe considerato tardivo, quale attività processuale ormai decaduta.
Ad ogni modo, sembra insuperabile la norma di cui all’art. 196 sexies disp. att. c.p.c., la quale, tuttavia, è stata considerata non ostativa alla concessione di termini ad ore da parte degli Uffici che hanno provveduto in tal senso, dal momento che detta norma rappresenterebbe una regola di ampio respiro riguardante l’organizzazione del deposito telematico in generale e non la specifica situazione in cui si necessita, sia per diretta disposizione normativa o per interpretazione teleologica, di un orario entro cui il deposito debba avvenire. Coloro che, fin qui, hanno sostenuto la compatibilità dell’art. 127 ter con la previsione di un termine ad ore per il deposito delle note, infatti, hanno ritenuto che detta soluzione, oltre che supportata dagli artt. 127 e 80 disp. att. c.p.c., si fondi anche sulle stesse finalità della riforma, di razionalizzazione e speditezza del processo.
Nell’incertezza fornita dall’interpretazione della norma, tuttavia, chi scrive ritiene che, in ogni caso, debba potersi valorizzare, al fine di evitare nullità processuali, il nuovo inciso di cui all’art. 101 co. II c.p.c., laddove prevede che laddove il giudice accerti una lesione del diritto di difesa, possa adottare i provvedimenti opportuni.
Ad ogni modo, come anche lasciato intendere dalla Relazione dell’Ufficio del Massimario della S.C. n. 110 del 1 dicembre 2022, anche al fine di evitare di ipotizzare limiti orari, sembra auspicabile un intervento correttivo del Legislatore, il quale basterebbe che preveda la scadenza del termine di deposito delle note entro il giorno prima dell’udienza.
Tuttavia, la circostanza che il Legislatore non abbia proceduto in tal senso potrebbe anche essere frutto non già di un errore sperimentale, bensì di una chiara scelta politica, volta a introdurre per la prima volta nel Sistema un meccanismo di dematerializzazione dell’udienza. Immaginare un correttivo, infatti, che consenta al giudice di lavorare senz’altro il giorno dell’udienza avrebbe senso laddove la trattazione scritta sia una mera modalità di svolgimento dell’udienza, cosicché si imporrebbe anche la necessità di redigere un verbale che prenda atto delle note depositate, alla stregua di quanto capitato nel corso dell’esperienza emergenziale. Nella diversa prospettiva inaugurata, invece, il fascicolo, scaduto il giorno di deposito delle note di parte, entrerebbe direttamente in uno stato di “riserva”, senza alcuna necessità di redigere il verbale.
Del resto, in tal senso sembra aver operato la nuova versione della Consolle del Magistrato (10.08.00) che oggi ha aggiunto le due nuove cartelle del “attesa deposito note” e “scaduto termine note”, nel quale confluiscono i fascicoli successivamente alla scadenza del termine. Vi è da chiedersi, tuttavia, quo usque tandem sia legittimo “imporre” una determinata interpretazione della nuova norma con un aggiornamento di Consolle.
Questa nuova prospettiva, laddove venisse confermata, potrebbe, nondimeno, essere il punto di partenza di una vera e propria rivoluzione copernicana, che potrebbe finire financo per rendere privo di senso il criterio della competenza territoriale, con tutte le conseguenze in punto di centralizzazione dei processi e equa distribuzione del carico di lavoro che ne potrebbero conseguire.
[1] In particolare la norma prevedeva il potere del Capo dell’Ufficio, per assicurare le finalità di contrasto all’emergenza epidemiologica da Covid 19, di adottare tutta una serie di misure, tra le quali “lo svolgimento delle udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti mediante lo scambio e il deposito in telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni, e la successiva adozione fuori udienza del provvedimento del giudice”.
[2] Che infatti, disponeva che “il giudice può disporre che le udienze civili che non richiedono la presenza di soggetti diversi dai difensori delle parti siano sostituite dal deposito telematico di note scritte contenenti le sole istanze e conclusioni. Il giudice comunica alle parti almeno trenta giorni prima della data fissata per l’udienza che la stessa e’
sostituita dallo scambio di note scritte e assegna alle parti un termine fino a cinque giorni prima della predetta data per il deposito delle note scritte. Ciascuna delle parti puo’ presentare istanza di trattazione orale entro cinque giorni dalla comunicazione del provvedimento. Il giudice provvede entro i successivi cinque giorni. Se nessuna delle parti effettua il deposito telematico di note scritte, il giudice provvede ai sensi del primo comma dell’articolo 181 del codice di procedura civile”.