di Cristina Marzagalli

  1. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea in cifre

 Al fine di descrivere la portata dell’attività della Corte, si riportano alcuni dati che la tratteggiano, senza necessità di commenti a corredo.

Riguardo i fascicoli della Corte…

– 772 fascicoli definiti nel 2021

– 838 fascicoli aperti nel 2021

– 24 132 sentenze e ordinanze rese a decorrere dalla sua creazione nel 1952

Riguardo i fascicoli del Tribunale…

– 951 fascicoli definiti nel 2021

– 882 fascicoli aperti nel 2021

– 16 448 sentenze e ordinanze rese a decorrere dalla sua creazione nel 1989

 Riguardo il personale…

– 2 247 persone : 1 355 donne (60 %), 892 uomini (40 %)

– Servizi  linguistic: 981 persone (dont 616 giurisiti linguisti e 71 interpreti)

– Età media: 46 anni

– Membri della Corte : 9 donne e 30 uomini

– Membri del Tribunale: 16 donne e 34 uomini

Riguardo le lingue…

– Lingue di procedura : 24

(BG ES CS DA DE ET EL EN FR HR IRL IT LV LT HU MT NL PL PT RO SK SL FI SV)

– 552 combinazioni linguistiche

Riguardo il budget…

– 465 milioni di euro per l’esercizio 2021

2. Rassegna di giurisprudenza dell’ultimo trimestre in materia di MAE

Corte di Giustizia, Grande Sezione, 22 febbraio 2022, sentenza nelle cause riunite C-562/21 PPU e C-563/21 PPU (Mandato d’arresto europeo – diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale – motivo ostativo alla consegna – rischio di violazione del diritto a causa di carenze sistemiche o generalizzate riguardanti l’indipendenza del potere giudiziario nello Stato membro di emissione)

Il rechtbank Amsterdam (tribunale di primo grado di Amsterdam) deve pronunciarsi sull’esecuzione di due mandati d’arresto europei emessi dalle autorità polacche il 6 aprile 2021 e il 7 aprile 2021 nei confronti di due cittadini polacchi, che si trovavano nei Paesi Bassi e che non hanno acconsentito alla consegna

Il rechtbank rileva la sussistenza di un possibile motivo ostativo alla consegna dei ricercati alla Polonia, osservando che dal 2017 in Polonia sussistono carenze sistemiche o generalizzate incidenti sul diritto fondamentale a un equo processo e a un giudice precostituito per legge. Tali carenze risulterebbero, in particolare, dal fatto che i giudici polacchi sono nominati su proposta della Krajowa Rada Sądownictwa (Consiglio nazionale della magistratura, Polonia; in prosieguo: la «KRS») la quale, secondo la risoluzione adottata nel 2020 dal Sąd Najwyższy (Corte suprema, Polonia), non è più un organo indipendente [1]. Dal momento che giudici nominati su proposta della KRS avrebbero potuto partecipare al procedimento penale conclusosi con la condanna di una delle due persone interessate o potrebbero essere chiamati a conoscere della causa penale dell’altra persona interessata, il giudice del rinvio ritiene che sussista un rischio reale che i prevenuti subiscano, in caso di consegna, una violazione del loro diritto a un giudice indipendente precostituito per legge.

Il rechtbank chiede dunque alla Corte se le carenze strutturali del sistema giudiziario polacco siano tali da implicare in se stesse una violazione del diritto a un processo equo, garantito dall’articolo 47, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali; e se l’autorità di esecuzione olandese dovrebbe rifiutare la consegna degli interessati ai fini dell’esecuzione di una misura privativa della libertà all’esito dell’esame in due fasi [2], che è stato sancito dalla Corte nel contesto di una consegna sulla base dei MAE.

La Corte, riunita in Grande Sezione, risponde che, se l’autorità giudiziaria chiamata a decidere sull’esecuzione di un MAE dispone di elementi attestanti l’esistenza di carenze sistemiche o generalizzate dell’indipendenza del potere giudiziario dello Stato membro emittente, allora può rifiutare la consegna sulla base della decisione quadro 2002/584 [3]. Ciò solo se constata che sussistono motivi seri e comprovati di ritenere che il diritto fondamentale della persona interessata a un equo processo dinanzi a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, sia stato violato o rischi, in caso di consegna, di essere violato. La Corte precisa che il diritto di essere giudicato da un giudice «costituito per legge» include, per sua stessa natura, il processo di nomina dei giudici. Pertanto, nell’ambito della prima fase dell’esame, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve effettuare una valutazione complessiva, fondata su ogni elemento oggettivo, affidabile, preciso e debitamente aggiornato relativo al funzionamento del sistema giurisdizionale nello Stato membro emittente e, in particolare, al contesto generale di nomina dei giudici in tale Stato membro. Costituiscono elementi per tale valutazione, ad esempio, la  giurisprudenza della Corte [4] e della Corte europea dei diritti dell’uomo [5]. Per contro, la circostanza che un organo, come la KRS, coinvolto nel processo di nomina dei giudici sia composto, in modo preponderante, da membri che rappresentano i poteri legislativo o esecutivo o da questi ultimi scelti, non può bastare a giustificare il rifiuto della consegna.

Nell’ambito della seconda fase di detto esame, spetta alla persona oggetto di un MAE fornire elementi concreti che facciano ritenere che le carenze sistemiche o generalizzate del sistema giurisdizionale abbiano avuto un’incidenza concreta sul trattamento della sua causa penale o possano avere, in caso di consegna, una siffatta incidenza. Tali elementi possono essere integrati, se del caso, da informazioni fornite dall’autorità giudiziaria emittente.

Per rifiutare la consegna non è sufficiente che uno o più giudici, che hanno partecipato al procedimento, siano stati nominati su proposta di un organo quale la KRS. Occorre, inoltre, che la persona interessata fornisca elementi relativi alla procedura di nomina dei giudici interessati che conducano a constatare che la composizione del collegio giudicante è stata tale da ledere il suo diritto fondamentale a un equo processo. Peraltro, occorre tener conto dell’eventuale esistenza di una possibilità, per l’interessato, di chiedere la ricusazione dei membri del collegio giudicante per motivi attinenti ad una violazione del suo diritto fondamentale a un equo processo, dell’eventuale esercizio di detta possibilità da parte della persona in parola nonché del seguito dato alla sua domanda di ricusazione.

In secondo luogo, quando un MAE è stato emesso ai fini dell’esercizio di un’azione penale, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve prendere in considerazione elementi relativi alla situazione personale della persona interessata, alla natura del reato per il quale quest’ultima è sottoposta a procedimento penale, al contesto fattuale in cui tale MAE si inserisce o a qualsiasi altra circostanza rilevante ai fini della valutazione dell’indipendenza e dell’imparzialità del collegio giudicante verosimilmente chiamato a conoscere del procedimento relativo alla persona in parola.

Conclusioni dell’avvocato generale Athanasios Rantos* nella causa C-168/21, Procureur Général près la cour d’appel d’Angers, 31 marzo 2022 (Cooperazione giudiziaria in materia penale – MAE – Motivi di non esecuzione facoltativa – condizione della doppia incriminazione)

KL è stato condannato nel 2009 alla pena di dieci anni di reclusione dalla giustizia italiana per sette fatti sussunti nel diritto italiano nel delitto di «devastazione e saccheggio», commessi durante una manifestazione contro il vertice del G8 di Genova nel 2001. Arrestato in Francia, KL non ha acconsentito alla propria consegna in esecuzione del mandato d’arresto europeo. Nel 2020 la sezione istruttoria della Corte d’appello di Angers ha rifiutato di consegnare KL per il motivo che due dei sette fatti, concorrenti a integrare il delitto di devastazione e saccheggio in Italia, non hanno rilievo penale nel diritto francese. La Corte di cassazione francese si chiede se la lesione dell’ordine pubblico, che la Corte d’appello di Genova e la Corte di cassazione italiana hanno ritenuto elemento essenziale del reato di «devastazione e saccheggio», sia rilevante ai fini della valutazione del rispetto della condizione della doppia incriminazione prevista dal diritto dell’Unione. Gli elementi costitutivi del reato sono infatti diversi nei due Stati membri interessati ed alcuni dei fatti che concorrono a integrare detto reato non sono penalmente perseguibili nello Stato membro dell’esecuzione.

 Nelle conclusioni presentate alla Corte, l’avvocato generale Athanasios Rantos propone di rispondere alle questioni poste dichiarando che, nelle condizioni descritte dal giudice del rinvio, al MAE debba essere data esecuzione.

Per quanto attiene alla valutazione della doppia incriminazione, egli rileva che non è necessario che i reati siano identici nei due Stati membri interessati, essendo sufficiente che gli atti che hanno dato luogo alla condanna pronunciata nello Stato membro emittente costituiscano reato anche nello Stato membro dell’esecuzione. Egli rammenta che, secondo la giurisprudenza della Corte, non è necessaria una corrispondenza esatta tra le componenti del reato, quale definito dalle leggi dello Stato membro emittente e dello Stato membro di esecuzione, né nella denominazione o nella classificazione di tale reato secondo le rispettive leggi nazionali. Pertanto, l’autorità competente dello Stato membro dell’esecuzione deve verificare se, nell’ipotesi in cui il reato in questione fosse stato commesso sul territorio nazionale, si sarebbe ritenuto leso un interesse analogo, tutelato dal diritto di detto Stato. Egli osserva che, nel caso di specie, la condizione della doppia incriminazione è soddisfatta poiché i fatti qualificati come reato di «devastazione e saccheggio» sono penalmente perseguibili in Francia; l’interesse in gioco con riferimento ad essi è la tutela dei proprietari dei beni di cui trattasi. Di conseguenza, l’interesse tutelato dal diritto dello Stato membro dell’esecuzione è analogo a quello considerato nello Stato membro emittente.

Corte di Giustizia, 28 aprile 2022, sentenza nella C-804/21 PPU, C e CD (Cooperazione giudiziaria in materia penale – mandato d’arresto europeo –ostacoli giuridici all’esecuzione )

C e D, cittadini rumeni, sono oggetto di mandati di arresto europei emessi nel 2015 dalle autorità giudiziarie rumene, a seguito di condanne per traffico di droga e associazione per delinquere. Nel 2020 le autorità svedesi hanno eseguito il mandato di arresto, ordinando la loro consegna alle autorità rumene, ma C e D avevano nel frattempo già lasciato la Svezia per la Finlandia. Con decisione del 16 aprile 2021, la Corte Suprema della Finlandia ha ordinato la loro consegna alle autorità rumene. Poichè la data della consegna di C e D è stata più volte rimandata dapprima a causa di difficoltà legate alla situazione pandemica e, in seguito, in ragione della presentazione di domande di asilo in Finlandia da parte dei prevenuti, C e D hanno chiesto di essere liberati ai sensi dell’articolo 23, della decisione quadro 2002/584 in quanto il termine per la consegna era scaduto. Se la consegna è impedita da cause di forza maggiore, tale termine può essere prorogato ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 3, a condizione che l’autorità giudiziaria dell’esecuzione e quella emittente concordino immediatamente una nuova data di consegna.

Il giudice di rinvio ha chiesto alla Corte di giustizia se la nozione di forza maggiore si estenda agli ostacoli giuridici alla consegna derivanti da azioni legali intentate dalla persona oggetto del mandato d’arresto europeo e basate sul diritto dello Stato membro di esecuzione, quando la decisione definitiva sulla consegna è stata adottata dall’autorità giudiziaria di esecuzione.

La Corte ha statuito che l’avvio di azioni legali da parte della persona oggetto del mandato d’arresto europeo, nel quadro di procedure previste dal diritto nazionale dello Stato membro dell’esecuzione, al fine di opporsi alla sua consegna alle autorità dello Stato membro emittente o avente l’effetto di ritardare detta consegna, non può essere considerato una circostanza imprevedibile. Di conseguenza, siffatti ostacoli giuridici alla consegna, derivanti da azioni legali avviate da detta persona, non integrano gli estremi di un’ipotesi di forza maggiore. Una volta scaduti i termini previsti dall’art. 23, la persona oggetto di un mandato d’arresto europeo in stato di detenzione, dev’essere rilasciata.

*Le conclusioni dell’avvocato generale non vincolano la Corte di giustizia. Il compito dell’avvocato generale consiste nel proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica nella causa per la quale è stato designato. La sentenza sarà pronunciata in una data successiva, che non è stata ancora calendarizzata.


[1] Il giudice del rinvio fa del pari riferimento alla sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici), C-791/19, punti 108 e 110.

[2] Nell’ambito della prima fase di detto esame, l’autorità giudiziaria dell’esecuzione deve valutare il rischio reale di violazione dei diritti fondamentali alla luce della situazione generale dello Stato membro emittente; nell’ambito della seconda fase, suddetta autorità deve verificare, in modo concreto e preciso, se sussista un rischio reale di violazione di un diritto fondamentale della persona ricercata, tenuto conto delle circostanze del caso di specie. V. sentenze del 25 luglio 2018, Minister for Justice and Equality (Carenze del sistema giudiziario), C-216/18 PPU (v. altresì CS n.113/18), e del 17 dicembre 2020, Openbaar Ministerie (Indipendenza dell’autorità giudiziaria emittente), C-354/20 PPU e C-412/20 PPU (v. CS n.164/20).

[3] V., in tal senso, l’articolo 1, paragrafi 2 e 3, della decisione quadro 2002/584 in forza dei quali, da un lato, gli Stati membri danno esecuzione ad ogni MAE in base al principio del riconoscimento reciproco e conformemente alle disposizioni di tale decisione quadro e, dall’altro, l’obbligo di rispettare i diritti fondamentali e i  principi giuridici sanciti dall’articolo 6 del TUE non può essere modificato per effetto dell’anzidetta decisione quadro.

[4] Sentenze del 19 novembre 2019, A.K. e a. (Indipendenza della sezione disciplinare della Corte suprema), C-585/18, C-624/18 e C-625/18 (v. CS n.145/19), del 2 marzo 2021, A.B. e a. (Nomina dei giudici della Corte suprema – Ricorso), C-824/18 (v. CS n.31/21), del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici), C-791/19 (v. CS n.130/21), nonché del 6 ottobre 2021, W.Ż. (Sezione di controllo straordinario e delle questioni pubbliche della Corte suprema – Nomina), C-487/19 (v. CS n.173/21).

[5] Corte EDU, 22 luglio 2021, Reczkowicz c. Polonia.

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