Legge Delega 26 novembre 2021, n. 206
Decreto legislativo n. 149 del 17.10.2022

Sommario: 1. La ratio e le direttrici della riforma – 2. Una innovazione di carattere generale: il tramonto della formula esecutiva – 3. Una breve panoramica sulle modifiche più interessanti per la procedura esecutiva immobiliare – 4. Alcuni rilievi conclusivi

  1. La ratio e le direttrici della riforma

Dall’impianto normativo – come delineato nella legge delega e poi trasposto nel Decreto Delegato ed esplicitato dalle Relazioni Illustrative – si ricava che la ratio della riforma in oggetto sia l’efficienza e velocizzazione temperata dalla tutela della parte debole, accompagnata da intenti di chiarificazione di alcuni snodi rimasti oscuri a seguito delle stratificazioni legislative.

Il tempo dirà se i nodi dipanati e se le misure inserite nella novella siano state in grado di avere l’impatto auspicato.

a) Accelerazione e snellezza della procedura esecutiva.

Allo stato, possiamo raggruppare le modifiche ed integrazioni della legge delega (come trasfuse nel Decreto legislativo seppur con qualche aggiustamento) attorno a tre direttive tra loro sincroniche:

Rientrano in questo ambito: i) l’eliminazione della cd. formula esecutiva nelle due accezioni di spedizione ed apposizione della stessa (attuata con l’aggiunta dell’ultimo comma all’art. 474 c.p.c., la riformulazione dell’art. 475 c.p.c., l’eliminazione dell’art. 476 c.p.c, la modifica degli artt. 479 e 488 – riformulato – e dell’art. 153 disp att. c.p.c.); ii) la concentrazione dei termini per le attività imposte al creditore procedente: ossia la compressione del termine per il deposito documentazione ipo-catastale (art. 567 c. 2 c.p.c) e la riduzione del termine di proroga (art. 567 c. 3 c.p.c.); iii) la concentrazione dei tempi della vendita e degli altri adempimenti del Professionista Delegato, in special modo con la previsione dell’attuazione di tre tentativi di vendita in un anno (art. 591bis c.p.c. rimodulato); nei procedimenti di espropriazione presso terzi questa funzione (almeno nelle intenzioni del legislatore ) dovrebbe essere svolta dall’introduzione degli obblighi per il creditore di avviso dell’iscrizione a ruolo della procedura nei confronti del debitore e del terzo pignorato (art. 543 commi 5 e 6 c.p.c.).

1.Continuità nell’equilibrio dei pesi e contrappesi tra: efficienza della procedura esecutiva e la tutela dei diritti fondamentali degli esecutati, dipanando contestualmente i dubbi a favore della celere collocazione del bene e sulla fiducia del mercato

In questo gruppo si possono ricomprendere: i) la vendita diretta di cui agli artt. 568bis e 569 bis c.p.c.  (da alcuni chiamata assegnazione richiesta dal debitore o veloce esdebitazione); ii) la disciplina riordinata dell’ordine di liberazione del cespite pignorato, con anticipazione della liberazione per beni non occupati dal debitore (art. 560 c.p.c.) ; iii) la modifica della disciplina del reclamo per gli atti del Professionista delegato, ora blindati alla fase della vendita senza possibilità di minare le stabilità del decreto di trasferimento (art. 591ter c.p.c. per le procedure immobiliari e l’omologo art. 534ter c.p.c. per quelle mobiliari).

2.Esigenza di dare corpo alle Buone Prassi in materia esecutiva del Csm del 11.10.2017 aggiornate dalla Delibera del 7 dicembre 2021; così creando un “Ufficio della procedura esecutiva”, inteso come sinergia di Professionalità (giudice, custode e professionista Delegato).

 Vi rientrano: la nomina anticipata del custode con funzione di cooperazione alle attività dell’esperto stimatore e di consigliere del giudice dell’esecuzione nelle scelte liquidative (art. 559 c.p.c.); le funzioni del Professionista Delegato di celere e continua rendicontazione (art. 591bis c.p.c.), la funzione rafforzata del Professionista Delegato nell’attività di approvazione del piano di riparto (artt. 591bis ed artt. 596, 597 e 598 c.p.c.); l’esigenza di creare a cura del giudice dell’esecuzione modelli ed istruzioni – condivisi per ufficio – inerenti alla : delega, l’avviso di vendita, le relazione del professionista, il vademecum per la redazione del piano di riparto e per l’inserzione corretta di alcune poste sempre presenti nel riparto stesso: in primis le liquidazioni (artt. 559 c. 3, 570 ultimo comma, 591bis ultimo comma c.p.c.).

2.Una innovazione di carattere generale: il tramonto della formula esecutiva

La lett. a) del comma 12 dell’art. 1 della legge 206/2021, incaricava il legislatore delegato di abrogare la formula esecutiva e di disporre che per l’inizio dell’esecuzione forzata fosse sufficiente la copia conforme all’originale del titolo esecutivo.

L’attuazione di questa indicazione era tutt’altro che agevole, poiché la formula esecutiva ricorre più volte nel codice, sicché è stato necessario registrare più norme.

A differenza del principio generale contenuto originariamente nell’art. 35 c. 1. del d.lgs 149/2022, la legge 29 dicembre del 2022[1] intervenendo sul comma 8 di tale articolo ha previsto che le modifiche (ed abrogazioni) di cui agli artt. 475, 476, 478 e 479 c.p.c.: “si applicassero agli atti di precetto notificati successivamente al 28 febbraio 2023”[2].

Dal punto di vista contenutistico, in primo luogo il legislatore delegato ha ritenuto di conservare, in qualche misura, il contenuto (senza l’anacronistica sacralità) della spedizione in forma esecutiva, aggiungendo all’art. 474 c.p.c. un ultimo comma, nel quale si ribadisce che il titolo (esecutivo) è messo in esecuzione da tutti gli ufficiali giudiziari che ne siano richiesti e da chiunque spetti, con l’assistenza del pubblico ministero e il concorso di tutti gli ufficiali della forza pubblica, quando ne siano legalmente richiesti. Si può notare che, adattando il precetto all’attuale contesto normativo, il pubblico ministero non è più chiamato ad eseguire, ma ad assistere l’esecuzione.[3]

La traduzione della delega ha imposto inoltre la riscrittura, anche nel titolo, dell’art. 475 c.p.c., il quale non si chiama più “Spedizione in forma esecutiva”, ma “Forma del titolo esecutivo giudiziale o formato da notaio o altro pubblico ufficiale”.

Dunque, per la norma in questione: i titoli esecutivi, per legittimare l’esecuzione forzata “devono essere formati in copia attestata conforme all’originale, salvo che la legge disponga altrimenti”, precisandosi che questo vale sia per la parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l’obbligazione, che per i suoi successori (in analogia a quanto precedentemente previsto per la formula esecutiva a favore dei successori ex art. 475 c 2 cpc).

Il legislatore sembra aver fatto propri quei rilievi dottrinari volti a distinguere le due attività che inscindibilmente davano vita all’istituto di cui all’art. 475 cpc, ossia la “spedizione” e la “apposizione della formula”: la prima destinata a certificare l’esistenza del titolo nonché ad attestare la conformità della copia emessa all’originale; la seconda coincidente con l’apposizione del comando rivolto agli organi esecutivi.

Sincronicamente, risulta novellata anche la disposizione di cui all’art. 153 disp. att. c.p.c., che non è più dedicato al rilascio del titolo esecutivo”, ma alle modalità di rilascio dellacopia degli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale”, prevedendosi che, le copie degli atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale devono essere munite “del sigillo del notaio o dell’ufficio al quale appartiene l’ufficiale pubblico”, il che esclude – per questa categoria di atti –  la possibilità che la parte, quando previsto, possa attestare la conformità di un titolo all’originale, al fine di procedere esecutivamente.

L’eliminazione della necessità della spedizione in forma ha imposto l’abrogazione dell’art. 476 c.p.c. non avendo più ragion d’essere la disciplina – speciale e non fisiologica – del procedimento di rilascio delle altre copie in forma esecutiva. In pratica, la sufficienza dell’attestazione della conformità all’originale della copia, elimina del tutto ogni questione circa l’unicità o (l’eccezionale) messa in circolazione di più copie esecutive dello stesso titolo.

Sulla stessa falsariga, quale conseguenza necessitata dell’abrogazione della formula esecutiva, si è avuta la sistemazione dell’art. 479 c.p.c., nel quale si è dovuto prevedere che l’esecuzione debba essere preceduta, salvo che la legge non disponga diversamente, non già dalla notifica del titolo “in forma esecutiva”, bensì dalla notifica del titolo “in copia attestata conforme all’originale”.

Sul concetto di “attestazione di conformità, è opportuno ricordare come (già prima della novella in commento) fosse prevista per gli atti e titoli telematici: una disciplina ad hoc relativa al potere di attestazione degli atti a cura del difensore

In particolare, poteri di autentica dei difensori e degli ausiliari del giudice, risultano già previsti dall’art. 16bis comma 9bis del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221) e succ. modif., in cui si ritrovava fino ad oggi la disciplina degli atti processuali telematici.

Le norme suddette, infatti, contengono (rectius contenevano) da un lato la possibilità di estrazione a cura (tra l’altro) del difensore “con modalità telematiche, di duplicati, copie analogiche o informatiche degli atti e dei provvedimenti telematici del giudice, di cui al periodo precedente”, ma anche il potere di questi ultimi di “attestare la conformità delle copie estratte ai corrispondenti atti contenuti nel fascicolo informatico, i quali, così estratti, e muniti dell’attestazione di conformità, equivalgono all’originale”.

Il comma 16bis cit. risulta ora abrogato dall’art. 11 d.lgs 149/22, ma la disciplina anzi descritta ha trovato sede nelle norme di attuazione al codice di rito agli artt- 196-octies, novies, decies e duodecies, i quali riportano in modo (maggiormente) analitico e sistematico l’intero quadro recante i poteri di certificazione e di attestazione di conformità delle copie analogiche e digitali di atti a loro volta analogici o telematici.

Altra norma sulla quale è stato necessario intervenire è stato il secondo comma dell’art. 488 c.p.c. In realtà, la modifica ha interessato, per altri versi, anche il primo comma di detta norma nel senso che il fascicolo dell’esecuzione ormai è del tutto telematico, pertanto risulterebbe materialmente preclusa alla parte la possibilità di depositare l’originale del titolo esecutivo. Ciò ha richiesto un rimaneggiamento dell’art. 488, comma secondo, c.p.c., poiché in presenza di un fascicolo telematico, non aveva più senso l’originaria previsione per cui si riconosceva al creditore la facoltà, previa autorizzazione del Presidente del Tribunale o del giudice dell’esecuzione, di depositare, in luogo dell’originale, una copia autentica del titolo esecutivo, fermo restando l’obbligo di depositare l’originale, qualora richiesto (anche in considerazione del fatto che vi sono in circolazione ancora molti titoli non in copia digitale).

La nuova disposizione, invece, obbliga il creditore “a presentare” (dunque, verosimilmente, quanto meno ad esibire) l’originale del titolo esecutivo o la copia autenticata dal cancelliere o dal notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge, ogni qualvolta il giudice ne faccia richiesta.

Esistono poi, nel decreto legislativo, altre norme sulle quali si è intervenuto perché contenenti disposizioni sul titolo esecutivo: artt. 654 e 663cpc , nella parte in cui fanno riferimento alla formula esecutiva; art. 212 d.lgs 26 agosto 2016, n. 174, in tema di giurisdizione contabile; artt. 115 e 136 del D.lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (codice della giustizia amministrativa); art. 29 l. 31 dicembre 2012, n. 247 (in tema di accordo sui compensi professionali in sede di consiglio dell’ordine avvocati); art. 23, comma 9 bis d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. l. 18 dicembre 2020, n. 176 (nell’ambito delle misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19).

In sintesi, può concludersi sul punto come il legislatore, preso atto della dematerializzazione concreta da un lato dell’originale del titolo esecutivo giudiziale, dall’altro dello stesso fascicolo processuale, abbia abdicato al controllo relativo alla circolazione (dell’unica o di altra se autorizzata) copia esecutiva del titolo, rimettendo il controllo circa l’esaurimento della funzione del titolo alla parte interessata (debitore o giudice se risulti dagli atti) e della conformità dello stesso all’originale alla responsabilità in primis della difesa della parte creditrice ed in seconda battuta al potere del giudice di chiedere l’esibizione dell’originale (e del debitore di confutarne l’identità).

3.Una breve panoramica sulle modifiche più interessanti per la procedura esecutiva immobiliare

3.1 Il nuovo istituto della vendita diretta immobiliare

Il nuovo art. 568bis c.p.c., introdotto dal decreto legislativo 149/2022 (sulla base della all’art.1, comma 12, lett. n della legge delega n. 206 del 2021[4]), così recita: “ Il debitore, con istanza depositata non oltre dieci giorni prima della udienza prevista dall’articolo 569, primo comma, può chiedere al giudice dell’esecuzione di disporre la vendita diretta dell’immobile pignorato o di uno degli immobili pignorati per un prezzo non inferiore al valore indicato nella relazione di stima di cui all’articolo 173 bis, terzo comma delle disposizioni d’attuazione del presente codice. (c.1). A pena di inammissibilità unitamente all’istanza di cui al primo comma deve essere depositata in cancelleria, l’offerta di acquisto, nonché una cauzione non inferiore al decimo del prezzo offerto. L’istanza e l’offerta sono notificate a cura dell’offerente o del debitore almeno cinque giorni prima dell’udienza prevista dall’articolo 569 al creditore procedente, ai creditori di cui all’articolo 498 e a quelli intervenuti prima del deposito dell’offerta medesima. (c.2) L’offerta è irrevocabile, salvo che siano decorsi centoventi giorni dalla data del provvedimento di cui al secondo comma dell’articolo 569 bis ed essa non sia stata accolta. (c.3). A pena di inammissibilità, l’istanza di cui al primo comma non può essere formulata più di una volta. (c.4).[5]

        L’istituto della vendita nella sua intera disciplina costituisce sicuramente un novum all’interno degli strumenti di vendita processuale, ma nei vari snodi in cui la stessa si dipana presenta delle analogie con figure già esistenti.

         Il che ci permette di trovare risposte ad alcuni interrogativi che (come vedremo) si sono posti già all’indomani della pubblicazione del decreto legislativo.

Schematicamente sul punto, possiamo osservare quanto segue.

L’istituto della vendita senza gara, risulta già previsto nel nostro ordinamento per la vendita esattoriale ex art. 52, comma 2 bis, d.p.r. 29 settembre 1972, n. 602, come modificato d.l. 21 giugno 2013, n. 69 (c.d. Decreto del fare), convertito in l. 9 agosto 2013, n. 98, ancorché con l’adesione espressa dell’Agente di Riscossione che, considerando l’art. 54, è l’unico creditore agente della procedura.

Ipotesi di vendite a «schema libero» (ossia che si staccano dall’assioma procedimentale del codice di rito) le ritroviamo negli artt. 107 e 108 della L. F. (ora 216 e 217 c.c.i.i.) che prevedono procedure liquidative “competitive a schema libero”.

L’art.114 c.c.i.i. (in tema di concordato preventivo) dal canto suo, prevede la liquidazione attuata mediante procedure competitive disciplinate dal piano concordatario che culminano in un atto di trasferimento privatistico.

Un’ipotesi di offerente già individuato, ma con la possibilità di gara “eventuale”, viene descritta ora nell’art. 91 c.c.i.i. [6] che prevede offerte di acquisto di beni e aziende da parte di un soggetto già individuato in ambito concordatario, ma l’immanenza della necessaria competitività delle alienazioni in sede concorsuale, prevede la stimolazione del mercato esterno a depositare proposte concorrenti (a seguito di pubblicità dell’offerta a cura del giudice delegato): in caso di aggiudicazione dopo la gara, si addiverrà al trasferimento a mezzo di decreto, mentre se non si avranno offerte migliori, si perfezionerà il contratto con l’offerente a mezzo di strumento negoziale.

Per quanto attiene ai vari elementi della vendita telematica, possiamo affermare che la forma della istanza, sebbene ciò non sia esplicitato, preveda verosimilmente il ministero di un difensore, argomentandolo a contrario dall’art. 82, comma terzo c.p.c. (ossia dalla mancata previsione dell’avverbio: “personalmente”), nonché dall’onere di notifica addossato anche all’offerente dalla c. 2 dello stesso art. 568bis cpc[7].

Per quanto attiene al termine per la presentazione dell’istanza di vendita diretta, essa viene fissato in dieci giorni precedenti all’udienza. La perentorietà non viene indicata espressamente, ma deve considerarsi immanente nel sistema, in considerazione del valore sistematico funzionale di detto termine per i successivi adempimenti (notifica successiva al deposito) e per gli sviluppi conseguenti della procedura esecutiva[8].

La norma prevede il computo del termine a ritroso in rapporto all’udienza prevista dall’art. 569 c. 1 c.p.c., ossia all’udienza inizialmente fissata dal giudice dell’esecuzione nel decreto di cui all’art. 567 c. 2 c.p.c.[9] . La proposizione dell’istanza presuppone, però, come vedremo, l’esistenza di una perizia di stima depositata, pertanto il richiamo normativo non può essere inteso letteralmente ma funzionalmente, ossia come udienza in cui verosimilmente si disporrà la vendita. E’ chiaro, pertanto, che tale momento non potrà spostarsi surrettiziamente in avanti, ipotizzando un rinvio dell’udienza ex art. 569 c.p.c, al solo scopo di depositare l’istanza di cui all’art. 568bis c.p.c.

L’istanza, dal punto di vista contenutistico, dovrà contenere la richiesta di autorizzazione alla vendita ad un prezzo non inferiore al valore indicato nella perizia di stima, mediante un’offerta di acquisto irrevocabile per centoventi giorni [10], corredata della relativa cauzione prestata nella misura non inferiore al decimo del prezzo proposto[11].

L’istanza suddetta può essere presentata una sola volta, anche se dichiarata meramente inammissibile la volta precedente.

       La stessa deve essere notificata ai creditori ed in particolare: al creditore procedente, ai creditori di cui all’articolo 498 c.p.c. ed a quelli intervenuti prima del deposito dell’offerta medesima. Il termine per la notifica è individuato nei cinque giorni precedenti all’udienza di cui all’art. 569 c.p.c.. La norma tace sulle conseguenze per la carenza o per il ritardo della suddetta notifica; può desumersi però, da una lettura sistematica della norma che, in caso di notifica non tentata l’istanza debba essere considerata inammissibile, mentre in caso di notifica tentata ma senza esito positivo[12] oppure in caso di pretermissione di qualche creditore, debba assegnarsi un nuovo termine perentorio[13]; in caso di ritardo, invece, la costituzione degli interessati o comunque l’espletamento dei rilievi previsti dalla norma, possono far ritenere sanato il ritardo, mentre altrimenti se ne deve ricavare l’inammissibilità dell’istanza[14].

Il nuovo art. 569bis cpc, disciplina invece le modalità della vendita diretta.

In particolare, la norma prevede che nel caso di deposito dell’istanza ai sensi dell’articolo 568 bis c.p.c., il giudice dell’esecuzione, all’udienza di cui all’articolo 569 c.p.c., se il prezzo base determinato ai sensi dell’articolo 568 c.p.c. non è maggiore del prezzo offerto, valutata l’ammissibilità della medesima, provvede ai sensi del quarto e quinto comma.

Ove invece il prezzo base determinato ai sensi dell’articolo 568 sia maggiore del prezzo offerto[15], il giudice fissa un termine di dieci giorni per integrare l’offerta e la cauzione, adeguandole al prezzo base. Se l’offerta e la cauzione sono integrate entro tale termine, il giudice entro i successivi cinque giorni, valutata l’ammissibilità dell’offerta, provvede ai sensi del quarto e quinto comma.

Se l’offerta e la cauzione non sono integrate, il giudice dell’esecuzione, entro cinque giorni, dichiara inammissibile l’offerta e dispone la vendita nei modi e nei termini del terzo comma dell’articolo 569 c.p.c.. Nello stesso modo dispone nei casi in cui dichiara con decreto inammissibile l’istanza.

Tirando le fila del dettato normativo, possiamo ritenere che il giudice dell’esecuzione, ai fini dell’ammissibilità dell’istanza debba verificare: che l’istanza  sia depositata tempestivamente; che sia stata effettuata la notifica al ceto creditorio; che essa sia corredata dagli allegati sopra citati (offerta d’acquisto e cauzione a garanzia); in particolare il Giudice deve accertare che il prezzo offerto (con relativa cauzione) sia quantomeno uguale al prezzo base, ossia in prima battuta non inferiore a quello determinato dall’esperto ex art. 568 c.p.c., mentre ove in sede di udienza sia opportuno l’aumento del prezzo base, dovrà dare la possibilità di integrazione (dell’offerta e della cauzione) entro dieci giorni perentori.

Il giudice, ove dichiara inammissibile l’offerta anche per mancata integrazione, emette direttamente l’ordinanza di vendita senza nuovo contraddittorio.

I commi 4 e ss dell’art. 569bis c.p.c., delineano i possibili snodi della vendita diretta[16], in base al consenso dei creditori.

Nello specifico, ove i creditori titolati e quelli intervenuti di cui all’art. 498 c.p.c, esprimano il proprio consenso espresso o tacito entro l’udienza di vendita (ex art. 569 cpc) si addiverrà alla vendita (in pratica aggiudicazione) diretta (art. 569bis c. 4 c.p.c.)[17].

 In caso di mancato consenso di uno dei creditori di cui sopra (che la norma definisce atecnicamente come opposizione), avrà luogo la vendita con espletamento della gara sul prezzo offerto dall’offerente diretto (art. 569bis c. 5 c.p.c.).

Il termine ultimo per il dissenso è rappresentato dall’udienza disciplinata dall’art. 569 c.p.c.: ossia quella in cui – in contraddittorio – si discuta sull’istanza del debitore esecutato.

Nell’ipotesi di aggiudicazione diretta, il giudice dell’esecuzione procede all’aggiudicazione in corso dell’udienza di vendita, dando indicazioni circa le modalità di versamento del prezzo e del termine per effettuarlo (stabilito ex lege nel massimo di novanta giorni a pena di decadenza).

Si rinvia poi ai commi sesto, settimo, ottavo, nono e decimo, circa le modalità e adempimenti successivi ad aggiudicazione: le modalità saldo prezzo, le cause di decadenza, le dichiarazioni aggiudicatario e le modalità di trasferimento, le quali sono le medesime per sia l’aggiudicazione diretta (c. 4) sia per quelle o seguito di gara (c. 5)

Nel caso di vendita diretta con gara, il giudice dell’esecuzione con ordinanza: fissa un termine (massimo) non superiore a quarantacinque giorni per l’effettuazione della pubblicità, ai sensi dell’articolo 490 c.p.c., dell’offerta pervenuta e della vendita; fissa il termine di novanta giorni per la formulazione di ulteriori offerte di acquisto ad un prezzo non inferiore a quello dell’offerta già presentata, garantite da cauzione in misura non inferiore a un decimo del prezzo proposto; convoca il debitore, i comproprietari, il creditore procedente, i creditori intervenuti, i creditori iscritti e gli offerenti a un’udienza che fissa entro quindici giorni dalla scadenza del termine per il deposito delle offerte per la deliberazione sull’offerta e, in caso di pluralità di offerte, per la gara tra gli offerenti; dispone salvo che non sia pregiudizievole, l’utilizzo modalità telematiche art. 161ter disp. att. c.p.c..

In sintesi, possiamo dire che il giudice dell’esecuzione dispone le operazioni di vendita, ma con termini ridotti e con alcune particolarità che si possono schematizzare come segue:

  1. La pubblicità viene ristretta nei tempi di massimi quarantacinque giorni anche sul «Portale delle Vendite Pubbliche»[18].
  2. Il testo dell’avviso (specifico) dovrà dare conto del contenuto dell’offerta «diretta» e dovrà essere redatto nel termine indicato dal giudice in delega e comunque nel più breve tempo possibile[19].
  3. Dovrà esplicitarsi il termine di novanta giorni (che si deve intendere dalla pubblicazione dell’avviso) per il deposito delle offerte sul prezzo base fatto dall’offerente «diretto»;
  4. L’indicazione nell’avviso di vendita conterrà la data della successiva convocazione delle parti e degli offerenti dinnanzi al Professionista Delegato;
  5. Dovrà essere chiara la specificazione del termine di novanta giorni per il versamento del saldo prezzo a pena decadenza, con rimessione tempestiva al giudice dell’esecuzione (nel caso fisiologico di delega) per dichiarare la decadenza e l’introito cauzione (il richiamo all’art. 587 c.p.c. è esplicito) e per disporre la vendita ordinaria
  6. Si indicherà la possibilità di operare il trasferimento mediante la stipulazione di un atto notarile (se richiesto dall’aggiudicatario) nel termine indicato dal Giudice dell’esecuzione e ed indicando (eventualmente) dei criteri di scelta del Notaio.

 Come prevede l’art. 591bis c. 3 c.p.c. (in particolari ai commi 12 e 13 comma) le attività di vendita e quelle successive risultano fisiologicamente delegabili.

Nello specifico, in caso della vendita diretta senza gara, il c. 12 prevede che al giudice dell’esecuzione spetti l’aggiudicazione diretta, mentre possano essere delegate al Professionista: la riscossione del prezzo e le operazioni di distribuzione del ricavato; nonché le operazioni indicate ai numeri 10), 11) e 12) del terzo comma; in quanto compatibili, anche le attività dei commi dal 7) ad 11). Dunque risultano delegabili: tutte le attività di verifica del saldo prezzo, della raccolta delle dichiarazioni antiriciclaggio, della formazione della bozza di decreto di trasferimento (quando emesso) ivi comprese quelle dell’aggiornamento della certificazione urbanistica, dell’attività di voltura, registrazione, trascrizione del decreto di trasferimento (quando emesso), nonché quella di riparto.

Nell’ipotesi di vendita diretta con gara (c. 13) in caso di delega, l’aggiudicazione diviene un atto del Professionista Delegato; inoltre allo stesso sono delegabili: la redazione dell’avviso vendita (secondo modelli predisposi dal giudice dell’esecuzione[20]) inserendo le tempistiche diverse; la convocazione parti; la deliberazione sull’offerta; la tenuta della gara; nonché tutte le attività già elencate al precedente comma 12.

Coerentemente, in caso di aggiudicazione delegata, il mezzo impugnazione sarà quello dell’art. 591ter c.p.c.[21]

E’ utile chiarire come il concetto di “udienza per deliberazione su offerta o per gara” previsto dall’art. 569ter c. 5 n. 3, vada inteso in senso atecnico, quale convocazione 

Ove il prezzo non sia depositato nel termine stabilito, o in ogni altra ipotesi in cui il bene immobile non sia aggiudicato, il giudice dell’esecuzione con decreto dispone la vendita nei modi e nei termini già fissati ai sensi dell’articolo 569, terzo comma. c. 8 art. 569bis c.p.c. Pertanto non sarà necessaria una nuova comparizione delle parti per acclarare la decadenza e disporre la vendita ordinaria.

Di palmare evidenza, invece, rispetto al contenuto della delega, è lo scostamento nella formulazione degli artt. 568 e 569 c.p.c. (frutto del decreto delegato) nella parte in cui viene espunta la previsione della liberazione dell’immobile entro trenta giorni a pena di decadenza dell’istanza.

La ratio dello «scostamento» dalla delega viene espressamente indicato nella Relazione Illustrativa: in sintesi, la permanenza del debitore nel cespite[22], viene giustificata quale mezzo per superare due illogicità che altrimenti si sarebbero venute a creare:

1) con riferimento alla ipotesi di vendita con gara: erano plausibili i dubbi di legittimità costituzionale per la differenza con la disciplina attuale della liberazione nella vendita ordinaria.

2) nel caso di vendita diretta senza gara, sarebbe stata assente la giustificazione nel differenziare tale ipotesi da quella generale, anche in considerazione dei tempi (qui più) ristretti dell’aggiudicazione e la situazione sarebbe stata addirittura punitiva per l’offerente «non ostile».    

In tale mondo, verosimilmente si è recuperata la scarsa (altrimenti) appetibilità dell’istituto.

L’atto di trasferimento all’esito della vendita è forse l’aspetto che allo stato merita la maggiore attenzione.

Nella prima stesura della legge delega si parlava, in proposito, di termine entro il quale il prezzo doveva essere versato e l’atto di trasferimento «stipulato».

La legge delega[23], dal canto suo, così recita “il giudice … ordina la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie ai sensi dell’articolo 586 del codice di procedura civile”.

Non si faceva riferimento, dunque, al decreto di trasferimento, ma si esplicitava ciò che doveva sempre rimanere di competenza del giudice dell’esecuzione.

Il decreto attuativo – con l’art. 569bis c. 9 c.p.c. – invece è esplicito sul punto, affermando che: “Avvenuto il versamento del prezzo, il giudice dell’esecuzione pronuncia il decreto con il quale trasferisce il bene all’aggiudicatario”.

Dunque, il trasferimento del diritto avviene tramite provvedimento giurisdizionale, ovvero mediante decreto di trasferimento, in entrambe le ipotesi di aggiudicazione, a meno che, però – sempre in entrambe le ipotesi – non intervenga l’istanza dell’aggiudicatario

Su istanza dell’aggiudicatario, infatti, il giudice: “autorizza il trasferimento dell’immobile mediante atto negoziale e ordina, contestualmente alla trascrizione di quest’ultimo, la cancellazione delle trascrizioni dei pignoramenti e delle iscrizioni ipotecarie ai sensi dell’articolo 586. Il notaio stipulante trasmette copia dell’atto al cancelliere o al professionista delegato, che provvedono al deposito nel fascicolo della procedura” (art. 569bis c.p.c. ultimo comma).

      Al di là delle precisazioni necessarie in delega (o anche con atto successivo)[24], in questo caso gli interpreti si sono chiesti se si debba parlare (in questa ipotesi) di vendita forzata o al contrario di vendita negoziale.

Le conseguenze sono sicuramente rilevanti in relazione alla disciplina ed agli effetti della vendita (ad esempio in caso di vizi della res venduta; di garanzia per evizione; di opponibilità delle; di cessioni e liberazioni di fitti ecc.; nonché in caso di abusi urbanistico/edilizi).

Nello specifico, per ciò che attiene ai rimedi ed alla tutela dell’aggiudicatario, la qualificazione della fattispecie nell’ambito della vendita forzata implica: a) la tutela di cui all’art. 2921 c.c. (per evizione); l’applicazione dell’art. 2923 c.c. (opponibilità delle locazioni anche in base al prezzo) nonché dell’art. 2924 c.c. (cessioni e locazioni di fitti); b) l’esclusione dei rimedi per vizi  del bene prevista all’art. 2922 c.c. (esclusione della garanzia per i vizi, di cui all’art. 1490 c.c., che viene estesa anche alla mancanza di qualità di cui all’art.1497 c.c.), tranne per l’ipotesi di aliud pro alio e per alcune ipotesi di cui all’art.1489 c.c. (sussistenza di oneri o diritti di godimento dei terzi sulla cosa che non siano stati indicati negli atti della procedura), nonché la tutela di carattere risarcitorio.

Al contrario lo spostamento nell’alveo della vendita privatistica, determinerebbe: l’applicazione dell’art. 1490 c.c. (vizi della cosa venduta) e dell’art. 1497 c.c. (qualità promesse ovvero essenziali per l’uso a cui è destinata) e così via.

La natura coattiva o negoziale della vendita comporta anche altre implicazioni, previste da discipline extracodicistiche.

      In particolare, l’art.46, comma 5, d.p.r. n. 380/2001 (T.U. Edilizia), esclude la nullità per gli atti derivanti da procedure esecutive individuali e concorsuali per mancanza di riferimento dei titoli edilizi; la stessa norma prevede la sanatoria per l’aggiudicatario, ossia la riapertura dei termini dei pregressi condoni a condizione che l’abuso risalga all’epoca contemplata dagli stessi e che anche il credito fatto valere risalga a quell’epoca.

    Oltre a ciò, in caso di vendita negoziale (al contrario della vendita coattiva), vi sarà la necessità della produzione documentale (quanto meno) al momento della stipula dell’atto di una serie di documenti, ossia: a) l’allegazione, a pena di nullità, del certificato di destinazione urbanistica. come previsto dall’art.30 T.U. cit. e della dichiarazione di conformità catastale introdotta dal d.l. n.78/2010; b) l’allegazione dell’attestato di prestazione energetica (art. 6 del d.lgs. 192/2005, come modif. d.l. 23.12.2013, conv. in l. 21.02 2014, n. 9, e dall’art. 34, comma 1, lett. a) e b), d.lgs 21. 11.2014, n. 175).

Ecco perché occorre rispondere all’interrogativo circa la natura della vendita in caso di trasferimento per atto notarile.

L’interrogativo fondamentale da porsi è se il trasferimento con atto negoziale sia compatibile con la natura della vendita forzata o la snaturi.

E’ fondamentale in questo caso tener presente come si sia pronunciata la giurisprudenza in ipotesi che (come prima evidenziato) presentano delle analogie con la fattispecie in esame.

Per la Suprema Corte, la vendita forzata ha natura complessa che “si articola nell’incontro della volontà negoziale di una sola parte, cioè dell’acquirente, con una disposizione coattiva emessa dall’organo giurisdizionale che procede alla vendita”[25], inoltre la stessa: “non può essere regolata sic et simpliciter dalla disciplina di quella volontaria (a cominciare da quella in tema di interpretazione, ma per proseguire con quella in tema di vizi della volontà o validità del vincolo negoziale): i suoi stessi effetti restano regolati da una disciplina speciale, nella quale si ravvisano soltanto alcuni dei principi generali della vendita volontaria, assorbiti e coordinati in vista delle esigenze pubblicistiche del procedimento – esecutivo – in cui essa si inserisce”[26].

In senso ancora più esplicito, la giurisprudenza ha affermato che: “«La vendita forzata non ha natura negoziale, ma costituisce attività che si svolge nell’ambito di un processo e sotto la direzione del giudice dell’esecuzione, sicché il creditore  non assume obbligazioni dirette, di natura contrattuale o precontrattuale, nei confronti dell’aggiudicatario; ne consegue che non è configurabile, in caso di mancato trasferimento del bene aggiudicato, una loro responsabilità contrattuale ex artt. 1218 e ss. c.c. o precontrattuale ex artt. 1337 e 1338 c.c., fermo restando il dovere di “neminem laedere” sanzionato dall’art. 2043 c.c.”[27].

      Orbene, a parere di chi scrive queste caratteristiche non possono ritenersi venire meno a causa dell’uso dello strumento privatistico di trasferimento.

Come già anticipato, è possibile trovare un’analogia in ambito fallimentare, nell’art. 107 l. fall. (oggi 216 c.c.i.i.).

La giurisprudenza anche con riferimento a detta norma – che unitamente all’art. 108 l. fall. (oggi 217 CCI), disciplina una vendita innanzi al curatore (non quale delegato e con modalità competitive da questi individuate) – chiarisce che la cessione di beni nel fallimento, pur realizzandosi con uno strumento privatistico, resta comunque di natura forzata, realizzandosi pur sempre per il tramite di un trasferimento coattivo[28]; pertanto, nel caso in cui l’oggetto di vendita in sede fallimentare risulti affetto da vizi redibitori, non è configurabile la garanzia prevista dall’art. 1490 cod. civ., neppure se la vendita abbia avuto luogo ad offerte private”[29]; sempre a questo proposito, è stato chiarito che: “ogni vendita effettuata in sede concorsuale è, invero, vendita giudiziaria atteso che le alienazioni fallimentari prescindono dal consenso e da qualsiasi attività del debitore”[30].

E’ illuminante, come – sempre in ambito fallimentare, in tema di art 182 l.fall.  ora art. 57 CCI (accordi di ristrutturazione) – la giurisprudenza ne ha individuato la natura concorsuale/coattiva sui seguenti indici: a) una qualsivoglia forma di interlocuzione con l’autorità giudiziaria, con finalità quantomeno “protettive” (nella fase iniziale) e di controllo (nella fase conclusiva); b) il coinvolgimento formale di tutti i creditori, quantomeno a livello informativo; c) una qualche forma di pubblicità (nel senso di conoscenza per i potenziali interessati)[31]. Siffatte caratteristiche possono riscontrarsi facilmente anche nella vendita diretta.

Infine indici della “coattività” della vendita anche in caso di utilizzo dello strumento privatistico, si rinvengono nella stessa dizione e nell’impianto normativo: non si parla più di stipula come nella prima versione della legge delega; l’atto entra nel fascicolo dell’esecuzione: pertanto al giudice dell’esecuzione competerà il controllo del contenuto dell’atto, anche perché altrimenti non potrebbe disporre cancellazione delle trascrizioni ed iscrizioni[32].

Senza contare inoltre come: l’altro contraente non sia il debitore (che subisce l’esecuzione); il prezzo non lo determinano le parti, ma il mercato; l’atto stipulato entra nel fascicolo dell’esecuzione ed il contenuto deve essere congruente con quanto aggiudicato (forzosamente). Sarebbe inoltre distonico con il sistema ipotizzare che l’aggiudicatario possa mutare volontariamente il regime della tutela a lui spettante, senza il consenso del creditore.

3.2.  La figura del custode e l’ordine di liberazione

Le modifiche apportate dal decreto legislativo n. 149/2022 hanno toccato – in modo sinergico e coerente tra loro – anche gli istituiti della custodia dell’immobile e della liberazione del cespite pignorato (artt. 559 e 560 c.p.c.).

A seguito della modifica, la regola diviene la nomina anticipata del custode: al di là dello stato di occupazione del cespite e senza la necessità di istanze o di accertamento di violazioni (art. 559 c. 2 c.p.c.).

L’eccezione a tale nomina rappresenta una clausola di salvezza per situazioni eccezionali e dall’àmbito applicativo limitatissimo (“Salvo che la sostituzione nella custodia non abbia alcuna utilità ai fini della conservazione o della amministrazione del bene o per la vendita”).

Il momento della nomina coincide con la contestuale altra nomina dell’esperto stimatore, la quale avviene nel corpo del decreto di fissazione dell’udienza ex art. 569 c.p.c.

I soggetti nominabili sono l’Istituto Vendite Giudiziarie ed (esclusivamente) ed i professionisti inclusi nell’elenco previsto e disciplinato dall’art. 179 ter disp. att. c.p.c.

  La novella opera anche una sistemazione organica dei compiti del custode, consistente: nella esplicitazione dei compiti cd: “classici” di amministrazione – gestione- liquidazione (art. 560 c. 5); nel chiarimento di quelli collegati ai predetti compiti: locazione; azioni per ottenere la disponibilità del cespite (art. 560 c. 2 e c. 5); nell’indicazione dei nuovi compiti: quali l’ausilio al custode e gli speciali obblighi informativi al giudice dell’esecuzione (art. 559 c. 3).

Come contrappeso viene rafforzata la risposta all’inosservanza degli obblighi, ossia la revoca della nomina del custode e la sostituzione dello stesso (art. 559 c.p.c., ultimo comma).

Per ciò che concerne l’ordine di liberazione (art. 560 c.p.c.), la relazione illustrativa al decreto chiarisce quali siano gli aspetti su cui si è voluto incidere, ossia: i presupposti ed i tempi dell’emissione dell’ordine di liberazione, nonché le modalità della sua attuazione.

Rimane comunque  il regime differenziato di liberazione a seconda dell’occupazione o meno dell’immobile da parte del debitore esecutato, che lo abiti quale abitazione principale e da data antecedente al pignoramento[33].

    Al contrario, di regola l’immobile ove occupato da terzi che non vantino titolo opponibile alla procedura esecutiva deve essere liberato al momento dell’udienza ex art. 569 c.p.c..

Dunque, con recezione delle Buone Prassi proposte dal CSM è stata generalizzata ed esplicitata la doverosa emissione dell’ordine di liberazione anticipata al momento dell’emissione dell’ordinanza di delega quale momento ultimo in caso di bene non abitato del debitore esecutato.

Ove il cespite, invece, sia abitato dal debitore si continua ad applicare l’eccezionale statuto di protezione a favore dello stesso.

In questo caso, la regola comporta che il debitore non perda il possesso dell’immobile e vi permanga fino alla emissione del decreto di trasferimento (ossia la liberazione viene pronunciata al momento dell’emissione del decreto suddetto).

Lo status di favore viene meno in caso di determinati comportamenti del debitore esecutato ossia: ove ostacoli il diritto di visita di potenziali acquirenti; ove non tuteli adeguatamente l’immobile pignorato o non lo mantenga in uno stato di buona conservazione; o violi gli altri obblighi che la legge pone a suo carico; in tali casi la liberazione dovrebbe avvenire il  prima possibile (si parla in tale ipotesi più che di liberazione “sanzionatoria”, di liberazione per perdita del bilanciamento degli interessi in gioco).

Dunque vengono confermate le violazioni “rilevanti” che giustificano (e giustificavano anche nella versione precedente della norma in commento) l’emissione anticipata dell’ordine di liberazione, viene chiarito il perimetro di dette violazioni: quali obblighi propter rem (dunque non personali del debitore, seppur occasionati dall’immobile)[34] e pregiudizievoli (cioè idonei a ledere l’interesse della procedura a realizzare il miglior risultato economico: diminuendo il valore dell’immobile o determinando una minore appetibilità di esso, o a recare danno all’aggiudicatario, facendo insorgere costi destinati a gravare a suo carico).

Allo stesso tempo, viene ampliato il ventaglio di dette violazioni, inserendovi l’impedimento (non tipizzato) alle attività degli ausiliari del giudice (considerato pregiudizio in re ipsa agli interessi della procedura esecutiva).

Dalla lettura della norma si evince come la violazione sia rilevante ove il pregiudizio si verifichi al di là del soggetto materialmente responsabile; viene eliminata inoltre la dizione “per colpa o dolo del debitore e dei membri del suo nucleo familiare”: pertanto può asserirsi che sebbene la colpa rimanga elemento necessario di imputazione della violazione, l’onere di provare la mancanza di essa spetterà al debitore.

Il custode viene confermato come specifico soggetto attuatore della liberazione, al di fuori (sempre) dell’applicazione delle norme ordinarie di cui agli art. 605 e ss.

Il provvedimento viene ora esplicitamente dichiarato opponibile con l’opposizione agli atti esecutivi (617 c. 2 c.p.c.)

La liberazione del cespite a carico della procedura esecutiva torna (come prima delle novelle del 2019 e 2020) ad essere la regola, tranne in caso di esenzione esplicita (ossia scritta) dell’aggiudicatario.

Con la chiara dizione (art. 560 c. 8 c.p.c.): “Il giudice dell’esecuzione ordina la liberazione dell’immobile  abitato  dall’esecutato convivente col nucleo  familiare  al  momento  in  cui  pronuncia  il decreto di trasferimento”, si chiarisce l’autonomia dell’ordine di liberazione rispetto alla ingiunzione generale (a favore dell’aggiudicatario) contenuta nel decreto di trasferimento[35].

Secondo l’art. 560 ultimo comma c.p.c. “Il custode attua il provvedimento di liberazione dell’immobile pignorato secondo le disposizioni del giudice dell’esecuzione immobiliare (…) successivamente alla pronuncia del decreto di trasferimento nell’interesse dell’aggiudicatario o dell’assegnatario”.

Dunque, la liberazione a cura della procedura può essere disposta sino all’emissione del decreto di trasferimento, mentre dopo il decreto di trasferimento è legittimata (solo) l’ultrattività liberatoria del custode nell’interesse del nuovo proprietario (in analogia a quanto era previsto dalla novella 2016)[36]

Il provvedimento di liberazione, inoltre, rappresenta un’attività provvedimentale separata (anche ove – secondo qualcuno- ancora contenuta materialmente nel corpo del decreto di trasferimento).

A differenza della precedente “versione”, il testo riformato non contiene più la previsione esplicita della notifica dell’ordine di liberazione nei confronti del debitore esecutato[37], né dei terzi occupanti sine titulo[38].

La notifica o comunque la comunicazione dello stesso determina, però, il dies a quo del termine per proporre impugnazione avverso l’ordine suddetto (art. 617 c. 2 c.p.c), pertanto è opportuna, ove l’ordine non venga emesso in udienza, la notifica del provvedimento o la comunicazione (anche brevi manu) dello stesso a cura del custode.

Infine, il legislatore delegato elimina qualsiasi indicazione circa il termine iniziale e finale per attuare la liberazione disposta contestualmente al decreto di trasferimento: scompare infatti il termine dilatorio (di sessanta giorni) collegato alla notifica, nonché quello acceleratorio (di 180 giorni).

Resta intatto, ovviamente, il potere di governo del processo ad opera del giudice dell’esecuzione (art. 487 c.p.c.), onde stabilire la tempistica della liberazione, comunque in maniera tale da non ritardare la definizione della procedura e di inserirne i relativi costi nel progetto di distribuzione.

3.3 Il ricorso al giudice dell’esecuzione durante l’attività delegata

La novella ha modificato (si potrebbe aggiungere finalmente) il contenuto dell’art. 591 ter c.p.c, intestato al :“Ricorso la giudice dell’esecuzione”[39].

 In sintesi: il Professionista delegato ove sorgano difficoltà nelle operazioni di vendita si rivolge al giudice dell’esecuzione che provvede con decreto.

D’altro canto, gli atti del Professionista delegato (emessi durante le operazioni di vendita) sono reclamabili dalle parti e dagli interessati, nel termine perentorio (a pena di inammissibilità ex lege) di venti giorni dal compimento dell’atto o dalla sua conoscenza.

Il reclamo viene deciso dal giudice dell’esecuzione con ordinanza.

Avverso la stessa è ammessa l’impugnazione nei termini e nei modi previsti dall’art. 617 c. 2 c.p.c.

Dunque, per la prima volta, dai vari rimaneggiamenti subiti dalla norma in questione, la proposizione delle doglianze subisce uno sbarramento temporale: l’atto del delegato è reclamabile esclusivamente nei venti giorni successivi alla conoscenza legale o di fatto dello stesso. Al di là di ciò, gli interessati non possono far più valere le doglianze avverso gli atti di vendita emessi dal Professionista Delegato.

Nella stessa logica di stabilizzazione, l’ordinanza emessa dal giudice dell’esecuzione, se non impugnato ex art. 617 c. 2 c.p.c., resta ormai fermo[40].

Dunque, risulta chiaro l’intento legislativo: impedire la propagazione dei motivi di doglianza della vendita alla fase successiva di trasferimento dell’immobile.

Si è chiarito però, ad opera dei primi commentatori, che tali preclusioni non potranno toccare il potere di verifica di ufficio del giudice dell’esecuzione (ed il conseguente potere di revoca degli atti del Professionista ivi compresa l’aggiudicazione) ove risulti la violazione delle regole di tenuta della vendita[41]

Volontariamente, non risulta disciplinato il regime impugnatorio del decreto emesso dal giudice dell’esecuzione, in caso di istanza rivoltagli dal Professionista Delegato. Si deve ritenere che, salvo ove si tratti di mero atto interlocutorio, esso sia impugnabile con il rimedio generale per gli atti esecutivi, di cui all’art. 617 c.2 c.p.c.[42].

4.Alcuni rilievi conclusivi

 Gli interventi testè esaminati possono essere salutati con favore, poiché ben ponderati in quanto vagliati dai diversi gruppi lavoro, che hanno lavorato alla bozza di decreto legislativo.

  Pertanto il legislatore delegato si è mosso in un’ottica di chiarificazione e sistemazione della disciplina nuova e precedente; nonché in linea con il parere offerto dal CSM (Disegno di legge governativo di riforma del processo civile: parere sulle ricadute in materia di amministrazione della giustizia – Delibera del 15 settembre 2021).

      Al contrario, seppur non oggetto specifico della presente trattazione, può sollevarsi qualche rilievo critico per le norme non passate per l’iter legislativo: legge delega – decreto attuativo.

     In particolare, vengono in rilievo le norme di diretta applicazione in base alla legge delega del 26.11.2021 n. 206 recanti modifiche: a) all’art. 545 c.p.c. (nuovi oneri di notifica in capo al creditore procedente); b) all’art. 26bis c. 1 c.p.c. (in materia di competenza per i pignoramenti mobiliari presso il terzo debitore, nei confronti delle pubbliche amministrazioni); ambedue le novelle stanno creando consistenti dubbi interpretativi, per gli operatori del diritto.

      Alla stessa stregua, la modifica dell’art. 179ter disp. att. c.p.c. (che disciplina l’elenco tra cui possono essere nominati i Professionisti Delegati) è stata introdotta direttamente nel decreto delegato, senza previa indicazione nella legge delega.

      La stessa, quanto meno in prima battuta, sta creando problemi interpretativi ma anche di concreta applicazione, in relazione alle condizioni per l’iscrizione degli elenchi.

      In primis dal punto di vista soggettivo, in quanto viene richiesto: “ il certificato o dichiarazione sostitutiva di certificazione di residenza nel circondario del tribunale” (e non di circondario) restringendo dunque territorialmente il campo di attività professionale dei delegati; dall’altro sui criteri necessari per dare atto di “una specifica competenza tecnica nella materia  dell’esecuzione  forzata”, in base agli indici previsti dalla norma e che (quanto meno in sede di prima iscrizione) possono essere di complicata interpretazione e di ardua attuazione.


[1] Che ha modificato ed anticipato al 28 febbraio 2023 l’entrata in vigore dell’intera novella legislativa.

[2] Ciò ha determinato il quesito relativo al regime da applicare per gli atti esecutivi formatisi prima del 28 febbraio 2023, ma azionati con precetto notificato successivamente a tale data. L’inesistenza di una norma intertemporale e la risoluzione giurisprudenziale di ipotesi simili verificatesi nel tempo, porta verosimilmente a concludere che la nuova disciplina si applichi anche ai titoli formatisi antecedentemente al 28.02.203, ma azionati con precetto notificato successivamente a tale data. Si veda per una disamina accurata: FABIANI, PICCOLO, L’abrogazione della Formula esecutiva e le problematiche di diritto transitorio e intertemporale, su CNN Notizie, n. 42 del 6.03.2023, si veda anche – in modo maggiormente dubitativo – CAPPONI, Un dubbio sul regime transitorio della riforma degli artt. 475, 476, 478, 479 c.p.c., in Judicium del 27.01.2023.

[3] Per una disamina approfondita si veda D’ALONZO, Riforma dell’esecuzione forzata: novità per creditori, debitori e mercato, su in executivis del 25 ottobre 2022.

[4] In alcuni casi, sfruttando la portata elastica di alcune previsioni in delega, in altri casi scostandosene leggermente ma motivatamente.

[5] La disciplina della vendita diretta è applicabile (come la generalità degli istituti portati dalla novella legislativa in commento) ai procedimenti esecutivi iniziati dopo il 28.02.2023, ossia per i pignoramenti notificati dall’1.03.2023.

[6] Già introdotta per la prima volta nel nostro ordinamento attraverso l’art.163-bis l.f. con la l. n. 132/2015.

[7] Nello stesso senso R. D’ALONZO, opera cit.

[8] Sul concetto di perentorietà non espressa ma sistematico/funzionale, si veda per tutte Cass. S.U., 12/01/2010, n. 262. Nello stesso senso, si veda anche E. MERCURIO La vendita diretta. Riflessioni minime a margine dello schema di decreto legislativo di attuazione della legge delega di riforma del processo civile, in questa rivista, il 12.12.2022.

[9] In cui viene nominato anche l’esperto e secondo la novella del 2022 (ma già per prassi della maggior parte degli uffici giudiziari) anche il custode giudiziario.

[10] In analogia, dunque, con quanto previsto dall’art.571, terzo comma, c.p.c. per tutte le offerte di acquisto. Nel caso specifico, ove la richiesta rimanga inevasa per più di 120 giorni, sarà ritenuta revocabile.

[11] Nulla viene detto a proposito delle modalità di versamento di tale cauzione, ma l’analogia evidente con l’art. 571 c.p.c., presuppone verosimilmente che esse andranno indicate nell’ordinanza di delega, con modalità che assicurino con certezza la messa a disposizione della provvista.

[12] Ciò conformemente al principio di scissione degli effetti della notifica tra notificante e destinatario, individuato da Corte Cost. 26.11.2002 n. 477.

[13] Per il caso di notifica perfezionata solo ad alcuni dei litisconsorti, si veda Cass. nn. 17828/2002, 2981/2002.

[14] Così, anche E. MERCURIO, opera cit.

[15] L’ipotesi si potrebbe verificare nel caso in cui il giudice (peritus peritorum) all’udienza ritenga eccessivamente bassa la valutazione dell’esperto, oppure troppo cospicui gli abbattimenti effettuati per le ragioni previste nell’incarico peritale.

[16] Il decreto delegato sul punto costruisce, sulle previsioni unitariamente previste dalla legge delega, diversi scenari in base al consenso delle parti.

[17] L’art. 569 c. 4 così recita: “…in assenza di opposizione dei creditori titolati e di quelli intervenuti di cui all’articolo 498 da proporsi in ogni caso entro l’udienza di cui all’articolo 569, aggiudica l’immobile all’offerente. Si applicano il sesto, settimo, ottavo, nono e decimo comma”.

L’ipotesi dell’aggiudicazione diretta, risulta leggermente praeter legem, ma la ratio è esplicata nella relazione illustrativa , in cui tale ipotesi viene configurata come << …un procedimento di vendita diretta a prezzo base senza la procedura competitiva in caso di accordo dei creditori titolati e di quelli indicati dall’articolo 498 c.p.c., manifestato anche tacitamente mediante mancata opposizione; questa soluzione offre al debitore un istituto appetibile, alternativo alla vendita ordinaria, senza alterare gli equilibri e senza pregiudicare gli interessi delle parti nel processo esecutivo.>> 

[18] Il termine della pubblicità verrà determinato dal giudice dell’esecuzione, ma comunque in misura idonea a determinare la conoscenza della vendita al mercato degli offerenti.

[19] La fattispecie di vendita di cui all’art. 569bis cpc rientra comunque previsione generale inserita dal d.lgs. 149/22 all’interno dell’art. 591bis cpc: ossia il doveroso espletamento a cura del Professionista Delegato di tre tentativi entro l’anno (art. 591bis c. 1 ultimo periodo c.p.c.).

[20] Come previsto dall’art. 570 c.p.c. ultimo comma, anch’esso novellato dal D.lgs. 149/2022.

[21] Come si accennerà nel seguito della presente trattazione anche tale norma è stata oggetto di modifica.

[22] Ove sussistano i requisiti di cui all’art. 560 c.p.c.

[23] L. 206/2021, cit.

[24] Circa il termine ultimo per stipulare l’atto e le indicazioni (minime) per la scelta del Notaio.

[25] Così, Cassazione civile sez. III, – 02/04/2014, n. 7708.

[26] Cassazione civile sez. III, – 02/04/2014, n. 7708, cit.

[27] Cassazione sez.  III, -26/08/2020 n. 17814.

[28] In tal senso si possono richiamare: Cassazione civ., 23-09-2003, n. 14103; Cassazione civ., 6-9-2006, n. 19142.

[29] Cassazione civ. n. 28984 del 10/12/2008.

[30] Così, Cassazione civ. 16/05/2018 n. 11957.

[31] Cassazione civ.19/06/2018, n.16161

[32] La dizione in base a cui il giudice ordina: «contestualmente alla trascrizione di quest’ultimo la cancellazione delle trascrizioni ed iscrizioni…” implica l’ineludibile vigilanza sull’atto la cui trascrizione deve avvenire contestualmente alle cancellazioni indicate.

[33] La tutela di favore per il debitore esecutato che abbia l’abitazione principale nel cespite pignorato è stata introdotta dal Legge n.  12 del 2019, con i chiarimenti portati dalla L. n. 8 del 2020.

[34] Esplicita in tal senso la Relazione Illustrativa al decreto legislativo 149/022.

[35] La dizione precedente: «il custode provvede all’attuazione del provvedimento di cui all’articolo 586, secondo comma…»), aveva dato adito a dubbi circa l’autonomia del comando rispetto a quello contenuto nel decreto di trasferimento, nonché (risolto il dubbio della diversità ontologica degli atti) del provvedimento materiale in cui l’ordine dovesse essere inserito.

[36] Si veda, RUSSO, La disciplina degli artt. 559 e 560 c.p.c., alla luce del d.lgs. 149 del 2002: la conferma e l’ampliamento dei poteri del custode, Studio (notarile) 8-2023, in corso di pubblicazione.

[37] Come nelle versioni del 2019/2020, in cui tale adempimento segnava anche il temine dilatorio per procedere alla liberazione a cura della procedura. 

[38] Come prevedeva la novella del 2016.

[39] La norma in parola attiene alla procedura prettamente immobiliare, la norma speculare in materia mobiliare di cui all’art. 534ter c.p.c. (sebbene da sempre di maggior impatto rispetto all’omologa previsione immobiliare) è stata anch’esso oggetto di rimodulazione.

[40] Al pari di come era previsto dalla riforma del 200572006, ante novella del 2016 (vigente sino al 28.02.2023).

[41] In ossequio, tra l’altro ai principi che regolano gli effetti delle nullità degli atti esecutivi per l’aggiudicatario di cui all’art. 2929 c.c.

[42] Si veda sul punto CAVUOTO, Il regime degli atti del Professionista nell’espropriazione immobiliare delegata, tra novità e ritorni al passato, Studio (notarile) n. 6-2023, in corso di pubblicazione.

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