SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Omesso avviso alla persona indagata, imputata, condannata della facoltà di accedere a programma di giustizia riparativa: conseguenze. – 3. Mancata istituzione dell’Albo dei mediatori e dei Centri per la giustizia riparativa e possibilità di avvalersi di Centri di mediazione penale pubblici o privati convenzionati con enti pubblici. – 4. Impugnabilità del provvedimento di rigetto della richiesta di accesso a programma di giustizia riparativa. – 5. Possibilità di accedere a programma di giustizia riparativa durante l’esecuzione di pena da parte di persona detenuta sottoposta al regime previsto dall’art. 41-bis della legge n. 354/1975. – 6. Ammissibilità dell’istanza di accesso a programma di giustizia riparativa presentata da persona indagata, imputata, condannata, detenuta per reati senza vittima ‘specifica’.
1- Premessa
L’introduzione dell’istituto della giustizia riparativa sta dando luogo a prassi e decisioni giurisprudenziali molto diverse e talvolta diametralmente opposte.
Fra le diverse questioni controverse, sembra che allo stato quelle più rilevanti siano le seguenti cinque:
- quella riguardante le conseguenze derivanti dall’omesso avviso alla persona indagata, imputata, condannata della facoltà di accedere a programma di giustizia riparativa;
- quella relativa alla mancata istituzione dell’Albo dei mediatori e dei Centri per la giustizia riparativa e, nelle more, alla possibilità di avvalersi di Centri di mediazione penale pubblici o privati convenzionati con enti pubblici;
- quella concernente l’impugnabilità del provvedimento di rigetto della richiesta di accesso a programma di giustizia riparativa;
- quella riguardante la possibilità di accedere a programma riparativo durante l’esecuzione di pena da parte di persona detenuta sottoposta al regime previsto dall’art. 41-bis della legge n. 354/1975;
- quella relativa all’ammissibilità della richiesta di accesso a programma di giustizia riparativa presentata da persona indagata, imputata, condannata, detenuta per reati privi di vittima ‘specifica’ come -ad esempio- quelli associativi, di stupefacenti p. e p. dall’art. 73 d.P.R. 309/90, di porto abusivo di arma p. e p. dall’art. 699 c.p., di possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli p. e p. dall’art. 707 c.p..
2- Omesso avviso alla persona indagata, imputata, condannata della facoltà di accedere a programma di giustizia riparativa: conseguenze.
Nell’art. 90-bis, comma 1 lett. p-bis)e p-ter)c.p.p. si prevede che, sin dal primo contatto con l’autorità giudiziaria procedente, alla persona offesa sono fornite informazioni sulla facoltà di accedere a programma di giustizia riparativa e sul fatto che la partecipazione a detto programma, qualora abbia esito riparativo positivo e si concretizzi nel rispetto degli impegni assunti, comporta la remissione di querela.
Inoltre, nell’art. 293, comma 1 lett. i-bis)c.p.p. si stabilisce che l’ordinanza di custodia cautelare è notificata alla persona imputata con l’avviso che ha facoltà di accedere a programma di giustizia riparativa.
Anche nell’art. 386, comma 1 lett. i-bis)c.p.p. si prevede che gli ufficiali e agenti di p.g. hanno l’obbligo di informare l’interessato, al momento dell’arresto o del fermo, che ha facoltà di chiedere l’invio ad un programma di giustizia riparativa.
Si rammenta altresì che, ai sensi dell’art. 408, comma 3 e dell’art. 409, comma 2 c.p.p., con l’avviso contenente la richiesta di archiviazione si devono informare la persona indagata e la parte offesa che hanno facoltà di accedere a programma di giustizia riparativa; se la richiesta di archiviazione non venga accolta, il giudice fissa l’udienza e informa detti soggetti della facoltà di presentare istanza di invio a programma riparativo.
Analogo obbligo di avvisare le parti della facoltà di accesso a programma riparativo è previsto -in altre fasi e per altri atti processuali o procedimentali e durante l’esecuzione della pena- dagli artt. 415-bis comma 3, 419 comma 3-bis, 429 comma 1 lett. d-bis), 447 comma 1, 460 lett. h-bis), 552 comma 1 lett. h-bis), 601 comma 3, 656 commi 3 e 5c.p.p., nonché dall’art. 13, comma 4 e dall’art. 15-bis legge n. 354/1975; si precisa, tuttavia, che con l’art. 7 del d.l. 4 luglio 2024 n. 92, convertito con la legge dell’8 agosto 2024 n. 92, è stato innovato l’art. 41-bis, comma 2-quater della legge n. 354 cit., inserendovi la lett. f-bis) di nuovo conio, in cui si stabilisce che la sospensione delle regole del trattamento e degli istituti, menzionati nel precedente comma 2, riguarda anche l’esclusione dell’accesso a programma riparativo.
Infine, nell’art. 45-ter disp. att. c.p.p. si stabilisce che l’invio al Centro per la giustizia riparativa è disposto nella fase delle indagini preliminari dal pubblico ministero che le sta svolgendo, mentre successivamente è disposto dal giudice che procede, il quale può essere il G.i.p., il giudice di primo grado, il giudice d’appello; durante l’esecuzione della pena, la competenza spetta alla magistratura di sorveglianza.
Ora, si pone il problema di stabilire quali conseguenze derivano dall’omesso avviso della facoltà di accedere a programma riparativo -nei casi previsti delle plurime disposizioni normative testé richiamate- per la persona indagata, imputata, condannata.
Su questa questione si sono formati due diversi orientamenti giurisprudenziali.
Secondo un primo orientamento [1], l’omesso avviso in parola -incidendo sull’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e/o delle altri parte private oppure riguardando la citazione della persona offesa e del querelante- integra una nullità di ordine generale a regime intermedio ai sensi dell’art. 178 lett. c) c.p.p., la quale va eccepita nei termini previsti dall’art. 182, comma 2 c.p.p. e segnatamente:
– se la parte vi assiste, prima del compimento dell’atto nullo o -se ciò non sia possibile- subito dopo;
– negli altri casi, entro i termini stabiliti dagli artt. 180 e 181, commi 2, 3 e 4 c.p.p..
Si evidenzia che, secondo detto orientamento giurisprudenziale, l’omesso avviso configura una nullità di ordine generale, perché involge la completezza dell’assistenza difensiva intesa quale informazione esaustiva relativa alle facoltà difensive previste dalla legge a tutela dell’interessato; inoltre, detta omissione non determina la nullità assoluta dell’atto, atteso che il mancato avviso non rientra nel novero delle ipotesi disciplinate dall’art. 179 c.p.p..
Per l’opposta tesi interpretativa, il mancato avviso in oggetto non determina alcuna nullità di ordine generale o speciale per le seguenti due ragioni:
- l’omissione non compromette affatto i diritti e le facoltà previsti dagli artt. 178 e ss. c.p.p., perché l’avviso in parola ha natura e finalità esclusivamente informative e non incide in alcun modo sul diritto di scegliere e seguire uno specifico rito processuale o procedimentale;
- la persona imputata, che non abbia ricevuto l’avviso, beneficia comunque dell’assistenza difensiva ovvero del ‘necessario presidio tecnico finalizzato alla migliore valutazione delle molteplici alternative processuali previste dal codice, ivi compresa quella di richiedere l’accesso al programma di giustizia riparativa’ [2].
Ora, una parte della dottrina condivide il primo di detti orientamenti, perché ritiene che l’istituto della giustizia riparativa abbia natura non procedurale, bensì sostanziale in virtù delle seguenti motivazioni [3]:
- l’istituto della giustizia riparativa ha innovato dalle fondamenta il sistema della giustizia penale, offrendo percorsi e finalità più avanzati rispetto ai principi fissati nell’art. 27, comma 3 Cost., perché non tende a stigmatizzare l’autore del crime quanto piuttosto la sua condotta illecita e conseguentemente -a differenza del diritto penale classico e punitivo- scommette sulla persona e sulle sue capacità positive di recupero a tal punto, da diventare una giustizia formativa ed educativa [4];
- la giustizia riparativa non ha carattere privatistico, perché la gestione del conflitto non è “una questione privata a due” riguardante soltanto l’autore e la vittima dell’illecito, bensì vede anche l’intervento e/o il coinvolgimento dei loro familiari, del mediatore, di persone che fanno parte della comunità di riferimento e di chiunque abbia interesse; costoro sono soggetti che contribuiscono tutti a delinearla nella sua funzione e dimensione sociale [5]. In altre parole, la giustizia riparativa s’inserisce sì nel solco delle modalità di risposta al crime che si affiancano al criterio della corrispettività tra reato e pena, ma rimane e si svolge sempre nell’alveo tracciato dall’art. 27, comma 3 Cost., di cui costituisce una espressione e realizzazione più avanzate, tanto che è possibile individuare un rapporto di continuità tra il concetto di rieducazione e quello di riparazione [6];
- la positiva partecipazione a programma riparativo può comportare -per i reati procedibili a querela- la remissione tacita di questa e l’estinzione del reato, nonché la concessione della circostanza attenuante prevista dal nuovo art. 62 n. 6 c.p.;
- l’accesso alla giustizia riparativa è possibile per qualsiasi tipologia di reato ed in ogni stato e grado del procedimento/processo (tranne l’ipotesi prevista dall’art. 41-bis, comma 2-quater lett. f-bis della legge n. 354 cit.), sicché essa può ritenersi uno strumento di composizione -sociale e non privata- della frattura relazionale prodotta dalla condotta criminosa; in buona sostanza, si tratta non di un particolare rito di cognizione o esecuzione oppure di una mera fase processuale, bensì di una forma di giustizia autonoma e parallela rispetto a quella tradizionale che, come quella, è finalizzata all’attuazione dei principi previsti dall’art. 27, comma 3 Cost.;
- il giudice ai sensi dell’art. 163, comma 4 c.p.p. può ordinare con la sentenza di condanna che la pena inflitta -non superiore ad un anno anche ragguagliata ai sensi dell’art. 135 c.p.- rimanga sospesa per un anno nel caso in cui il colpevole, prima della pronuncia della sentenza di primo grado, abbia partecipato a programma riparativo conclusosi con esito riparativo (sospensione condizionale cd. ‘breve’);
- la positiva partecipazione a programma riparativo ha ricadute rilevantissime anche durante l’esecuzione della pena detentiva, allorquando occorre decidere sull’istanza di ammissione al lavoro esterno, al permesso premio, ad una misura alternativa alla detenzione, alla liberazione condizionale, nonchè sulla estinzione della pena detentiva espiata in affidamento in prova ex art. 47 della legge n. 354 cit. oppure ex art. 94 d.P.R. n. 309 cit.;
- la Corte Costituzionale nelle sentenze del 30 gennaio 2020 n. 19 e del 21 luglio 2016 n. 201 ha affermato che l’istituto della messa alla prova abbia natura sostanziale; da ciò si può argomentare nel senso di ritenere che anche l’istituto della giustizia riparativa abbia natura sostanziale, perché entrambi gli istituti hanno tratti comuni o almeno simili/analoghi sul piano sostanziale e processuale [7];
- l’invio a programma riparativo è talmente incoraggiato dal legislatore, che nell’art. 13, comma 4 della legge n. 354 cit. si stabilisce: […] Nei confronti dei condannati e degli internati è favorito il ricorso a programmi di giustizia riparativa […]; inoltre, nell’art. 47 del d. lgs. n. 150 cit. si prevede: […] La persona indicata come autore dell’offesa e la vittima del reato vengono informate senza ritardo da parte dell’autorità giudiziaria, in ogni stato e grado del procedimento penale o all’inizio dell’esecuzione della pena detentiva o della misura di sicurezza, in merito alla facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa e ai servizi disponibili […]; e quest’obbligo d’informazione è ripreso in tutte quelle disposizioni di nuovo conio sopra richiamate contenute nel codice di rito penale e riguardanti tutti quegli atti procedimentali/processuali emessi anche nella fase esecutiva;
- l’avviso circa la possibilità di accedere a percorso riparativo non ha scopo meramente informativo, bensì è il presupposto fondamentale per renderli in concreto operativi nelle specifiche vicende penali e nei peculiari percorsi procedimentali/processuali, giacché esso […] mira a consolidare il nesso fra informazione e libera esplicazione del consenso alla partecipazione, con proiezioni sulla <<natura del percorso e sui possibili esiti e implicazioni, ivi incluso l’impatto che eventualmente il percorso di giustizia riparativa avrà sui futuri procedimenti penali (par. 16 Raccomandazione 2018/8), ponendosi l’obiettivo di assicurare l’incontro con la vittima del reato>> […] [8];
- nella Relazione dell’Ufficio del Massimario, sopra richiamata in nota, si rimarca: […] Presupposto indefettibile per l’avvio del programma è l’informazione della persona indicata come autore dell’offesa e come vittima del reato […] [9], sicché si può affermare che l’avviso in parola è il perno su cui s’innestano l’accesso e l’avvio del programma riparativo;
- sostenere che il mancato avviso sia irrilevante, perché l’imputato dispone già di un’assistenza difensiva e di un presidio tecnico finalizzato alla migliore valutazione delle molteplici alternative/strategie processuali ivi compreso l’accesso a percorsi riparativi, significa confondere la ‘difesa tecnica’ con la cd. ‘autodifesa’ e sminuire quest’ultima per il fatto che si disconosce alla persona indagata, imputata, condannata il diritto di essere messo nelle condizioni di difendersi anche personalmente in aggiunta alla possibilità di fruire della ‘difesa tecnica’; a questo proposito, la Corte Costituzionale rimarca che è essenziale assicurare […] l’autodifesa, autonoma e ulteriore rispetto alla difesa tecnica, <<soprattutto nell’ambito di quegli atti che richiedono la diretta partecipazione dell’imputato (si pensi all’interrogatorio e all’esame ed alle conseguenti facoltà esercitabili al riguardo)>> […] [10];
In definitiva, le motivazioni sopra esplicitate portano a ritenere che l’omesso avviso integri una nullità di ordine generale a regime intermedio ai sensi dell’art. 178 lett. c) c.p.p. da eccepirsi entro i termini stabiliti dall’art. 182, comma 2 c.p.p., perché l’istituto della giustizia riparativa ha natura sostanziale ed il mancato avviso in oggetto pregiudica il diritto all’autodifesa da parte dell’interessato per il fatto che lo pone nelle condizioni di non poter svolgere pienamente la propria difesa.
Un’altra parte della dottrina aderisce al secondo dei suddetti orientamenti ermeneutici sulla base delle seguenti motivazioni [11]:
- il potere d’impulso, riconosciuto dall’art.129-bis c.p.p. all’autorità giudiziaria ai fini dell’avvio di un percorso di giustizia riparativa, può configurarsi come […] un improprio strumento di pressione sulle legittime opzioni di strategia difensiva spettanti all’imputato […] con la conseguenza che risultano […] violate la presunzione d’innocenza, la parità tra le parti e il diritto di difesa […];
- con la Riforma Cartabia è stata introdotta nel sistema punitivo […] la fattispecie della riparazione interpersonale o relazionale a lato di quella prestazionale già prevista dalla legislazione speciale (in tema di reati ambientali, sicurezza sul lavoro, illeciti tributari, responsabilità degli enti) e dello stesso codice penale […];
- la Riforma Cartabia, introducendo l’istituto della giustizia riparativa, non ha innovato o adattato la […] disciplina del processo penale, rimasta immutata nella sua finalità di accertamento dei fatti e delle responsabilità. Nessuna alterazione si registra altresì sul piano della dinamica procedimentale: a differenza di quanto accade a proposito dei riti speciali, la scelta dell’imputato di intraprendere un percorso di giustizia riparativa non comporta deviazioni dall’iter ordinario. Nulla è mutato anche per l’offeso […].
E’ vero che […] in quanto complementare, la giustizia riparativa trova nel procedimento penale il suo naturale habitat: qui sono promossi i percorsi riparativi – li innesta la previsione dell’art. 129-bis c.p.p. – e qui ricadono i suoi effetti positivi … Ricadute soggette ad una duplice condizione: quella – la prima – che il programma riparativo abbia coinvolto la vittima che sia anche persona offesa in senso processuale e quella – la seconda – che l’esito favorevole sia stato realizzato in tempo utile per essere offerto alla valutazione del giudice di primo grado […]
Ma è altresì vero che […] al procedimento penale non si chiede di adeguarsi alla giustizia riparativa, assoggettata anzi al rispetto delle sue condizioni […] e che la possibilità di accedervi in ogni stato e grado del giudizio la rende […] sempre attuale e attuabile, praticabile anche laddove un eventuale esito positivo non possa comportare una resa processuale […], essendo il percorso riparativo del tutto svincolato […] dalla stessa sorte del procedimento penale […].
In altre parole, […] lo scenario delineato dal legislatore svela con chiarezza la presenza di un duplice livello di operatività (con/senza ricadute processuali) ritagliato per la giustizia riparativa portando allo scoperto la sua specificità: da essa origina un canale parallelo, distinto e separato da quello che si dipana nel procedimento penale […];
- […] La giustizia riparativa non rileva … a fini di efficientamento dell’amministrazione della giustizia con i quali è anzi in contrasto data la non conciliabilità dei suoi tempi, indeterminati e incerti, con le rigide scansioni della dinamica procedimentale […]; infatti, l’analisi del rapporto tra giustizia riparativa e processo penale […] rivela la sua, pressoché nulla, incidenza sulla disciplina dell’apparato processuale e dimostra, anzi, che proprio dalla corretta applicazione delle correlative particolari regole discende la salvaguardia dei canoni costituzionali del giusto processo […], sicché […] l’informativa circa la facoltà di accedere a programmi di giustizia riparativa, ripetuta ossessivamente nella successione delle attività processuali, è un adempimento solo formale, niente più che un semplice avviso […].
3- Mancata istituzione dell’Albo dei mediatori e dei Centri per la giustizia riparativa e possibilità di avvalersi di Centri di mediazione penale pubblici o privati convenzionati con enti pubblici territoriali.
Il Tribunale di Genova, Sez. I con ordinanza del 21 novembre 2023 ha rigettato l’istanza dell’imputato di accedere a programma riparativo presentata ai sensi dell’art. 129-bis c.p.p., perché non erano stati ancora istituiti l’Albo dei mediatori ed i Centri per la giustizia riparativa [12], i quali sono le uniche strutture deputate ex lege ad avere mediatori legittimati a redigere e proporre detto programma, nonché a verificarne l’esecuzione; inoltre, ha ritenuto che dette attività non possano essere svolte da strutture già istituite ed operanti presso enti pubblici territoriali [13].
Per converso, la Corte d’Assise di Busto Arsizio con ordinanza del 19 settembre 2023 -emessa in pendenza del termine per proporre appello avverso la sentenza di condanna in primo grado- ha disposto l’invio al Centro per la giustizia riparativa e la mediazione penale, istituito dal Comune di Milano, di una persona detenuta ed imputata di omicidio e distruzione soppressione o sottrazione di cadavere; l’invio al Centro milanese è stato disposto sulla base di un apposito Accordo concluso tra il Comune e l’Ufficio giudiziario suddetti.
La prassi di concludere accordi con Centri pubblici, già istituiti ed operanti presso enti territoriali, si è diffusa al fine di dare attuazione -nelle more dell’istituzione dei Centri previsti dal d. lgs. n. 150 cit.– alla normativa di nuovo conio sulla giustizia riparativa, evitando così di arrecare pregiudizi alle persone indagate, imputate, condannate che vogliano comunque intraprendere percorsi riparativi [14].
Tuttavia, in senso restrittivo si è mosso il Capo del Dipartimento della giustizia minorile e di comunità del Ministero della Giustizi, il quale con Circolare del 7 dicembre 2023 ha espressamente vietato agli UU.EE.PP.EE. ogni coinvolgimento in protocolli o attività riguardanti la giustizia riparativa sino a quando non sarà completato il procedimento amministrativo di accreditamento dei mediatori esperti e di istituzione dei Centri per la giustizia riparativa.
In verità, la conclusione di accordi o protocolli, finalizzati ad implementare percorsi riparativi e di mediazione penale riguardanti persone detenute, era una prassi diffusasi anche prima della ‘Riforma Cartabia’; ad esempio, negli anni 2014 e 2015 venne sottoscritto -con l’avallo del Provveditorato Regionale dell’Amministrazione penitenziaria di Bari- dalla Casa Circondariale di Trani, dal Centro di mediazione ‘C.R.I.S.I.’ e dal Tribunale di Sorveglianza di Bari un apposito Protocollo d’intesa, con il quale si avviò un progetto sperimentale di mediazione penale presso detto Istituto penitenziario, facendo leva sulla disposizione dell’art. 21, comma 4-ter legge n. 354 cit., in cui si prevede che la persona detenuta o internata può essere assegnata a prestare la propria attività a titolo volontario e gratuito a sostegno della vittima del reato perpetrato, con esclusione soltanto di chi è detenuto o internato per il delitto p. e p. dall’art. 416-bis c.p. e/o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste da detto articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste.
4- Impugnabilità del provvedimento di rigetto della richiesta di accesso a programma di giustizia riparativa.
In giurisprudenza si è affrontata la questione dell’impugnabilità dell’ordinanza, con cui ai sensi dell’art. 129-bis c.p.p. il giudice procedente rigetta l’istanza di accesso a programma riparativo [15].
Secondo un primo orientamento [16], lo svolgimento di un programma riparativo, qualora il mediatore lo ritenga attuabile anche con vittima ‘aspecifica’, può essere comunque utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede, perché la ratio dell’istituto è quella di ricomporre la frattura che il crime ha creato non soltanto tra il suo autore e la vittima, ma anche all’interno della comunità di riferimento; da ciò consegue che l’istituto della giustizia riparativa ha natura soprattutto pubblicistica e mira a far maturare un clima di sicurezza sociale, sicché ne va sempre favorito l’accesso -anche d’ufficio- in ogni stato e grado del procedimento/processo, nella fase dell’esecuzione della pena e addirittura anche nella fase delle indagini preliminari, tranne l’ipotesi prevista dall’art. 41-bis, comma 2-quater lett. f-bis) della legge n. 354 cit..
In altre parole, l’accesso alla giustizia riparativa può determinare non soltanto benefici per l’autore del crime, ma anche ricadute positive nel contesto sociale in virtù della sua natura pubblicistica e della sua dimensione comunitaria.
Inoltre, si afferma che l’istituto della giustizia riparativa, avendo natura pubblicistica e sostanziale, rientra nel novero dei procedimenti giurisdizionali; da ciò deriva da un lato che sono impugnabili gli atti procedurali/processuali indicati nel precedente Paragrafo n. 2, qualora essi non contengano l’avviso della possibilità di chiedere l’invio ad un programma riparativo, dall’altro lato che il provvedimento di rigetto della richiesta di accesso a programma riparativo è sempre ricorribile in Cassazione [17].
Per un secondo orientamento, il provvedimento di rigetto della richiesta di svolgere un programma riparativo non è impugnabile per diversi ordini di motivazioni [18].
In primo luogo, vi osta il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione previsto dall’art. 568, comma 1 c.p.p., in cui non si prevede l’impugnabilità del provvedimento di rigetto in parola.
In secondo luogo, il provvedimento di rigetto non rientra nel novero di quelli riguardanti la libertà personale né incide su diritti soggettivi, per i quali l’art. 111, comma 7 Cost. ammette l’impugnabilità in Cassazione per violazione di legge.
In terzo luogo, il programma riparativo non ha natura giurisdizionale, perché è semplicemente confinato nell’area del ‘servizio pubblico di cura delle relazioni tra persone, non diversamente da altri servizi di cura relazionale ormai diffusi in diversi settori della sanità e del sociale’; e tale servizio di cura si affianca a quello punitivo tradizionale, non è alternativo al processo e alla pena, non è un rito procedimentale/processuale speciale, bensì al più costituisce un percorso incidentale parallelo al procedimento/processo penale.
In quarto luogo, l’esito riparativo positivo non estingue il reato (tranne l’ipotesi di remissione tacita di querela ai sensi dell’art. 152 c.p.) e neppure è causa di non punibilità o di non procedibilità, atteso che la giustizia riparativa è un sistema con connotazioni e regole proprie e può sì incidere sul trattamento sanzionatorio, ma è “complementare e integrativa” rispetto al sistema penale nel senso che può innestarsi in ogni stato e grado del procedimento/processo senza alcuna preclusione in ordine alla tipologia di reato, tranne l’ipotesi prevista dall’art. 41-bis, comma 2-quater lett. f-bis) della legge n. 354 cit..
Detto rapporto di complementarità sarebbe strutturato secondo un modello autonomistico, in virtù del quale la giustizia riparativa ed il procedimento/processo penale (cd. ‘giustizia punitiva’) -benché la prima abbia il suo habitat naturale proprio nel secondo, tranne l’ipotesi in cui al programma riparativo si accede prima dell’inizio del procedimento/processo (art. 44, comma 3 d. lgs. 150 cit. per i reati procedibili a querela) oppure dopo l’esecuzione della pena (art. 44, comma 2 d. lgs. n. 150 cit.)- non soltanto si svolgerebbero separatamente su binari paralleli destinati a non incontrarsi, ma sarebbero anche informati a differenti principi regolatori.
Sotto quest’ultimo aspetto, infatti, si afferma che la giustizia riparativa si fonda sul principio di riservatezza, il quale si invera nell’intimità della stanza del mediatore ed è incompatibile con la formazione della prova in dibattimento; inoltre, il programma e l’esito riparativi non sono suscettibili di produrre o formare prove in ordine alla responsabilità penale né esplicano effetti sfavorevoli per la persona accusata.
Invece, la cd. ‘giustizia punitiva’ è retta dal principio di pubblicità e di controllo delle garanzie previste per la persona indagata o imputata.
In altri termini, si ritiene che la giustizia riparativa sia connotata dalla volontarietà, consenso, riservatezza, segretezza, equa considerazione degli interessi dell’autore e della vittima, che sono caratteristiche non rinvenibili nel procedimento/processo penale.
In definitiva, l’istituto della giustizia riparativa ed il sistema della cd. ‘giustizia punitiva’ differiscono per oggetto, soggetti coinvolti, obiettivi perseguiti.
Su questa scia ermeneutica si colloca un altro arresto giurisprudenziale, in cui si afferma che sono inammissibili la richiesta di invio a programma riparativo e l’istanza di sospensione del processo proposte ai sensi dell’art. 129-bis c.p.p. davanti alla Corte di Cassazione [19].
Sulle queste posizioni, ma con contenuti argomentativi diversi e con precisazioni ulteriori, si attesta la Corte di Cassazione in un’altra sentenza, in cui si sostiene che l’ordinanza reiettiva della richiesta di accesso a programma riparativo proposta ai sensi dell’art. 129-bis c.p.p. e corredata del parere favorevole all’accoglimento espresso dal pubblico ministero -qualora venga emessa nella fase di compimento degli atti preliminari oppure durante la fase dibattimentale- può essere impugnata ai sensi dell’art. 586, comma 1 c.p.p. soltanto congiuntamente alla sentenza, a condizione che la richiesta di accesso sia stata avanzata dall’imputato per reati procedibili a querela suscettibile di remissione, atteso che soltanto in questa evenienza l’eventuale accoglimento della richiesta determina la sospensione del processo, al fine di consentire lo svolgimento del programma riparativo [20].
Ora, è particolarmente interessante esaminare il percorso interpretativo ed argomentativo sviluppato in questo arresto dalla Corte di Cassazione, per giungere alle conclusioni sopra riportate.
Invero, nell’incipit della motivazione della sentenza si richiama il precedente arresto (Cass. n. 6595/2024), secondo cui l’istituto della giustizia riparativa non ha natura giurisdizionale ed il provvedimento di rigetto della richiesta di accesso a programma riparativo non è autonomamente impugnabile in virtù del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione previsti dalla legge e dell’inapplicabilità della disposizione dell’art. 111, comma 7 Cost.; inoltre, si ribadisce che il procedimento riparativo è […] un servizio pubblico di cura relazionale tra le persone, non è parte del procedimento penale ed è retto da principi differenti rispetto a quelli regolativi di quest’ultimo […]; si rimarca, altresì, che esso non esplica alcun effetto sfavorevole per l’accusato nel giudizio penale né richiede la pendenza di un procedimento/processo penale, perché è possibile ricorrervi anche dopo l’esecuzione della pena oppure -in caso di reato procedibile a querela- anche prima della proposizione della querela.
Nella seconda parte della motivazione, si richiama la disposizione dell’art. 586, comma 1 c.p.p., in cui si prevede che -quando non è diversamente stabilito dalla legge- le ordinanze emesse nel corso degli atti preliminari o in dibattimento possono essere impugnate, a pena di inammissibilità, soltanto con l’atto di gravame della sentenza emessa; ed il provvedimento di diniego dell’accesso a programma riparativo, essendo adottato nelle forme dell’ordinanza ex art. 129-bis, comma 3 c.p.p., non è autonomamente impugnabile, stante l’assenza di una specifica previsione di legge al riguardo.
Ne consegue che l’ordinanza di rigetto in parola è soggetta alle regole riguardanti la cd. ‘impugnazione differita’ nel senso che occorre attendere la conclusione del processo per […] accertare se, e in quale misura, le decisioni nelle quali le ordinanze emesse nel corso degli atti preliminari o nel dibattimento si concretizzano, abbiano potuto incidere sulla decisione finale […]; inoltre, si puntualizza che la decisione sulla richiesta di accesso a programma riparativo non ha un’incidenza giuridicamente rilevante sulla decisione finale, esplicandovi al più un’influenza meramente eventuale in una […] fattispecie (molto) più complessa, integrata solo al verificarsi di ulteriori fatti del tutto estranei ed indipendenti dal procedimento penale e dal suo svolgimento […].
A questo punto, nel percorso motivazionale della sentenza si postula che l’invio a programma riparativo e il procedimento/processo -dopo l’esercizio dell’azione penale- sono fra loro completamente autonomi, salvo che il procedimento/processo abbia ad oggetto reati procedibili a querela suscettibili di remissione (art. 129-bis, comma 4c.p.p.); da ciò deriva che in tutti gli altri casi (id est: in caso di reati procedibili d’ufficio) l’invio ad un Centro per la giustizia riparativa non determina la sospensione del processo in forza del principio generale -relativo alla eccezionalità dei casi di sospensione del processo- desumibile in particolare dall’art. 50, comma 3 c.p.p., principio che è del tutto omogeneo al canone costituzionale della ragionevole durata del processo.
Si aggiunge, altresì, che l’assoluta autonomia del procedimento/processo penale, rispetto ai tempi di svolgimento del programma riparativo, è pienamente in linea con l’assoluta variabilità della durata del percorso riparativo, la quale è determinata dalle necessità del caso concreto e dalla piena discrezionalità al riguardo riconosciuta al mediatore dall’art. 55, commi 2 e 4 d. lgs. n. 150 cit..
Si puntualizza, ancora, che il semplice avvio di un percorso riparativo non esplica alcun effetto sul trattamento sanzionatorio, perché la legge attribuisce rilievo soltanto al cd. “esito riparativo” ai fini sia della dosimetria della pena secondo i criteri previsti dall’art. 133 c.p. (cfr. art. 58 d. lgs. n. 150 cit.), sia della concessione dell’attenuante prevista dall’art. 62, comma 6 c.p.p. e della sospensione condizionale ‘breve’ ai sensi dell’art. 163, comma 4 c.p..
Pertanto, ritenere che l’ordinanza reiettiva della richiesta di accesso possa influire sull’esito del processo, significa introdurre (di fatto) un’ipotesi di sospensione del processo penale, che non è prevista dall’art. 129-bis c.p.p. né dal d. lgs. n. 150 cit. o da altre disposizioni di legge e si pone in contrasto con il principio generale della eccezionalità dei casi di sospensione del processo (art. 50, comma 3 c.p.p.)..
Tuttavia, nella sentenza in commento questa posizione così tranchant, che sembra non lasciare spazio alcuno ad una differente soluzione ermeneutica, viene poi in qualche modo ammorbidita, allorquando si afferma: […] Le conclusioni indicate non escludono per gli interessati la possibilità di chiedere nuovamente al giudice, dopo un provvedimento di rigetto, l’invio al Centro per la giustizia riparativa per l’avvio di un pertinente programma […], atteso che la decisione sulla richiesta di avvio è assunta con ordinanza che è un provvedimento emesso rebus sic stantibus e, perciò,generalmente revocabile; inoltre, trattasi di richiesta proponibile in ogni stato e grado del procedimento/processo e, dunque, anche in pendenza del termine per proporre ricorso per cassazione (art. 45-ter disp. att. c.p.p.).
Ora, non può non evidenziarsi come quest’ultimo assunto strida col fatto che la stessa conclusione della vicenda processuale in parola, definita dalla Corte di Cassazione con la sentenza qui commentata, precluda in radice la possibilità di riproporre l’istanza di invio a programma riparativo; ne consegue che nella suddetta vicenda processuale l’affermazione, secondo cui l’ordinanza reiettiva è revocabile ed è possibile riproporre al giudice una nuova richiesta di avvio a programma riparativo, è in concreto vanificata o addirittura annichilita proprio dal fatto che non c’è un altro giudice, al quale è possibile rivolgersi dopo la decisione definitiva emessa dal giudice di legittimità.
Inoltre, si ritiene che l’orientamento giurisprudenziale più restrittivo, secondo cui l’ordinanza di rigetto della richiesta di accesso a programma riparativo non è autonomamente impugnabile, presti il fianco ai seguenti rilievi critici.
In primo luogo, si osserva che il procedimento riparativo è sì complementare e integrativo rispetto al sistema penale ‘punitivo’, ma indubbiamente il suo esito positivo -concretizzatosi prima della sentenza- produce rilevantissimi effetti sostanziali, che incidono proprio sulla decisione finale con cui si conclude il grado del processo; si fa riferimento, ad esempio, alla possibile incidenza, sui contenuti della sentenza, della concessione dell’attenuante ex art. 62 n. 6 c.p. e/o della sospensione condizionale ‘breve’ ai sensi dell’art. 163 comma 4 c.p., nonché della remissione della querela o della quantificazione della pena ai sensi del combinato disposto degli artt. 58 d. lgs. n.150 cit. e 133 c.p..
In secondo luogo, il programma riparativo ha certamente natura anche pubblicistica, perché ha una dimensione comunitaria e sociale in virtù del fatto che vi possono partecipare anche soggetti diversi dall’autore e dalla vittima del reato e persino chiunque abbia interesse; inoltre, esso mira a sanare la frattura relazionale determinata dal reato sia tra reo e vittima (diretta e/o indiretta) che in seno alla comunità umana in cui si è verificato il fatto criminoso.
In terzo luogo, la ‘Riforma Cartabia’ ha espressamente previsto che la richiesta di accesso a programma riparativo può essere presentata in ogni stato e grado del giudizio, sicché non ha senso ritenere non impugnabile autonomamente l’ordinanza che la decide.
In quarto luogo, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 6595/2024 sopra richiamata, occorre scindere la questione concernente il momento della presentazione della richiesta di avvio a percorso riparativo da quella riguardante la possibilità di sospendere il processo per massimo sei mesi prevista dall’art. 129-bis, comma 4 c.p.p. nel caso in cui è sub iudice un reato procedibile a querela suscettibile di remissione.
Infatti, in questa seconda ipotesi, la sospensione del processo è eventuale, perché ‘può’ (non deve) essere disposta dal giudice sulla base della sua prudente e ragionevole discrezionalità, che va esercitata nel momento in cui occorre sia valutare l’utilità del programma riparativo ai fini della risoluzione delle questioni derivanti dal fatto, sia accertare se sussista o meno un concreto pericolo per gli interessati e per l’accertamento dei fatti.
In quinto luogo, si è già evidenziato che la sospensione del processo non arreca alcun pregiudizio alla celere e ragionevole durata del processo penale, perché essa determina comunque la sospensione del corso della prescrizione, dei termini previsti dall’art. 344-bis c.p.p. e di quelli di durata massima della custodia cautelare di cui all’art. 303 c.p.p.; peraltro, allungare di massimo sei mesi il processo significa sì “pagare un prezzo” in termini di durata, ma questo è un costo che può essere ragionevolmente sopportato in vista del possibile raggiungimento di un bene maggiore, il quale s’identifica nella speranza di ricucire i lembi della ferita inferta dalla condotta criminosa sulle relazioni personali e comunitarie nell’alveo di un percorso rieducativo e risocializzante previsto e tutelato dall’art. 27, comma 3 Cost..
In definitiva, le suddette motivazioni si fondano sull’esigenza di non vanificare gli effetti sostanziali che derivano dalla positiva conclusione di un programma riparativo, sicché si ritiene necessario che i tempi e l’andamento del procedimento/processo vadano armonizzati con la possibilità di innestarvi e svolgere anche un percorso riparativo.
Secondo un ultimo orientamento giurisprudenziale, l’ordinanza di rigetto dell’istanza di accesso a programma riparativo è impugnabile -unitamente alla sentenza conclusiva del giudizio- senza alcuna distinzione tra reati procedibili d’ufficio e reati procedibili a querela suscettibile di remissione [21].
Da ultimo, Cass. pen. Sez. V, 28 marzo 2025 n. 14833, dopo aver richiamato i suddetti quattro orientamenti contrastanti formatisi in giurisprudenza, ha rimesso alle Sezioni Unite penali la questione se, per quali motivi e in quali ipotesi sia ricorribile in Cassazione il provvedimento, con cui il giudice di merito rigetta la richiesta di invio al centro di giustizia riparativa di riferimento per l’avvio di un programma di giustizia riparativa ai sensi dell’art. 129-bis c.p.p. [22].
5- Possibilità di accedere a programma riparativo durante l’esecuzione di pena da parte di persona detenuta sottoposta al regime previsto dall’art. 41-bis della legge n. 354/1975.
Una società cooperativa a r.l. onlus chiede al Direttore di una Casa Circondariale abruzzese di accedervi al fine di valutare la possibilità di svolgervi -nell’ambito di uno specifico progetto- un percorso di giustizia riparativa; il Direttore di detto Istituto penitenziario rigetta l’istanza con apposito provvedimento, avverso il quale una persona detenuta in regime di art. 41-bis legge n. 354 cit. propone reclamo al Magistrato di Sorveglianza, che lo accoglie.
Tuttavia, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, avverso il provvedimento del Magistrato di Sorveglianza, propone reclamo al Tribunale di Sorveglianza di L’Aquila, che con ordinanza del 12 marzo 2024 lo rigetta.
Il Ministero della Giustizia, a ministero dell’Avvocatura dello Stato, propone ricorso per Cassazione avverso detta ordinanza del 12 marzo 2024 per i seguenti tre motivi:
- sussiste incompatibilità ontologica tra il regime detentivo previsto dall’art. 41-bis legge n. 354 cit. e l’istituto della giustizia riparativa, perché questa contrasta con le finalità di ordine e sicurezza perseguite da detto regime;
- ai sensi degli artt. 4-bis e 15-bis della legge n. 354 cit., la partecipazione a programma riparativo con esito positivo è valutabile ai fini dell’accesso a diversi benefici penitenziari, i quali però sarebbero preclusi alle persone condannate in vinculis per i reati compresi nell’art. 4-bis legge n. 354 cit., tranne che abbiano collaborato con la giustizia e non abbiano o possano rischiare di avere collegamenti con la criminalità organizzata;
- il provvedimento impugnato è ineseguibile, perché non sono istituiti i Centri per la giustizia riparativa ed i referenti del progetto, proposto dalla cooperativa onlus, non sono ancora legittimati ad operare nell’Istituto penitenziario.
Si costituisce in giudizio la persona detenuta interessata, la quale in primis chiede di dichiarare inammissibile il ricorso, in quanto non sarebbero autonomamente impugnabili in Cassazione i provvedimenti emessi su istanza di accesso a programma riparativo; in subordine, chiede il rinvio dell’udienza, al fine di articolare una questione di legittimità costituzionale della nuova normativa nel frattempo introdotta dall’art. 7 del d.l. 4 luglio 2024 n. 92, con cui si stabilisce che è escluso l’accesso a programma riparativo nell’ipotesi prevista dall’art. 41-bis, comma 2-quater lett. f-bis) della legge n. 354 cit..
La Corte di Cassazione, Sez. I con sentenza del 9 luglio – 7 novembre 2024 n. 41133 accoglie il ricorso proposto dal Ministero della Giustizia e annulla senza rinvio sia l’ordinanza collegiale del 12 marzo 2024 che l’ordinanza emessa dal Magistrato di Sorveglianza [23].
La sentenza si sviluppa e si fonda sui seguenti cardini motivazionali.
In primo luogo, si rigetta la richiesta di rinvio proposta dalla persona detenuta e finalizzata a prospettare la questione di legittimità costituzionale della disposizione sopra richiamata, atteso che questa non influirebbe in alcun modo sulla normativa applicabile alla fattispecie in esame.
In secondo luogo, si rigetta l’eccezione di inammissibilità del gravame proposto dal Ministero, perché è vero che la Corte di Cassazione con la sentenza n. 6595/2023 ha ritenuto inammissibile il ricorso al giudice di legittimità avverso il provvedimento con cui il Tribunale -in funzione di giudice di primo grado- aveva rigettato la richiesta di accesso a programma riparativo depositata in pendenza del termine per proporre appello avverso la sentenza già emessa, atteso che detto provvedimento non ha natura giurisdizionale, vige il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione ex art. 568, comma 1 c.p.p. e nessuna disposizione di legge prevede specificamente l’impugnabilità di detto provvedimento; ma è altresì vero che detta sentenza n. 6595/2023 ha riguardato un provvedimento diverso da quello che è stato emesso il 12 marzo 2024 (oggetto di gravame) dal Tribunale di Sorveglianza aquilano ai sensi dell’art. 35-bis della legge n. 354 cit., nel cui comma 4-bis si prevede espressamente che l’ordinanza del tribunale di sorveglianza è ricorribile in cassazione per violazione di legge.
In terzo luogo, si accoglie il ricorso del Ministro della giustizia, perché si ritiene che l’ordinanza impugnata, emessa il 12 marzo 2024, […] è viziata nella parte in cui non ha considerato che, secondo il disposto dell’art. 44, comma 2 d. lgs. n. 150 del 2022, ai programmi di giustizia riparativa, “si può accedere in ogni stato e grado del procedimento penale, nella fase esecutiva della pena e della misura di sicurezza, dopo l’esecuzione delle stesse”. Essendo il ricorrente ancora detenuto in esecuzione di pena, egli non può essere ammesso ad alcun programma di giustizia riparativa sintantoché la pena sarà in esecuzione, indipendentemente dal regime detentivo a cui è sottoposto […].
La sentenza in commento, pur contenendo una motivazione piuttosto scarna, per un verso è condivisibile per quanto riguarda la qualificazione giuridica della richiesta di accesso a programma riparativo; per altro verso, si espone a due specifici rilievi critici.
Invero, si dà atto che il giudice di legittimità ha correttamente ricompreso l’ordinanza gravata nell’ambito del procedimento delineato dall’art. 35-bis della legge n. 354 cit. e finalizzato alla tutela giurisdizionale dei diritti di persona in vinculis, che subisca ai sensi dell’art. 69, comma 6 lett. b) della legge n. 354 cit. un attuale e grave pregiudizio determinato dall’inosservanza -da parte dell’amministrazione penitenziaria- delle disposizioni contenute nella legge n. 354 cit. e nel relativo regolamento di attuazione, di cui al d.P.R. n. 230/2000.
Ed è agevole comprendere che nel caso di specie il diritto, leso dal diniego opposto dall’amministrazione penitenziaria all’invio a programma riparativo, s’identifica proprio nel diritto al trattamento, il quale è costituzionalmente tutelato e si invera nella facoltà della persona condannata -in espiazione di pena in forma detentiva- di accedere anche a programma riparativo; da qui deriva la possibilità, in caso di lesione di detto diritto, di adire la magistratura di sorveglianza ai sensi dell’art. 35-bis legge n. 354 cit., al fine di ricevere tutela giurisdizionale e, dunque, eliminare la lesione in parola ed esercitare pienamente il diritto pregiudicato.
Tuttavia, la sentenza in commento non è condivisibile sotto due profili.
In primo luogo, sarebbe stato opportuno rinviare l’udienza ad altra data, al fine di consentire alla persona detenuta in regime di art. 41-bis legge n. 354 cit. di articolare la questione di legittimità costituzionale della disposizione dell’art. 7 del d.l. 4 luglio 2024 n. 92 (convertito con la legge dell’8 agosto 2024 n. 92) con cui è stato innovato l’art. 41-bis, comma 2-quater della legge n. 354/1975, inserendovi la lett. f-bis) di nuovo conio, in cui si stabilisce che la sospensione delle regole del trattamento e degli istituti, menzionati nel precedente comma 2, prevede l’esclusione assoluta dell’invio a programma riparativo.
Infatti, la sussistenza nel caso di specie di profili di non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale si rinviene nel fatto che l’esclusione delle persone detenute -sottoposte al regime previsto dall’art. 41-bis legge n. 354 cit.– dall’accesso a programma riparativo contrasta con tutte quelle disposizioni introdotte dalla ‘Riforma Cartabia’, in cui si prevede che l’invio ad un Centro per la giustizia riparativa può essere disposto senza alcuna preclusione in ordine alla fattispecie ed alla gravità del crime perpetrato, prescindendo dal regime detentivo cui è sottoposto il richiedente.
L’esclusione, di cui all’art. 41-bis, comma 2-quater lett. f-bis) della legge n. 354 cit., non soltanto lede il diritto al trattamento penitenziario previsto anche per chi è sottoposto al regime speciale dell’art. 41-bis della legge n. 354 cit., ma determina anche un’ingiustificata e irragionevole disparità di trattamento tra chi è sottoposto a detto regime penitenziario e chi non lo è.
Inoltre, la questione di legittimità costituzionale è rilevante nel caso di specie, perché la persona detenuta richiedente è sottoposta al regime dell’art. 41-bis legge n. 354 cit..
In secondo luogo, e questo è il rilevo critico più significativo, l’aver affermato che la persona condannata in vinculis -durante l’esecuzione della pena detentiva inflittale- non possa accedere a programma riparativo cozza palesemente con la lettera:
- dell’art. 13, comma 4 della legge n. 354 cit. in cui si prevede: […] Nei confronti dei condannati e degli internati è favorito il ricorso a programmi di giustizia riparativa […];
- dell’art. 15-bis della legge n. 354 cit. in cui si stabilisce: […] In qualsiasi fase dell’esecuzione, l’autorità giudiziaria può disporre l’invio dei condannati e degli internati, previa adeguata informazione e su base volontaria, ai programmi di giustizia riparativa. La partecipazione al programma di giustizia riparativa è l’eventuale esito riparativo sono valutati ai fini dell’assegnazione al lavoro all’esterno, della concessione dei permessi premio e delle misure alternative alla detenzione previste dal capo VI, nonché della liberazione condizionale […];
- dell’art. 43, comma 2 n. 4 del d. lgs. n. 150 cit. in cui si sancisce: […] L’accesso ai programmi di giustizia riparativa è sempre favorito, senza alcuna discriminazione e nel rispetto della dignità di ogni persona. Può essere limitato soltanto in caso di pericolo concreto per i partecipanti, derivante dallo svolgimento del programma […];
- dell’art. 44, commi 1 e 2 del d. lgs. n. 150 cit. in cui si prevede: […] I programmi di giustizia riparativa disciplinati dal presente decreto sono accessibili senza preclusioni in relazione alla fattispecie di reato o alla sua gravità. Ai programmi di cui al comma 1 si può accedere in ogni stato e grado del procedimento penale, nella fase esecutiva della pena e della misura di sicurezza, dopo l’esecuzione delle stesse […];
- dell’art. 656, comma 3 c.p.p. in cui si stabilisce che l’ordine di esecuzione della sentenza di condanna definitiva deve contenere, fra l’altro, […] l’avviso al condannato che ha facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa […];
- dell’art. 656, comma 5 c.p.p. in cui si sancisce che l’ordine di esecuzione e di contestuale sospensione della pena -inflitta con sentenza divenuta irrevocabile- deve contenere l’avviso con cui la persona condannata è informata […] che ha la facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa […].
6- Ammissibilità dell’istanza di accesso a programma di giustizia riparativa presentata da persona indagata, imputata, condannata, detenuta per reati senza vittima ‘specifica’.
La questione risulta affrontata in due provvedimenti giurisdizionali, che si basano su una differente interpretazione degli artt. 42-53 d. lgs. n. 150 cit. e sulla valutazione in concreto degli effetti della condotta criminosa sui singoli e sulla comunità [24].
Invero, la Corte d’Appello di Milano, Sezione V penale con l’ordinanza del 12 luglio 2023, nonostante la Procura Generale avesse espresso parere favorevole all’accoglimento, ha rigettato l’istanza di ammissione ad un programma riparativo presentata da persona imputata del delitto di stupefacenti ex art. 73 d.P.R. n. 309 cit..
La Corte meneghina ha motivato il rigetto, ritenendo che i programmi riparativi -come sono configurati dal d. lgs. n. 150 cit. e dagli artt. 42 e ss. richiamati dall’art. 129-bis c.p.p.- si rivolgano soltanto agli autori di quei reati che contemplano l’esistenza di una vittima specifica, perché nell’art. 53 del d. lgs. n. 150 cit. si prevede che detti programmi possono consistere nella mediazione, nel dialogo riparativo e in ogni altro percorso dialogico; ne consegue che, qualora sia perpetrato un reato senza vittima ‘specifica’ come quello di detenzione a fini di spaccio di sostanze stupefacenti ex art. 73 d.P.R. n. 309 cit., non sarebbe ontologicamente ipotizzabile alcuna forma di mediazione e/o dialogo, mancando la vittima/parte offesa con cui tenerli.
Per converso, il Tribunale di Sorveglianza di Lecce con l’ordinanza del 30 novembre 2023 n. 4710 ha ritenuto di riconoscere ad una persona -condannata e detenuta in espiazione di pena inflitta per i delitti di associazione ex art. 74 e di stupefacenti ex art. 73 d.P.R. n. 309 cit.– il diritto di accedere a programma riparativo [25].
L’articolato percorso motivazionale, sviluppato e contenuto nell’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza salentino, è il seguente:
- con la ‘Riforma Cartabia’, di cui al d. lgs. n. 150 cit., è stata introdotta la disciplina organica della giustizia riparativa, la quale consiste in ogni programma che consenta alla vittima del reato, alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare -liberamente, in modo consensuale attivo e volontario- alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore (art. 42, comma 1 lett. a);
- nell’art. 43, comma 1 lett. c) si prevede il coinvolgimento anche della comunità nei programmi riparativi, i quali sono accessibili -senza preclusione alcuna in relazione alla fattispecie ed alla gravità del reato perpetrato- in ogni stato e grado del procedimento/processo, nella fase esecutiva della pena e delle misure di sicurezza (art. 13, comma 4 ed art. 15-bis della legge n. 354 cit.), dopo l’esecuzione delle medesime e persino dopo la pronuncia di sentenza di non luogo a procedere o di non doversi procedere (art. 44);
- detti programmi sono finalizzati a promuovere il riconoscimento della vittima del reato da parte del suo autore ed a responsabilizzare quest’ultimo, nonché a ricostituire i legami con la comunità (art. 43, comma 2); infatti, si stabilisce che ai programmi in parola possono partecipare -oltre alla vittima ed alla persona indicata come autore dell’offesa- anche altri soggetti appartenenti alla comunità come, ad esempio, i familiari della vittima e della persona offesa, le persone di supporto segnalate dalla vittima e/o dalla persona offesa, gli enti e le associazioni rappresentativi di interessi lesi dal crime, i rappresentanti o delegati di Stato Regioni enti locali o altri enti, le autorità di pubblica sicurezza, i servizi sociali e in genere chiunque abbia interesse (art. 45);
- nell’art. 53, comma 1 lett. a) si prevede che la mediazione può estendersi non soltanto ai gruppi parentali della vittima e dell’autore dell’offesa, ma persino alla vittima di un reato diverso da quello perpetrato e sub iudice.
In particolare, il Tribunale di Sorveglianza di Lecce osserva che il concetto di “vittima” non può essere limitato alla parte offesa dal reato per le seguenti due ragioni:
- il mero dato letterale della disposizione normativa, in cui si prevede l’accessibilità a programma riparativo da parte di tutti i soggetti che vi abbiano interesse, elimina ogni preclusione normativa sotto il profilo soggettivo;
- con la previsione normativa, secondo cui l’accesso a programma riparativo è possibile senza preclusioni in ordine alla gravità o alla tipologia di reato, si elimina ogni delimitazione oggettiva relativa alle condotte criminose perpetrate.
Inoltre, dà atto che dal positivo svolgimento di un programma riparativo possono derivare rilevanti conseguenze sostanziali durante il procedimento/processo e opportunità trattamentali in fase esecutiva, atteso che l’autore dell’offesa può conseguire la concessione dell’attenuante prevista dall’art. 62, comma 1 n. 6 c.p.; può beneficiare della tacita remissione di querela o della sospensione condizionale della pena cd. ‘breve’ ai sensi dell’art 163, comma 4 c.p.; può chiedere ai sensi dell’art. 129-bis c.p.p. -in presenza di determinate condizioni- la sospensione del procedimento; in forza dell’art. 464-bis c.p.p. può inserire, in sede di istanza di messa alla prova, i contenuti propri del programma di trattamento con richiesta di sospensione; nella fase esecutiva e sotto il profilo trattamentale può ottenere il permesso premio -anche in assenza di collaborazione- nel caso in cui sta espiando una pena detentiva irrogata per i delitti, di cui all’art. 4-bis, comma 1 legge n. 354 cit. come novellato dall’art. 1, comma 1 lett. a) del d.l. n. 162/22 (reati cc.dd. ‘di prima fascia’), tranne l’ipotesi prevista dall’art. 41-bis, comma 2-quater lett. f-bis)della legge n. 354 cit. [26].
Nell’ordinanza in commento non si manca di evidenziare che l’istituto della giustizia riparativa valorizza anche l’efficacia general-preventiva della norma penale incriminatrice, perché nell’art. 53 lett. b) d. lgs. n. 150 cit. si prevede -tra le modalità di svolgimento del programma- il cd. “dialogo riparativo”, il quale si aggiunge all’ipotesi della mediazione tra l’autore e la vittima diretta prevista nella precedente lett. a); in tal modo, si delinea una dimensione allargata di giustizia riparativa che, potendo coinvolgere anche soggetti diversi dalla vittima diretta, attrae nel suo ambito di applicazione anche i cc.dd. ‘reati senza vittima’.
Anzi, si rimarca che questa estensione “comunitaria” è ancor più necessaria ed opportuna nel caso in cui sono perpetrati reati in materia di stupefacenti, i quali sono caratterizzati dal fatto che la lesione del bene/interesse tutelato trascende il rapporto tra spacciatore ed assuntore e manifesta l’in sè dell’offensività penale proprio in quella congerie di conseguenze familiari e sociali, che la specifica condotta criminosa può produrre.
In definitiva, l’istituto della giustizia riparativa valorizza proprio le peculiari caratteristiche del crime in concreto perpetrato, dal momento che nell’art 129-bis c.p.p. si prevede che è rimessa all’autorità giudiziaria […] la valutazione delle modalità di svolgimento della giustizia riparativa che possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto per cui si procede […]; in questo modo, si attribuisce all’autorità giudiziaria il compito di superare la fattispecie penale contenuta nel capo di imputazione e di valutare in concreto gli effetti prodotti dalla condotta criminosa sulle singole persone direttamente coinvolte (autore/vittima diretta) e sulla comunità umana in cui essa è stata posta in essere.
[1] Cass. pen. Sez. IV, 9 maggio – 26 luglio 2023 n. 32360, in un caso in cui ad una persona, condannata in primo grado per stupefacenti ex art. 73 d.P.R. n. 309/90 ad anni 3 di reclusione ed euro 12.000,00 di multa, non è stato comunicato l’avviso previsto dall’art. 447, comma 1 c.p.p.; nel caso di specie, la Corte ha rigettato il ricorso, perché il mancato avviso non era stato eccepito entro l’udienza di comparizione prevista dall’art. 444 c.p.p.. Conforme: Cass. pen. Sez. II, 24 settembre 2024 n. 38819. Sostanzialmente conforme è da ritenersi anche Cass. pen. Sez. V, 26 giugno 2024 n. 29677, benché nella motivazione non si faccia alcun riferimento a profili di nullità di ordine generale.
[2] Cass. pen. Sez. VI, 9 maggio – 13 giugno 2023 n. 25367 in un caso in cui una persona, imputata del delitto di maltrattamenti in famiglia, non è stata avvisata ai sensi dell’art. 419, comma 3-bis c.p.p.. Conformi: Cass. pen. Sez. II, 19 febbraio – 12 marzo 2025 n. 9940; Cass. pen. Sez. II, 30 maggio 2024 n. 25406 in un caso in cui il decreto di citazione per il giudizio d’appello era privo dell’avviso in parola; Cass. pen. Sez. II, 1 febbraio 2024 n. 8968; Cass. pen Sez. II, 12 dicembre 2023 – 14 febbraio 2024 n. 6595.
[3] S. DEL POPOLO, I contrapposti orientamenti della Corte di Cassazione sui vizi derivanti dall’omesso avviso all’imputato della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa. Uno snodo cruciale per il futuro dell’istituto?, in Giurisprudenza Penale Web, 2024, 1; ID., Le conseguenze dell’omesso avviso della possibilità di accedere ai programmi di giustizia riparativa. Nota (critica) a recente sentenza di legittimità, in Giurisprudenza Penale Web, 2023, 10; ID., Decreto di giudizio immediato e mancato avviso all’imputato della facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa: tra dimenticanze del legislatore, profili di illegittimità costituzionale e necessità di un’interpretazione costituzionalmente orientata, in Giurisprudenza Penale Web, 2023, 5.
[4] Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, Relazione sulla novità normativa della “Riforma Cartabia”, Rel. 2/2023 del 5 gennaio 2023, 289-290, in https://www.sistemapenale.it/pdf_contenuti/1673352536_relazione-massimario-2-2023.pdf.
[5] R. BARTOLI, Una breve introduzione alla giustizia riparativa nell’ambito della giustizia punitiva, in www.sistemapenale.it, novembre 2022; ID., Giustizia vendicatoria, giustizia riparativa, costituzionalismo, in Sistema Penale, 22 marzo 2023.
[6] L. EUSEBI, Giustizia riparativa e riforma del sistema sanzionatorio penale, in Diritto Penale e Processo, Wolters Kluwer, 2023, 1, 81 e ss..
[7] In particolare, per quanto concerne i tratti comuni o simili/analoghi, si fa riferimento alla volontarietà e consensualità per l’invio a programma riparativo ed alla messa alla prova; alla possibile estinzione del reato in caso di esito positivo della messa alla prova e del programma riparativo; all’accesso alla messa alla prova ed al programma riparativo, accesso che determina l’instaurazione di una fase extraprocessuale, il cui esito è, però, valutato dal giudice che procede.
[8] Relazione illustrativa al “decreto legislativo recante attuazione della legge 27 settembre 2021 n. 134 recante delega al governo per l’efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”, in Gazzetta Ufficiale – Serie Generale 19 ottobre 2022 n. 245, Supplemento Straordinario n. 5, 375.
[9] Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione, Relazione sulla novità normativa della “Riforma Cartabia”, cit., 299.
[10] Così Corte Cost. 7 aprile 2023 n. 64. Inoltre, Corte Cost. 14 luglio 1999 n. 342 pone in evidenza […] il diritto dell’accusato di essere messo personalmente, immediatamente e compiutamente a conoscenza di quanto avviene nel processo che lo riguarda, e così non solo dell’accusa mossagli, ma anche degli elementi sui quali essa si basa, delle vicende istruttorie e probatorie che intervengono via via a corroborarla o a smentirla, delle affermazioni e delle determinazioni espresse dalle altre parti e dall’autorità procedente; nonché, conseguentemente, il diritto dell’imputato di svolgere la propria attività difensiva, anche in forma di autodifesa, conformandola, adattandola e sviluppandola in correlazione continua con le esigenze che egli stesso ravvisi e colga a seconda dell’andamento della procedura, ovvero comunicando con il proprio difensore […].
[11] A. PRESUTTI, La giustizia riparativa alla prova del giusto processo penale, in www.sistemapenale.it 27 giugno 2023. Sulla stessa scia si colloca, con valutazioni parzialmente diverse, anche F. FIORENTIN, Giustizia riparativa: prospettive e crisi di una riforma che attende ancora Godot, in www.sistemapenale.it 8 aprile 2025.
[12] Negli artt. 63 e 64 del d. lgs. n. 150 cit. si prevede che le Conferenze locali per la giustizia riparativa individuano mediante protocollo d’intesa uno o più enti locali, cui affidare l’istituzione e la gestione dei Centri per la giustizia riparativa, i quali possono avvalersi di mediatori esperti dell’ente locale di riferimento in virtù della stipula di contratto di appalto o di apposita convenzione ai sensi dell’art. 56 d. lgs. n. 150 cit.; inoltre, nella norma transitoria dell’art. 92 del d. lgs. n. 150 cit. si stabilisce che dette Conferenze locali -entro sei mesi dall’entrata in vigore del medesimo d. lgs. n. 150 e, pertanto, entro il 30 giugno 2023- devono effettuare la ricognizione dei soggetti che già erogano servizi di giustizia riparativa, nonché redigere un elenco da cui gli enti locali possono attingere per la prima apertura dei Centri suddetti. Questa normativa ha ricevuto una prima attuazione con i decreti ministeriali del 9 giugno 2023 (in Gazzetta Ufficiale del 5 luglio 2023 n. 155) e con il decreto ministeriale del 27 luglio 2023, con il quale sono stati nominati i sei esperti della Conferenza nazionale per la giustizia riparativa ai sensi dell’art. 61, comma 2 del d. lgs. n. 150 cit..
[13] Conformi: App. Lecce, sentenza 8 maggio – 1 agosto 2024 n. 863; G.i.p. presso il Tribunale di Lucca, ordinanza del 23 aprile 2024.
[14] Sulla questione: V. ALBERTA, Giustizia riparativa: niente sa salvare?, in Giurisprudenza Penale Web 2024, 1, in cui si commenta criticamente l’ordinanza emessa dal Tribunale di Genova, Sez. I il 21 novembre 2023. Si dà atto che Protocolli sono stati sottoscritti, ad esempio, dalla Corte d’Appello di Milano in data 1 agosto 2023 con la denominazione ‘Schema operativo per la giustizia riparativa’ reperibile in www.sistemapenale.it, nonché dal Tribunale di Roma nel 2023 con la denominazione ‘Protocollo operativo per la Map e le pene sostitutive’ reperibile sul sito del Tribunale di Roma https://www.fallcowed.it/prenotazioni/roma/map/index.
[15] Nell’art. 129-bis c.p.p. si prevede che in ogni stato e grado del procedimento/processo l’autorità giudiziaria può disporre, anche d’ufficio, l’invio della persona imputata e della vittima del crime al Centro per la giustizia riparativa di riferimento per l’avvio di un programma riparativo, stabilendo che la richiesta di detti soggetti può essere proposta personalmente od a mezzo di procuratore speciale; il giudice procedente dispone l’invio con ordinanza -sentite le parti, i difensori nominati e, se si ritenga necessario, la vittima- a condizione che reputi che lo svolgimento del programma riparativo possa essere utile alla risoluzione delle questioni derivanti dal fatto e non comporti un pericolo concreto per gli interessati e per l’accertamento dei fatti; nel caso in cui si tratti di reato perseguibile a querela suscettibile di remissione, il giudice che procede (durante le indagini preliminari, provvede il g.i.p. dopo aver sentito il p.m.), a richiesta della persona imputata, può disporre con ordinanza la sospensione del processo per un periodo non superiore a centottanta giorni, al fine di consentire lo svolgimento del programma riparativo. In quest’ultima evenienza, però, si prevede che durante il periodo di sospensione da un lato sono sospesi il corso della prescrizione, i termini ex art. 344-bis c.p.p. ed i termini di durata massima della custodia cautelare ex art. 303 c.p.p.; dall’altro lato il giudice -su richiesta di parte- acquisisce le prove non rinviabili. Al termine dello svolgimento del programma riparativo, il giudice acquisisce agli atti la relazione trasmessa dal mediatore.
[16] Corte Assise di Busto Arsizio, ordinanza del 19 settembre 2023, con la quale si è disposto -in pendenza del termine per appellare la sentenza di primo grado di condanna emessa nei confronti di imputato per i reati (procedibili d’ufficio) di omicidio, distruzione, soppressione e occultamento di cadavere- l’invio al Centro di giustizia riparativa del Comune di Milano con l’incarico di valutare la fattibilità in concreto di un programma riparativo anche con vittima ‘aspecifica’.
[17] La natura pubblicistica e sostanziale dell’istituto della giustizia riparativa è espressamente affermata -come già evidenziato- anche da Cass. pen. Sez. IV, 9 maggio – 26 luglio 2023 n. 32360, cit. e da Cass. pen. Sez. II, 24 settembre 2024 n. 38819, cit., mentre è implicitamente presupposta da Cass. pen. Sez. V, 26 giugno 2024 n. 29677, cit..
[18] Cass. pen. Sez. II, 12 dicembre 2023 – 14 febbraio 2024 n. 6595. Conformi: Cass. pen. Sez. II, 23 ottobre 2024 n. 40164; Cass. pen. Sez. VII, 10 ottobre 2024 n. 41406; Cass. pen. Sez. VII, 12 luglio 2024 n. 34097; Cass. pen. Sez. VII, 8 maggio 2024 n. 20392; Cass. pen. Sez. VII, 7 maggio 2024 n. 25120.
[19] Cass. pen. Sez. III, 7 febbraio 2024 n. 18027, in Guida al diritto 2024, 23.
[20] Cass. pen. Sez. III, 7 giugno 2024 n. 33152, in Diritto & Giustizia 29 agosto 2024. Conformi: Cass. pen. Sez. II, 14 febbraio 2025 n. 9220; Cass. pen. Sez. I, 21 novembre 2024 – 28 febbraio 2025 n. 8400; Cass. pen. Sez. V, 18 dicembre 2024 n. 7266; Cass. pen. Sez. III, 11 giugno 2024 n. 41718.
[21] In tal senso: Cass. pen. Sez. V, 26 novembre 2024 n. 131. Conformi: Cass. pen. Sez. VI, 29 gennaio 2025 n. 14338; Cass. pen. Sez. III, 26 febbraio 2025 nel proc. pen. R.G.N. 27670/2024, ric. C..
[22] L’ordinanza è pubblicata in Diritto & Giustizia 16 aprile 2025 con nota di Francesco Agnino.
[23] La sentenza è commentata criticamente da G. RUGGIERO, La giustizia riparativa nella fase esecutiva. Un’insolita pronuncia della Cassazione, in Diritto, Giustizia e Costituzione 7 febbraio 2025.
[24] I due arresti giurisprudenziali sono commentati, con adesione alla tesi sostenuta dal Tribunale di Sorveglianza leccese, da G. RUGGIERO, Giustizia riparativa: le prime applicazioni/contraddizioni in tema di “reati senza vittima”, in Diritto penale e processo, Wolters Kluwer, 2024, n. 8, 1077 e ss., nonché in Diritto, Giustizia e Costituzione, 22 ottobre 2024.
[25] È possibile leggere l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Lecce in www.giurisprudenzapenale.com, corredata di una breve nota di commento. Nello stesso senso è Corte Assise di Busto Arsizio ord. 19 settembre 2023, in cui si afferma che lo svolgimento di un programma riparativo è possibile anche con vittima ‘aspecifica’.
[26] Nella fase esecutiva, l’accesso a programma riparativo è uno dei contenuti del diritto al trattamento rieducativo riconosciuto -alla persona condannata in vinculis o in misura alternativa alla detenzione- e tutelato dal combinato disposto degli artt. 2, 3 comma 2, 27 comma 3 Cost.. Si dà atto che il diritto al trattamento nella fase esecutiva trova attuazione mediante diverse previsioni normative. In primo luogo, nell’art. 27, comma 1 ultimo periodo d.P.R. 30 giugno 2000 n. 230 del Regolamento recante norme sull’ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative della libertà, si stabilisce che l’osservazione scientifica della personalità consiste, fra l’altro, nello svolgimento con la persona condannata o internata di un percorso di riflessione critica sulle condotte antigiuridiche poste in essere, sulle motivazioni ad esse sottese, sulle conseguenze negative derivanti per l’interessato medesimo, nonché […] sulle possibili azioni di riparazione delle conseguenze del reato, incluso il risarcimento alla persona offesa […]. In secondo luogo, nell’art. 13, comma 4 della legge n. 354 cit. si prevede che l’accesso a programma riparativo è favorito per le persone condannate e internate. In terzo luogo, ai sensi dell’art. 15-bis legge n. 354 cit. la partecipazione a programma riparativo ed il relativo esito sono valutati -per tutte le persone condannate senza alcuna distinzione per tipologia e gravità del crime perpetrato- ai fini della concessione dei seguenti benefici penitenziari: lavoro all’esterno, permesso premio, misure alternative alla detenzione, liberazione condizionale. In quarto luogo, nell’art. 20-ter legge n. 354 cit. si prevede la possibilità di ammettere persone detenute ed internate che lo richiedano (con esclusione di chi è detenuto o internato per il delitto p. e p. dall’art. 416-bis c.p. o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste da detto articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste) a prestare la propria attività a titolo volontario e gratuito nell’ambito di progetti di pubblica utilità in favore dello Stato, di enti pubblici terriotriali, aa.ss.ll., organizzazioni ed enti anche internazionali di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato sulla base di apposite convenzioni, tenendo conto anche delle specifiche professionalità e attitudini lavorative. In quinto luogo,nell’art. 21, comma 4-ter legge n. 354 cit. si stabilise che la persona detenuta o internata può essere assegnata a prestare la propria attività a titolo volontario e gratuito a sostegno della vittima del reato perpetrato, tranne che si tratti di persona detenuta o internata per il delitto p. e p. dall’art. 416-bis c.p. o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste da detto articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste. Infine, nell’art. 47, comma 12 della legge n. 354 cit. si prevede che il Tribunale di Sorveglianza -in sede di accertamento finale circa l’esito positivo o meno dell’affidamento in prova al servizio sociale ai fini dell’eventuale declaratoria di estinzione della pena detentiva e di ogni altro effetto penale, ad eccezione delle pene accessorie perpetue- deve valutare anche l’eventuale svolgimento di un programma riparativo ed il relativo esito. Sul fondamento sistematico dei percorsi di giustizia riparativa durante l’esecuzione della pena, sia consentito rinviare a G. MASTROPASQUA, I percorsi di giustizia riparativa nell’esecuzione della pena, in Giur. Merito 2007, 3, 881 e ss.; ID., La mediazione penale nei procedimenti di sorveglianza: se ci sei, batti un colpo!, in Mediares 2008, 11, 71 e ss..