PROBLEMATICHE DI DIRITTO TRANSITORIO

Riferimento normativo: art. 35 d.lgs. n. 149/2022, come sostituito dall’art. 1, comma 380, l. n. 197/2022: “Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data.

Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti”.

QUESTIONE INTERPRETATIVA: qual è il significato da attribuire all’espressione “procedimenti instaurati”?

Per i procedimenti che iniziano con ricorso, non sorgono particolari problemi: il momento della “instaurazione” del giudizio, ai fini dell’applicazione dell’art. 35 d.lgs. n. 149/2022, coincide con la data di deposito dell’atto introduttivo.

Per i giudizi instaurati con atto di citazione, occorre invece verificare se l’espressione “procedimenti instaurati” coincida o meno con quella di procedimenti “pendenti”.

In concreto, la questione assume rilievo nel caso in cui la notificazione dell’atto di citazione sia stata richiesta entro il 28 febbraio 2023, ma si sia perfezionata dopo tale data.

Tesi A: procedimenti instaurati = procedimenti pendenti (vale a dire procedimenti per i quali l’iter della notificazione si è concluso) nel caso in cui la notificazione dell’atto di citazione si sia perfezionata per il destinatario dopo il 28 febbraio 2023, il giudizio sarà disciplinato dal c.d. nuovo rito Cartabia.

Argomentazioni:

-secondo l’interpretazione già seguita in relazione alla disciplina transitoria introdotta dalla legge n. 69/2009, per i processi che iniziano con atto di citazione, la “pendenza”, ai fini dell’applicazione della vecchia o della nuova normativa, coincide con il momento in cui la notifica si perfeziona nei confronti del destinatario;

 -il principio della “scissione soggettiva” del momento perfezionativo della notificazione, espresso dall’art. 149, comma 3, c.p.c. (a norma del quale “la notifica si perfeziona per il notificante al momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha legale conoscenza dell’atto”), novellato a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 477 del 26 novembre 2002, opera nelle ipotesi in cui dalla data di notificazione possano discendere decadenze o altri impedimenti per il notificante, mentre, al di fuori di questo ambito, gli altri effetti della notificazione si producono nel momento in cui il relativo procedimento si conclude, ossia alla data di ricezione dell’atto (v. ad es., in materia di “prevenzione” ai sensi dell’art. 39 c.p.c., Cass. n. 10509 del 2015; Cass. sez. un., n. 23675 del 2014; Cass., sez. un., n. 9535 del 2013).

Tesi B: procedimenti instaurati = procedimenti per i quali è stata richiesta la notificazione dell’atto di citazione se la citazione è stata consegnata (o è stata inviata) per la notifica entro il 28 febbraio 2023, il procedimento è soggetto alla disciplina ante-riforma (cfr. linee guida del Tribunale di Verona, linee guida della Seconda Sezione Civile del Tribunale di Reggio Calabria e linee guida del Tribunale di Cuneo).

Argomentazioni:

-la nozione di “instaurazione” e quella di “pendenza” (del giudizio) non coincidono: in particolare, la nozione di pendenza allude a processi che possono trovarsi in fasi processuali diverse, da quella iniziale a quella di trattazione, a quella decisionale, mentre la nozione di instaurazione si riferisce ad un processo che è ancora nella fase di instaurazione del contraddittorio ed è quindi più circoscritta di quella di pendenza, vale a dire che il legislatore, utilizzandola, ha inteso attribuire rilievo alla data di richiesta della notificazione dell’atto di citazione  (così Trib. Verona, 13 aprile 2023);

-vi è l’esigenza di tutelare l’attore da possibili conseguenze pregiudizievoli che potrebbero derivargli data l’impossibilità di prevedere con esattezza il giorno in cui si perfeziona la notificazione per il destinatario (ad es. nullità della citazione per inosservanza dei nuovi termini per comparire);

-il principio di “scissione” sancito dall’art. 149, comma 3, c.p.c. può operare anche al di fuori dell’ipotesi in cui vengano in rilievo decadenze. 

Un discorso a parte va fatto per i giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo.

Ai fini della applicabilità o meno del nuovo rito previsto dalla cosiddetta riforma Cartabia, occorre avere riguardo alla data di deposito del ricorso per decreto ingiuntivo (Tribunale Bergamo, 20/06/2023; Tribunale Salerno, 16/04/2023; linee guida della Seconda Sezione Civile del Tribunale di Reggio Calabria e linee guida del Tribunale di Cuneo).

Argomentazioni:

– secondo Cass, sez. un., n. 20596 del 2007, “la notificazione del ricorso e del decreto è condizione per il determinarsi della litispendenza, ma non coincide anche con il momento in cui si verifica”, che, “secondo i principi generali che reggono i procedimenti su domanda di parte, è quello in cui è proposta la domanda d’ingiunzione”. Pertanto, “la lite introdotta con la domanda di ingiunzione deve considerarsi pendente a seguito della notifica del ricorso e del decreto, ma gli effetti della pendenza retroagiscono al momento del deposito del ricorso” (conf. Cass. n. 6511 del 2012; Cass. n. 18564 del 2015; Cass. n. 1366/2018 in tema di deposito telematico del ricorso monitorio);

 – ai sensi dell’art. 39, ultimo comma, c.p.c., la “prevenzione è determinata … dal deposito del ricorso”;

– “L’opposizione prevista dall’art. 645 c.p.c. non è una “actio nullitatis” o un’azione di impugnativa nei confronti dell’emessa ingiunzione, ma un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio, non quale giudizio autonomo, ma come fase ulteriore – anche se eventuale – del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo” (Cass., sez. un., n. 927 del 2022);

 – già in passato, in relazione ad un’analoga problematica, si è sostenuto che “Nel procedimento monitorio il giudizio è da intendere proposto al 30 aprile 1995 – al fine di esser definito dal giudice competente secondo la legge anteriore, ai sensi dell’art. 1 D.L. 21 aprile 1995 n. 121 – se entro tale data il ricorso e i documenti sono stati depositati in cancelleria perché, secondo l’art. 5 cod. proc. civ., novellato dalla legge 26 novembre 1990 n. 353, non derogato dal predetto art. 1, il giudice competente è individuato dalla legge vigente al momento della proposizione della domanda” (Cass. n. 4904 del 1998).

Ad analoga conclusione deve addivenirsi per le opposizioni introdotte ai sensi degli artt. 616 e 618, comma 2, c.p.c.: in ragione dell’unitarietà del procedimento di opposizione, è da ritenere infatti che, qualora il ricorso innanzi al GE sia anteriore al 1° marzo 2023, la fase a cognizione piena debba seguire il vecchio rito, anche se instaurata dopo il 28 febbraio 2023 (cfr. linee guida del Tribunale di Cuneo).

RIFLESSI DELL’ERRONEA SCELTA DEL RITO SULL’EMISSIONE DEL DECRETO EX ART. 171 BIS C.P.C.

I° PROBLEMA: nel caso di erronea introduzione con il vecchio rito di una causa ordinaria soggetta al nuovo rito, va emesso il decreto ex art. 171-bis c.p.c.?

TESI A: l’intervento del giudice per la sanatoria delle invalidità conseguenti all’erronea scelta del rito deve avvenire anteriormente alla prima udienza in sede di verifiche preliminari ex art. 171-bis c.p.c. (cfr. linee guida del Tribunale di Verona e linee guida del Tribunale di Cuneo).

Argomentazioni:

-questa soluzione consente di “anticipare” i tempi processuali in linea con il principio di concentrazione sotteso alla riforma Cartabia;

-la prima udienza fissata secondo le modalità del vecchio rito è un adempimento superfluo avuto riguardo alla nuova disciplina sulla fase introduttiva dettata dal nuovo rito;

-l’art. 171-bis c.p.c. prevede espressamente che i controlli preliminari siano anticipati rispetto all’udienza di comparizione e trattazione.

TESI B: si può provvedere alla prima udienza (cfr. linee guida della Seconda Sezione Civile del Tribunale di Reggio Calabria).

Argomentazioni:

-le norme del vecchio rito, che trovano applicazione anteriormente all’adozione di un provvedimento di conversione, non prevedono l’emissione di un decreto fuori udienza che valuti es. la validità o meno della citazione, richiedendo l’instaurazione del contraddittorio tra le parti;

-esigenze di semplificazione inducono a ritenere preferibile provvedere alla prima udienza già fissata, anziché adottare un decreto “anticipatorio” (i cui termini dovrebbero essere calcolati con riferimento alla data dell’udienza indicata in citazione), decreto che in concreto verrebbe emesso a ridosso dell’udienza (anche perché il procedimento – se iscritto con il codice del vecchio rito – non è incluso nella cartella dell’applicativo Consolle del magistrato inerente ai controlli ex art. 171-bis).

II° PROBLEMA: che fare nel caso di causa ordinaria sottoposta al vecchio rito per la quale l’atto introduttivo sia stato redatto secondo le nuove forme?

In tale ipotesi è bene intervenire al momento dei controlli ex art. 171-bis c.p.c., allo scopo di chiarire che la causa è soggetta al rito pre-riforma Cartabia (cfr. Trib. Bergamo, 20 giugno 2023; Trib. Salerno, 16 aprile 2023; Trib. Verona, 13 aprile 2023) ed adottare i provvedimenti conseguenti (anche con riferimento all’aggiornamento del registro Sicid), specificando che non devono essere depositate le memorie ex art. 171-ter c.p.c. (cfr. linee guida del Tribunale di Verona, linee guida della Seconda Sezione Civile del Tribunale di Reggio Calabria e linee guida del Tribunale di Cuneo).

CONTROLLI EX ART. 171-BIS C.P.C.

A) Nei procedimenti soggetti al nuovo rito Cartabia il decreto ex art. 171-bis c.p.c. deve essere sempre emesso?

Tesi affermativa (cfr. linee guida del Tribunale di Verona, linee guida della Seconda Sezione Civile del Tribunale di Reggio Calabria e linee guida del Tribunale di Cuneo)

Argomentazioni:

L’art. 171-bis prevede, al comma 2, che “Quando pronuncia i provvedimenti di cui al primo comma, il giudice, se necessario, fissa la nuova udienza per la comparizione delle parti, rispetto alla quale decorrono i termini indicati dall’articolo 171-tere al comma 3 che il giudice, se non provvede ai sensi del secondo comma, conferma o differisce, fino ad un massimo di quarantacinque giorni, la data della prima udienza. La necessità di «confermare» la data della prima udienza implica che il giudice è sempre tenuto ad emettere un decreto, eventualmente dando atto dell’esito positivo dei controlli preliminari e confermando la data della prima udienza, che coinciderà con la prima udienza utile del magistrato assegnatario (da specificare nel decreto), se quest’ultimo non tiene udienza nella data indicata dalla parte attrice nell’atto di citazione.

Tale interpretazione appare conforme anche alla ratio della disposizione, che mira a perseguire l’obiettivo (contenuto nella legge delega) di “assicurare la semplicità, la concentrazione e l’effettività della tutela e la ragionevole durata del processo” (art. 1, comma 5, lett. a), l. n. 206/2021); come si legge, infatti, nella Relazione illustrativa al d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149, in un procedimento che si vuole ispirato al canone di massima concentrazione, sembra opportuno evitare che, dopo aver previsto lo scambio delle memorie delle parti in via anticipata e senza un previo “contatto” con il giudice, si possa giungere alla prima udienza e dover ripartire daccapo (ad es. per la necessità di integrare il contraddittorio) con la necessità di depositare nuove memorie, integrative di quelle già depositate.

Corollari:

1) finché non è emesso il decreto, l’udienza indicata dall’attore in citazione non è “confermata” e non decorrono per le parti i termini ex art. 171-ter c.p.c.;

2) se non si riesce a rispettare il termine di 15 giorni all’uopo previsto, nel decreto va differita la prima udienza, in modo tale da assicurare il rispetto del termine per il deposito della prima memoria ex art. 171-ter c.p.c.

Tesi negativa (v. protocollo di intesa tra il Tribunale di Palermo l’Ordine degli Avvocati di Palermo del 1° marzo 2023)

Argomentazioni:

L’art. 171-bis, comma 2, stabilisce che, solo “se necessario”, il giudice fissa la nuova udienza per la comparizione delle parti. Inoltre, a mente del comma 3, è rispetto alla data della prima udienza che in ogni caso decorrono i termini indicati dall’articolo 171-ter”.

Questi indici normativi, unitamente alla considerazione che il termine di 15 giorni previsto dal comma 1 ha natura ordinatoria e che non è prevista alcuna nullità per la sua violazione, inducono a ritenere che, una volta decorso il termine suddetto, l’udienza indicata dall’attore in citazione deve intendersi implicitamente confermata e da essa decorrono i termini ex art. 171-ter c.p.c.

Corollari:

1) se il decreto è adottato successivamente al termine di cui all’art. 171-bis, comma 1, c.p.c. e le parti abbiano già depositato una o più memorie ex art. 171-ter c.p.c., il giudice provvede contestualmente all’adozione dei provvedimenti più opportuni, ai sensi degli artt. 101, comma 2, primo periodo e 175 c.p.c.;

2) se il decreto non è proprio adottato, il giudice procede alle verifiche all’esito della prima udienza, adottando i provvedimenti più opportuni, ai sensi degli artt. 101, comma 2, primo periodo e 175 c.p.c.

Quale delle due tesi si segua, è incontroverso che, se nel decreto ex art. 171-bis c.p.c., per errore, non venga rilevata la nullità di una notifica, non venga ordinato di integrare il contraddittorio nei casi previsti dalla legge e così via, l’adempimento debba essere effettuato alla prima udienza, specificando nel relativo verbale che dalla data dell’udienza di rinvio decorreranno a ritroso i termini di cui all’art. 171-ter c.p.c.

B) Possono essere emessi decreti di carattere interlocutorio?

È pacifico che il decreto ex art. 171 bis possa essere preceduto da decreti interlocutori, avuto riguardo al disposto dell’art. 175, comma 1, c.p.c., ai sensi del quale “Il giudice istruttore esercita tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento del procedimento” e dell’art. 101, comma 2, primo periodo, c.p.c., a mente del quale “Il giudice assicura il rispetto del contraddittorio e, quando accerta che dalla sua violazione è derivata una lesione del diritto di difesa, adotta i provvedimenti opportuni” (cfr. linee guida del Tribunale di Verona, linee guida della Seconda Sezione Civile del Tribunale di Reggio Calabria, e linee guida del Tribunale di Cuneo).

In particolare, appare utile l’adozione di un decreto interlocutorio (con l’assegnazione di un brevissimo termine per provvedere) nel caso in cui l’attore abbia omesso di documentare l’avvenuta notifica della citazione ovvero la notifica sia incompleta o irregolare (si pensi ad esempio all’ipotesi in cui non sia stata prodotta la cartolina relativa alla notifica a mezzo del servizio postale o ex art. 140 c.p.c., o non siano stati allegati i file di una notifica a mezzo pec). Qualora nel termine assegnato l’attore non ottemperi, andrà emesso il decreto ex art. 171-bis contenente l’ordine di rinnovazione della notifica dell’atto introduttivo del giudizio.

C) Qual è il contenuto del decreto ex art. 171-bis c.p.c.?

C1) Le verifiche preliminari espressamente previste dall’art. 171 bis c.p.c. sono le seguenti:

1) la verifica d’ufficio della “regolarità del contraddittorio” (art. 171-bis, comma 1, I parte, c.p.c.), che comprende:

a) il controllo sulla integrità del contraddittorio in ipotesi di litisconsorzio necessario (art. 102 c.p.c.);

b) il controllo sulla opportunità che il processo si svolga in confronto di un terzo cui la causa è comune, e di cui va ordinato l’intervento (art. 107 c.p.c.);

c) il controllo sulle nullità della citazione (art. 164 c.p.c.);

d) il controllo sulle nullità della comparsa di risposta sotto il profilo della identificabilità della domanda riconvenzionale (art. 167 c.p.c.);

e) il controllo relativo alla costituzione delle parti ed alla dichiarazione di contumacia (su quest’ultimo punto vi è un difetto di coordinamento tra l’art. 171, comma 3, c.p.c. e l’art. 171-bis: l’art. 171, comma 3, prevede, difatti, che la parte che non si è costituita entro il termine di cui all’art. 166 c.p.c. venga dichiarata contumace del giudice istruttore “con ordinanza”, il che, presupponendo l’instaurazione del contradditorio, imporrebbe di adottare il relativo provvedimento all’udienza; l’art. 171-bis., che peraltro richiama l’art. 171, comma 3, c.p.c., impone invece di dichiarare la contumacia della parte convenuta già in sede di verifiche preliminari);

f) il controllo sul difetto di rappresentanza e autorizzazione e sulla nullità o mancanza della procura al difensore (v. art. 182 c.p.c. post riforma: “Quando rileva la mancanza della procura al difensore oppure un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione che ne determina la nullità, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa”);

g) il controllo conseguente all’istanza di chiamata in causa di un terzo da parte del convenuto ai fini della fissazione di una nuova udienza (art. 269 c.p.c.);

h) il controllo inerente alla validità della notificazione della citazione originaria (art. 291 c.p.c.);

i) il controllo relativo alla necessità di notificare alla parte contumace gli atti previsti dalla legge (art. 292 c.p.c.), che induce a ritenere che la contumacia vada dichiarata nel decreto ex art. 171 bis c.p.c., al di là del difetto di coordinamento sopra segnalato.

Cosa accade a seguito di rilievo di uno o più dei vizi evidenziati nel comma 1 dell’art. 171-bis c.p.c.?

Va fissata una nuova prima udienza nel rispetto dei termini ex art. 163-bis c.p.c., nonché dei termini previsti dall’art. 171-ter c.p.c. per il deposito delle memorie integrative (quaranta giorni per la prima memoria, venti giorni per la seconda memoria e dieci giorni per la terza memoria).

C2) Le ulteriori verifiche ex art. 171 bis c.p.c.

-) Controllo inerente ad eventuali questioni rilevabili d’ufficio di cui si ritiene opportuna la trattazione

È pacifico che le questioni vadano semplicemente indicate alle parti, che dedurranno sul punto nelle memorie integrative.

-) Controllo relativo alle condizioni di procedibilità della domanda

Si discute sulla possibilità di rimettere le parti in mediazione o in negoziazione assistita già in sede di verifiche preliminari.

Opzione A)

Va preferita l’interpretazione letterale, anche tenuto conto che il decreto ex art. 171-bis viene emesso in assenza di contraddittorio e che l’art. 1, comma 1, della l. 206/2021 ha espressamente coniugato gli obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile (da realizzarsi con il decreto delegato) con il principio del “rispetto della garanzia del contraddittorio”. Peraltro, l’attivazione del procedimento di mediazione/negoziazione assistita all’esito della cristallizzazione del thema decidendum e del thema probandum potrebbe favorire la definizione stragiudiziale della controversia.

Di conseguenza, qualora si ravvisi l’assenza della necessaria condizione di procedibilità, la questione va semplicemente indicata alle parti, che la tratteranno nelle memorie integrative.

Opzione B)

Va privilegiata un’interpretazione costituzionalmente orientata ex artt. 24 e 111 Cost. dell’art. 171-bis, anche avuto riguardo ai poteri direttivi del giudice intesi “al più sollecito e leale svolgimento del procedimento” (art. 175 c.p.c.), di talché, una volta riscontrata l’assenza della condizione di procedibilità della domanda, il giudice può nel decreto ex art. 171 bis c.p.c. rimettere le parti in mediazione o in negoziazione assistita. Nella stessa direzione depone la constatazione che il rilievo d’ufficio della mancanza della condizione di procedibilità è consentito “non oltre la prima udienza” (e perciò, implicitamente, anche ante udienza: v. ad es. art. 5, comma 2, d.lgs. n. 28/2010), nonché la considerazione secondo cui le questioni riguardanti l’ammissibilità e la procedibilità della domanda, in quanto aventi rilievo meramente processuale, non richiedono l’instaurazione del previo contraddittorio delle parti (cfr. Cass. n. 7053 del 2017).

Opzione C)

Si può conciliare il dato letterale dell’art. 171-bis valorizzato dall’opzione A) con le esigenze sottese all’opzione B), invitando nel decreto le parti non solo a prendere posizione in merito alla questione inerente all’assenza della condizione di procedibilità della domanda nelle memorie ex art. 171-ter c.p.c., ma anche a valutare l’opportunità di dare subito corso alla mediazione o alla negoziazione assistita. Tale soluzione, peraltro, non è consigliabile in quei giudizi in cui venga ordinata l’integrazione del contraddittorio e si verifichi che il litisconsorte pretermesso non è stato messo nelle condizioni di partecipare al procedimento di mediazione o di negoziazione assistita. In tal caso, fermo restando che la condizione di procedibilità deve ricorrere per tutti i litisconsorti, è opportuno, avuto riguardo alla prevalenza del principio del contraddittorio sul principio della ragionevole durata del processo, disporre nel decreto ex art. 171-bis c.p.c. l’integrazione del contraddittorio per l’udienza, invitando contestualmente le parti soltanto ad interloquire sulla condizione di procedibilità nelle memorie ex art. 171-ter c.p.c., ed assegnare quindi all’udienza il termine per l’attivazione del procedimento (di mediazione o di negoziazione assistita) nei confronti di tutti i litisconsorti.

C3) Controllo sulla sussistenza dei presupposti per procedere con rito semplificato

La questione concerne la possibilità di disporre ilmutamento del rito, da ordinario a semplificato di cognizione, nel decreto ex art. 171-bis c.p.c.

Opzione A

Dal combinato disposto degli artt. 171-bis e 183-bis c.p.c. si desume che il mutamento del rito, da ordinario a semplificato di cognizione, deve passare attraverso il vaglio dell’udienza di prima comparizione delle parti. La prima disposizione stabilisce, infatti, che in sede di verifiche preliminari il giudice deve semplicemente indicare alle parti la “sussistenza dei presupposti per procedere con rito semplificato” e la seconda disposizione colloca la conversione del rito nell’ambito dell’udienza di trattazione, in esito alla valutazione della “complessità della lite e dell’istruzione probatoria e sentite le parti” (v. linee guida della Seconda Sezione Civile del Tribunale di Reggio Calabria e linee guida del Tribunale di Cuneo).

Accanto al dato letterale si sottolinea che può essere seguito il procedimento semplificato di cognizione se: i) i fatti di causa non sono controversi (vale a dire, non vi è alcuna istruttoria da compiere); ii) la domanda è fondata su prova documentale; iii) vi è necessità di attività istruttoria, ma le prove da assumere sono di pronta soluzione o richiedono un’attività non complessa (non sono necessarie, cioè, attività che implicano un notevole dispendio di tempo e di risorse, in ragione del numero e del tipo di prove da assumere). Si deve trattare, dunque, di una lite non complessa e la relativa valutazione, in ipotesi di giudizio introdotto nelle forme del rito ordinario, presuppone che si sia cristallizzato il thema decidendum ed il thema probandum.

Non può oltretutto sottacersi che, se le parti redigono gli atti introduttivi secondo il rito ordinario, pur in presenza dei requisiti previsti dall’art. 281-decies, 1° comma, le stesse possono legittimamente fare affidamento sulle memorie ex art. 171-ter ad es. per produrre documenti ed indicare mezzi di prova. Di conseguenza, privare le parti della possibilità di redigere tali memorie, disponendo nel decreto “anticipatorio” il mutamento del rito, può ledere il diritto di difesa, a meno che non si ovvi ai sensi dell’art. 281-duodecies, 4° comma, a mente del quale “Se richiesto e sussiste giustificato motivo, il giudice può concedere alle parti un termine perentorio non superiore a venti giorni per precisare e modificare le domande, le eccezioni e le conclusioni, per indicare i mezzi di prova e produrre documenti, e un ulteriore termine non superiore a dieci giorni per replicare e dedurre prova contraria”. Peraltro, in tale ipotesi, i tempi del processo potrebbero essere in concreto più lunghi rispetto a quanto accadrebbe osservando alla lettera l’art. 171-bis e consentendo alle parti di depositare le memorie di cui all’art. 171-ter.

Opzione B)

L’anticipazione del mutamento del rito al momento dell’emissione del decreto ex art. 171-bis c.p.c. è frutto di una lettura sistematica e costituzionalmente orientata della norma che coniuga gli obiettivi di semplificazione e speditezza enucleati nella legge delega con il principio di buono ed ordinato governo del processo sancito dall’art. 175 c.p.c. (v. Trib. Piacenza, 1° maggio 2023).

Appare difatti distonico con i suddetti obiettivi, nonché con lo scopo di “favorire il passaggio dal rito ordinario a quello semplificato” menzionato nella Relazione illustrativa al d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149, provvedere al mutamento del rito in una controversia priva di complessità dopo che i difensori delle parti hanno depositato ben tre memorie integrative ciascuno e dopo che le parti sono comparse personalmente in udienza per sottoporsi ad interrogatorio libero e tentativo di conciliazione. Oltretutto, disporre il passaggio dal rito ordinario a quello semplificato all’udienza potrebbe essere del tutto superfluo (si pensi in specie alle cause documentali), anche tenuto conto che la modalità tipica di definizione del procedimento semplificato (ossia la decisione ex art. 281 sexies c.p.c.) può essere adottata pure in esito al procedimento ordinario.

Opzione C)

Con il decreto di cui all’art. 171-bis c.p.c., il giudice, svolte le verifiche preliminari, può riservare alla prima udienza ogni determinazione relativa alla conversione del rito ordinario in rito semplificato ed alla concessione di memorie istruttorie (Trib. Bologna, 23 giugno 2023).

Secondo quest’impostazione, il giudice può, cioè, fissare con il decreto ex art. 171-bis c.p.c. un’udienza-filtro nella quale valutare l’eventuale conversione del rito in favore di quello semplificato, disponendo che: 1) ogni determinazione sull’assegnazione dei termini ex art. 171-ter c.p.c. sia adottata in esito all’udienza; 2) nessun termine per memorie decorra prima.

Tale soluzione, che mira a conciliare l’esigenza di assicurare il contraddittorio delle parti sul punto con la necessità di evitare memorie che potrebbero essere inutili, appare tuttavia difficilmente conciliabile con il testo degli artt. 171-bis, 171-ter e 183-bis (in base ai quali il deposito delle memorie di cui all’art. 171-ter costituisce una facoltà imprescindibile delle parti), nonché con la ratio della riforma, non assicurando che il procedimento sia più sollecito (si pensi all’ipotesi, già prospettata sub A), in cui le parti abbiano necessità di produrre documenti o indicare mezzi di prova, o ancora al caso in cui all’udienza interlocutoria il giudice ritenga di non mutare più il rito e fissi una nuova udienza ex art. 183 assegnando i termini di cui all’art. 171-ter, con inevitabile allungamento dei tempi processuali).

4) Il decreto ex art. 171 bis può avere un contenuto più ampio di quello legislativamente previsto?

Si possono profilare tre interpretazioni:

Tesi affermativa

Una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 171-bis c.p.c. (artt. 24 e 111 Cost.) suggerisce di considerare non tassativo l’elenco delle verifiche (preliminari) demandate al giudice, giacché una diversa interpretazione complicherebbe la trattazione, inciderebbe negativamente sul celere svolgimento del processo e colliderebbe con i poteri direttivi del giudice intesi “al più sollecito e leale svolgimento del procedimento” di cui all’art. 175 c.p.c. Secondo questa impostazione, quindi, il giudice non è vincolato ad effettuare unicamente i riscontri codificati nel primo comma dell’art. 171-bis c.p.c., poiché l’elencazione ivi contenuta non può considerarsi vincolante o esaustiva, né può risolversi in una limitazione dei poteri e controlli che il giudice è autorizzato e tenuto a compiere nella direzione del processo (v. Trib. Roma, 22 giugno 2023, che ha ammesso già in sede di verifiche preliminari il mutamento del rito ordinario in locatizio).

Tesi negativa

Dato il sacrificio del principio del contraddittorio che l’art. 171-bis implica ed avuto riguardo alla finalità della disposizione, volta, secondo la Relazione illustrative al D.Lgs. n. 149/2022, a “perseguire una maggiore concentrazione e pervenire alla prima udienza con la già avvenuta completa definizione del thema decidendum e del thema probandum, consentendo al giudice, attraverso le necessarie verifiche preliminari anticipate, un più esteso case management”, non è possibile adottare nel decreto provvedimenti ulterioririspetto a quelli che ne costituiscono il contenuto tipico (v. linee guida della Seconda Sezione Civile del Tribunale di Reggio Calabria e linee guida del Tribunale di Cuneo). Non si può, quindi, ad es. sospendere la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto o provvedere sull’istanza ex art. 648 c.p.c., dovendosi a tal fine attendere la prima udienza, salvo fissare, se venga prospettata una concreta ed effettiva ragione d’urgenza, un’apposita udienza “intermedia” [cfr. Trib. Bologna, 21 settembre, che in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo soggetto alla nuova disciplina, in cui l’opposta aveva chiesto la concessione della provvisoria esecuzione “in pendenza della prima udienza di comparizione”, ha fissato un’apposita udienza volta all’esame e alla decisione sull’istanza ex art. 648 c.p.c., osservando che: “l’art. 648 c.p.c. non è stato modificato dalla riforma del 2022 ed il riferimento alla “prima udienza” – introdotto con la novella del 2013 proprio a confermare la possibilità, e di regola la doverosità, dell’adozione di un provvedimento sull’istanza di concessione della provvisoria esecuzione sin dal primo contatto tra parti e giudice ed anche anteriormente al formarsi delle barriere preclusive di merito e istruttorie (in tale senso, peraltro, era orientata la prevalente giurisprudenza successiva all’entrata in vigore della c.d. miniriforma del 1990 introdotta con la L. n. 535 del 1990) – non impone oggi un esclusivo richiamo all’udienza ex art. 183 c.p.c. così come disciplinata dalla riforma Cartabia; – la nuova disciplina processuale, in assenza di contrarie indicazioni, non è di ostacolo ad una decisione sull’istanza ex art. 648 c.p.c. resa all’esito di una udienza anteriore a quella regolata dal novellato art. 183 c.p.c. (alla quale si riferiscono, tra gli altri, gli artt. 171-bis e 172-bis c.p.c.): dunque, è tuttora possibile, così come lo era nei procedimenti instaurati prima del 1 marzo 2023, assumere allo stato degli atti, ossia quando non sono ancora compiutamente maturate le preclusioni assertive e istruttorie, una decisione che conceda o neghi la provvisoria esecuzione del decreto opposto; – peraltro, ove l’opponente chieda la sospensione ex art. 649 c.p.c. non si è mai dubitato della possibilità di fissare una apposita udienza anteriore a quella di prima comparizione e trattazione”].

Tesi intermedia

Si possono conciliare le esigenze sottese alle due tesi precedenti, affermando che nel decreto di cui all’art. 171-bis c.p.c. possono essere adottati provvedimenti ulteriori rispetto a quelli espressamente previsti, purché riguardino profili di carattere meramente processuale e non implichino alcuna violazione del diritto di difesa. E così, ad es., in un’ottica di economia del giudizio, non può ritenersi preclusa la trasmissione del fascicolo al Presidente del Tribunale per l’assegnazione della causa in conformità ai criteri tabellari di riparto delle materie all’interno dell’ufficio ovvero l’adozione dei provvedimenti ex art. 273 e 274 c.p.c., a fortiori tenuto conto che il Presidente del Tribunale (o il Presidente di Sezione delegato) deve provvedere “sentite le parti”.

5) Nel decreto ex art. 171 bis c.p.c. si può stabilire che la prima udienza venga trattata con modalità cartolari?

Tesi affermativa

Argomentazioni:

-di regola la prima udienza del nuovo rito non è compatibile con la trattazione scritta, essendo prevista la comparizione personale delle parti (art. 183, comma 1, c.p.c.);

-non può tuttavia escludersi l’adozione delle modalità di cui all’art. 127- ter c.p.c. qualora risulti in concreto superfluo procedere all’interrogatorio libero ed al tentativo di conciliazione, in ragione della natura tecnica del contenzioso (v. protocollo del Tribunale di Reggio Calabria e del COA di Reggio Calabria del 25.10.2023 e linee guida della Seconda Sezione Civile del Tribunale di Reggio Calabria);

-nella stessa direzione depongono i poteri direttivi del G.I., intesi al più “sollecito e leale svolgimento del processo” ex art. 175 c.p.c. (v. Trib. Modena, 27 luglio 2023, che ammette la sostituzione dell’udienza con il deposito di note di trattazione scritta anche in caso di convenuto non costituito);

-l’udienza deve essere “sostituita dal deposito di note scritte se ne fanno richiesta tutte le parti costituite”, ex art. 127-ter, comma 1, c.p.c..

Tesi negativa

Argomentazioni:

-il dato letterale è inequivoco, poiché l’art. 183 comma 1 c.p.c. stabilisce che all’udienza fissata per la prima comparizione e la trattazione le parti devono comparire personalmente, per cui vi è un ostacolo normativo all’adozione delle modalità di cui all’art. 127-ter c.p.c. (cfr. linee guida del Tribunale di Verona).

6) L’art. 171-bis c.p.c. è costituzionalmente legittimo?

Il Tribunale di Verona, con ordinanza del 22 settembre 2023, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art. 171-bis c.p.c. per contrasto con gli articoli 76, 77, 3, e 24 della Costituzione.

Si sottolinea nel provvedimento che “la legge delega (l. 26 novembre 2021, n.206), pur contenendo, all’art.1, comma 5, lett. i), alcuni principi molto dettagliati relativi alla fase di trattazione, non prevede però un intervento anticipato del giudice prima dell’udienza di comparizione delle parti. Al contempo i principii di cui all’articolo 1, comma 5, lett. da c) a g), che disciplinano il contenuto degli atti di parte e i termini del loro deposito non indicano tra i contenuti delle memorie delle parti, successive agli atti introduttivi, anche la trattazione delle questioni rilevate d’ufficio dal giudice. Nella legge 206/2021 i due regimi (quello della fase di trattazione e quello delle attività delle parti) risultano quindi tra loro coerenti tanto più che l’art.1, comma 5, lett. i), stabilisce che le disposizioni sulla trattazione devono essere adeguate proprio alle condizioni di cui alle lettere f) e g), che disciplinano dettagliatamente, come detto, il contenuto delle memorie delle parti e i termini per il loro deposito. Sulla scorta di tali dati normativi, invero inequivoci, può affermarsi che la legge delega non aveva contemplato minimamente una fase, antecedente all’udienza di prima comparizione delle parti, deputata alle verifiche preliminari, alla quale invece il d. lgs. attribuisce il rilievo di cui si è detto, dedicandovi unadisciplina alquanto articolata e differenziata a seconda della diversa tipologia di questioni rilevabili d’ufficio … Tale ricostruzione trova conferma anche in alcuni passaggi dei lavori preparatori relativi alla legge delega. Infatti nel dossier del servizio studi di Camera e Senato del 18.10.2021 si legge che: “Il comma 5 dell’art. 1 (sott. della legge 206/2021) contiene i princìpi per la revisione della disciplina del processo di cognizione di primo grado dinanzi al tribunale in composizione monocratica. In sintesi, il Governo, nell’attuazione della delega, dovrà: – assicurare la semplicità, la concentrazione e l’effettività della tutela e la ragionevole durata del processo (il riferimento è ai criteri menzionati nella lett. a); – modificare alcune disposizioni inerenti al contenuto dell’atto di citazione e della comparsa di risposta e valorizzare le fasi anteriori alla prima udienza al fine di definire il quadro delle rispettive pretese e dei mezzi di prova richiesti; (il riferimento è ai criteri menzionati nelle lett. da b) ad h); – valorizzare la prima udienza di comparizione, incentivando la partecipazione personale delle parti e disponendo che il giudice debba fissare la successiva udienza per l’assunzione delle prove entro 90 giorni” (il riferimento è ai criteri menzionati nella lett. i). Ancora, a proposito dei criteri di cui alla lett. i) il succitato dossier (pag. 35) osserva: “Si ricorda che la Commissione Luiso ha individuato nella valorizzazione della prima udienza di comparizione delle parti e di trattazione della causa, tramite la riforma degli atti introduttivi, uno dei temi di maggior interesse della delega in esame. Secondo quanto rappresentato dalla relazione della Commissione, infatti, al momento di tale udienza spesso non sono definiti i termini della controversia. Conseguentemente, detta udienza si risolve, nella maggior parte dei casi, in una mera concessione dei termini perentori per il deposito di memorie, domande, eccezioni ed indicazioni di prove contrarie (di cui all’articolo 183, sesto comma, c.p.c.) accompagnata dal rinvio della causa ad una udienza di ammissione dei mezzi di prova. Tale udienza, prosegue la relazione, è spesso fissata a distanza anche di diversi mesi. Tale situazione disincentiva le parti ad una effettiva ed informata partecipazione all’udienza ed il giudice ad un attento studio preliminare dei fascicoli. Peraltro, in mancanza di elementi definitori della causa, risulta più difficile la formulazione di proposte conciliative da parte del giudice (che possono essere formulate alla prima udienza ai sensi dell’art. 185-bis c.p.c.). A tale riguardo, v. infra lett. m). La modifica proposta mira quindi alla responsabilizzazione delle parti e a una riduzione dei tempi della causa in quanto si potrà evitare la fase della concessione degli ulteriori termini alla prima udienza, previsti dall’art. 183, sesto comma.” Da tale spiegazione si evince piuttosto chiaramente che la legge delega aveva sì inteso valorizzare la fase anteriore all’udienza di prima comparizione, anticipando ad essa la definizione di thema decidendum e di thema probandum, e con essa la sequenza delle memorie integrative ed istruttorie, che prima della riforma era invece successiva alla udienza di comparizione delle parti, ma aveva pur sempre concentrato in quella udienza tutte le attività del giudice istruttore, ricomprendendo peraltro in esse, oltre alle verifiche preliminari, che già il previgente art. 183 c.p.c., al primo comma, collocava in quel momento, il tentativo di conciliazione e la decisione sulle istanze istruttorie, innovando il regime previgente solo con riguardo a quest’ultimo profilo (anche dopo la riforma il tentativo di conciliazione potrebbe essere esperito in una coda della udienza di prima comparizione). Il disposto dell’art. 171-bis c.p.c., che ha anticipato le verifiche preliminari ad un momento antecedente all’udienza di prima comparizione e al di fuori di essa, risulta quindi gravemente distonico rispetto ad un simile assetto”.

Si aggiunge, altresì, che l’affermazione contenuta nella relazione al decreto legislativo, ossia che l’art. 171-bis c.p.c. assicura la concentrazione dell’attività processuale e quindi attuerebbe uno dei criteri menzionati dall’art. 5, comma 1, lett. a) della legge delega, non è soddisfacente. E ciò in quanto la norma “realizza una concentrazione dell’attività processuale solo nella prima parte del primo comma, laddove impone al giudice l’adozione, inaudita altera parte, di un decreto, integrativo del contraddittorio o di sanatoria di vizi degli atti introduttivi, a seguito di un rilievo che ha pur sempre carattere ufficioso come riconosce anche l’art. 182 c.p.c.. Deve infatti escludersi che, a fronte di tale rilievo, il giudice possa far interloquire le parti su di esso perché tale possibilità è contemplata, dal secondo periodo del primo comma dell’art. 171- bis c.p.c., solo per le questioni, rilevabili d’ufficio, non menzionate nella prima parte del primo comma (si pensi a quelle del difetto della condizione di procedibilità o del difetto di giurisdizione o anche ad alcune questioni di merito). Deve parimenti escludersi che possa applicarsi il disposto dell’art. 101, comma 2, secondo periodo, aggiunto dal d. lgs. 149/2022 poiché esso prevede l’assegnazione alle parti di un termine minimo di venti giorni, incompatibile con quello quindicinale fissato dall’art. 171-bis, primo comma, primo periodo per la decisione del giudice. Ed allora la previsione si pone in radicale contrasto con gli altri criteri generali, menzionati sempre dall’art. 5, comma 1, della semplicità e della effettività della tutela, che devono concorrere con quello della concentrazione. Essa collide poi, in modo ancor più evidente, con il principio del “rispetto della garanzia del contraddittorio” al quale l’art. 1, comma 1, della l. 206/2021, ha espressamente subordinato gli obiettivi di semplificazione, speditezza e razionalizzazione del processo civile da realizzarsi con il decreto delegato. Infatti consente al giudice di provvedere senza aver permesso alle parti di prendere posizione sulla questione processuale rilevata, sebbene tale preventiva interlocuzione, potrebbe fornire al giudicante maggiori elementi di valutazione, inducendolo anche ad escludere, melius re perpensa, la sussistenza della questione ravvisata in prima battuta (nel caso di specie ad esempio l’attrice potrebbe smentire le circostanze dedotte dalla convenuta circa il ruolo avuto dal terzo da lei indicato nella vicenda per cui è causa). Contrariamente a quanto ritenuto dal legislatore delegato quindi l’instaurazione del contraddittorio su tutte le questioni preliminari, nessuna esclusa, anziché ritardare lo svolgimento del giudizio eviterebbe una sua dilazione. È evidente peraltro, dopo quanto detto, che la seconda parte della norma non realizza nessuna concentrazione dell’attività processuale perché differisce la decisione del giudice, che abbia indicato alle parti le (sott. altre) questioni rilevabili d’ufficio, all’udienza di prima comparizione, assicurando però così il rispetto del principio del contraddittorio (la possibilità o necessità del rinvio della udienza di prima comparizione è infatti riferibile solo ai provvedimenti adottati ai sensi della prima parte del primo comma)”.

Quanto poi al contrasto dell’art. 171-bis c.p.c. con gli artt. 24 e 3 Cost., si osserva che la disposizione “consente la decisione del giudice, inaudita altera parte, per solo alcune questioni rilevabili d’ufficio, quelle che condizionano la stessa nascita del processo o la sua estensione soggettiva (così il difetto di legittimazione, di capacità di essere parte, o di interesse ad agire), mentre per tutte le altre, non espressamente menzionate, differisce la decisione alla udienza di prima comparizione con una scelta che risulta in contrasto con l’art.3 Cost. sotto il profilo della irragionevolezza, sebbene tutte le questioni considerate siano accomunate dall’essere rilevabili d’ufficio, e che del resto non è stata nemmeno spiegata dalla relazione al d. lgs. 149/2022”. Ed ancora: “L’art. 171-bis c.p.c. al contempo lede il principio del contraddittorio, sancito ora in termini generali dall’art. 101, comma 2, secondo periodo, come integrato dal d. lgs. 149/2022, e da riferirsi anche alle decisioni interlocutorie che incidono sull’iter del giudizio…”.

In senso contrario, si può tuttavia ritenere, in merito alla profilata violazione della legge delega, che l’art. 171-bis c.p.c. si “saldi” armonicamente con i principi di “semplicità”, “concentrazione” e “ragionevole durata del processo” di cui all’art. 1, comma 5, lett. a) della legge delega e con il disposto della successiva lett. i), che impone di “adeguare le disposizioni sulla trattazione della causa ai principi di cui alle lettere da c) a g)”. 

La previsione di verifiche preliminari anticipate risponde, in specie, all’obiettivo di concentrare gli adempimenti al fine di garantire speditezza e ragionevole durata del processo, evitando di dover attendere la prima udienza, che segue il deposito di ben tre memorie integrative per parte, ad es. per ordinare l’integrazione del contraddittorio e far tornare di fatto indietro la causa, implicando la necessità di depositare nuove memorie.

Ed invero, una volta fatta la scelta (con la legge delega) di anticipare ad un momento anteriore alla prima udienza la definitiva formazione del thema decidendum e del thema probandum (v. ad es. art. 1, comma 5, lett. g), risulta del tutto congruo anticipare anche le verifiche preliminari dato il rischio che l’intera attività svolta anticipatamente venga travolta dal rilievo in udienza di un vizio del contraddittorio tale da comportare la rinnovazione degli atti già compiuti, che renderebbe irrazionale l’intero meccanismo.

La soluzione legislativa, sotto tale profilo, consente pertanto di ridurre i tempi del processo e di renderlo più efficiente, nel pieno rispetto della legge delega.

In merito, infine, alla prospettata violazione degli artt. 24 e 3 Cost., è possibile ovviarvi in via interpretativa, attraverso una lettura costituzionalmente orientata della disposizione, che la renda “ragionevole” e rispettosa del principio del contraddittorio e del diritto di difesa.

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