Con sentenza del 05.01.23 n.230, la Suprema Corte di Cassazione ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art.27 legge n. 184 del 1983, in relazione alla Carta Costituzionale, alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo ed alla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, oltre che alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

In particolare, la norma citata stabilisce che con l’adozione cosiddetta legittimante del minore, derivante dall’accertamento dello stato di abbandono e dalla dichiarazione di adottabilità, cessano definitivamente i rapporti dell’adottato con la famiglia di origine, estesa ai parenti entro il quarto grado prevedendo, pertanto, un meccanismo automatico di recisione dei legami familiari che prescinde dalla valutazione in concreto del preminente interesse del minore a non recidere detti rapporti.

Alla base della decisione della Corte vi è, infatti, una riflessione sulla tenuta  costituzionale della disciplina predetta, in un contesto sociale e giuridico profondamente mutato rispetto all’epoca di scrittura della norma, fortemente incentrato sulla tutela del legame con la famiglia di origine e sul dovere dello Stato di attivarsi affinchè detti legami possano mantenersi e rafforzarsi.

Si rileva, invero, che la norma de qua, non appare coerente con l’articolo 2  della Costituzione, atteso che un’ingiustificata recisione dei rapporti con la famiglia di origine, priverebbe il minore della sua storia, che necessariamente comprende la memoria del contesto socio-culturale del nucleo originario, con conseguente lesione del diritto all’identità personale, che non è da intendersi come un’identità precostituita sulla base di modelli astratti e stereotipati, ma un’identità che necessariamente si costruisce sulla propria storia personale e familiare.

È inoltre ravvisabile un contrasto con l’articolo 3 della costituzione, per l’ingiustificata disparità di trattamento con gli altri modelli di adozione (art.44 legge 184/83), per i quali non è prevista la recisione automatica  dei legami con i nuclei familiari di origine, pur essendo i diritti del minore nella famiglia adottiva sostanzialmente equiparati a quelli previsti nel modello dell’azione legittimante.

La norma in oggetto, rileva la Suprema Corte, stride inoltre con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, che include nell’ambito del diritto alla vita familiare di cui all’art. 8, il diritto del minore a non vedere recisi i legami con il nucleo familiare di origine, quando ciò sia contrario al suo interesse, che va accertato in concreto, essendo tali legami alla base della costruzione della sua identità personale (caso Pedersen ed altri contro Norvegia; caso Strand Lobben contro Norvegia, caso Zhou contro Italia; caso Omorefe contro Spagna; caso Pedersen ed altri contro Norvegia; caso Strand Lobben contro Norvegia).

E’  ravvisabile, altresi’, un contrasto con la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 21.11.1989,  e della Carta  dei diritti fondamentali  dell’Unione Europea, che impongono all’autorità giudiziaria di valutare il preminente interesse del minore in tutte le decisioni che lo riguardano, e di considerare nella selezione dei modelli di sostituzione o di sostegno alla genitorialità biologica, la continuità educativa e la considerazione per l’origine etnica, religiosa, culturale e linguistica.

La pronuncia della Corte prende atto sostanzialmente di un mutato contesto normativo e giurisprudenziale, anche sul piano internazionale, sulla scia di riflessioni non dissimili nella sostanza, contenute in precedenti decisioni, laddove la stessa Corte aveva avuto modo di affermare, in particolare  che nel procedimento volto alla dichiarazione di adottabilità, è necessario che l’indagine sulla condizione di abbandono morale e materiale sia completa e non trascuri alcun rilevante profilo inerente i diritti del minore, verificando, in particolare, se l’interesse di quest’ultimo a non recidere il legame con i genitori naturali debba prevalere o recedere rispetto al quadro deficitario delle capacità genitoriali, che potrebbe essere integrato, almeno in via temporanea, da un regime di affidamento extrafamiliare potenzialmente reversibile o sostituibile da un’ adozione mite ex art. 44 l. n. 184 del 1983. (cfr. Cass. Civ. 21024 /22).

L’auspicata esclusione di automatismi, aprirebbe la strada ad una valutazione piu’ completa dell’interesse del minore a mantenere rapporti con la famiglia d’origine, laddove ciò, non solo non pregiudichi il suo equilibrio psico/fisico, nonostante le ritenute inadeguatezze genitoriali che hanno condotto alla decisione di adozione,  ma corrisponda ad un diritto dello stesso di conservare memoria delle sue origini, al fine della costruzione di un’identità personale che non può prescindere dalla sua storia personale, e dal contesto socio-culturale  della sua famiglia d’origine.

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