Nota di commento alla sentenza n. 30/2022 della corte costituzionale

di Lorenzo Maria Destro (Sost. Proc. Procura Minori L’Aquila) 

Sommario: 1. Detenzione domiciliare speciale e bilanciamento di interessi tutelati in ambito penitenziario. – 2. La questione sollevata davanti alla Consulta. – 3. La decisione della Corte Costituzionale. – 4. Commento.

1. Detenzione domiciliare speciale e bilanciamento di interessi tutelati in ambito penitenziario.

Ai fini di una compiuta analisi della sentenza n. 30/2022 della Corte Costituzionale – con la quale è stato dichiarato illegittimo l’art. 47 quinquies dell’Ordinamento Penitenziario nella parte in cui non prevedeva in capo al Magistrato di Sorveglianza il potere di disporre la detenzione domiciliare speciale in attesa dell’intervento del Tribunale di Sorveglianza – occorre delimitare puntualmente il campo di applicazione della norma in esame, nonché chiarirne funzione e scopo nell’ambito del sistema dei benefici penitenziari.

La norma in esame prevede l’applicazione di detenzione domiciliare oltre i casi stabiliti dall’art. 47 ter O.P.  Si tratta, dunque, di un’ipotesi di detenzione domiciliare speciale, laddove la misura domiciliare ordinaria in favore delle detenute madri si applica in caso di pena contenuta nel limite di anni quattro di reclusione e di prole di età inferiore agli anni dieci.

L’istituto speciale previsto dall’art. 47 quinquies O.P., pur richiedendo per la sua applicabilità la sussistenza di prole di età inferiore agli anni dieci, non contempla quale ulteriore presupposto un limite temporale di pena da scontare bensì l’assenza di pericolo concreto di commissione di reati e l’avvenuta espiazione di almeno un terzo della pena detentiva irrogata, quindici anni in caso di condanna all’ergastolo.

Il principio ispiratore dell’istituto in questione consiste nella salvaguardia della relazione tra madre e figlio nel delicato periodo dell’infanzia. Tale ampliamento dei casi di applicazione della detenzione domiciliare risponde alla necessità di garantire il rapporto madre-figlio a prescindere da limiti quantitativi inerenti alla sentenza di condanna pronunciata nei confronti della madre. Tale estensione del beneficio in esame, dunque, mira a scongiurare che la pena inflitta alla detenuta madre possa incidere negativamente sull’infante anche nelle ipotesi di condanna a pene detentive importanti. Una conferma della volontà del Legislatore di eliminare rischi di irragionevoli discriminazioni tra minori in base alle condizioni soggettive degli esercenti la responsabilità genitoriale è offerta dalla introduzione della possibilità di concessione del beneficio speciale in questione anche in favore del padre del fanciullo in caso di avvenuto decesso della madre o impossibilità della stessa, per problematiche fisiche o psichiche, di prendersi cura del minore[1].

Appare evidente la necessità di bilanciamento tra interessi tutelati nell’ambito dell’applicazione di tale istituto. La normativa risponde, infatti, da una parte all’esigenza di garantire la funzione rieducativa e special-preventiva della pena, dall’altra a preservare il rapporto madre-figlio. In considerazione di tale assetto degli interessi sottesi all’applicazione della detenzione domiciliare speciale per le condannate madri, pertanto, occorre subordinare la concessione del beneficio al riscontro di requisiti più stringenti rispetto a quanto richiesto nell’ambito della detenzione domiciliare ordinaria. La valutazione del Tribunale di Sorveglianza prenderà in considerazione, dunque, sia la possibilità di prognosi favorevole in tema di astensione dal porre in essere ulteriori reati, sia la capacità soggettiva della detenuta di recuperare e mantenere una relazione significativa con il fanciullo. In tale ottica saranno valutate le iscrizioni nel casellario giudiziario, la personalità della condannata con particolare riferimento alla pericolosità sociale e la concreta idoneità della medesima nel garantire assistenza alla prole.

Il Tribunale di Sorveglianza, una volta superato il vaglio di ammissibilità dell’istituto in esame, procederà ad individuare le prescrizioni rivolte all’interessato, al fine di rendere compatibile in concreto il beneficio accordato con gli interessi della salvaguardia delle funzioni rieducativa, di reinserimento sociale, special-preventiva della pena, nonché con l’esigenza di garantire la cura e l’assistenza dell’infante. Il mancato rispetto delle prescrizioni comporta la revoca del beneficio, non ravvisandosi in tale meccanismo alcuna divergenza rispetto a quanto accade in ordine alla detenzione domiciliare ordinario, caratterizzandosi in entrambi casi la revoca come esito inevitabile in tutti i casi di comportamento dell’interessato incompatibile con il mantenimento del regime di detenzione domiciliare. Un importante caso di revoca – specifico dell’ipotesi della detenzione domiciliare speciale – consegue all’adozione di provvedimenti che escludono la responsabilità genitoriale emessi dal Tribunale per i Minorenni. Tale ipotesi di revoca si presenta come istituto di applicazione automatica e dipende unicamente dall’adozione del provvedimento di revoca o di sospensione della responsabilità genitoriale ai sensi dell’art. 330 del Codice Civile. L’istituto della revoca automatica in tali ipotesi conferma la piena correlazione tra beneficio in questione e cura ed assistenza concrete del figlio, non potendosi ammettere e mantenere la detenzione domiciliare speciale nei casi in cui non sussista la possibilità di gestione effettiva del rapporto madre-figlio.

La detenzione domiciliare speciale non si applica in presenza di reati ostativi, previsti dall’art. 4 bis O.P. e, per tale ragione, pur essendo ammesso in presenza di condanna a pena detentiva superiore ai quattro anni, l’istituto in questione non trova applicazione per le ipotesi ritenute dal Legislatore non meritevoli di concessione di benefici penitenziari.

2. La questione sollevata davanti alla Consulta.

È un quesito squisitamente procedurale quello sottoposto al Giudice delle Leggi dal Magistrato di Sorveglianza di Siena.

Nel caso di specie un padre – premesso che la madre del minore era impossibilitata a prendersene cura e che ricorrevano i presupposti in tema di pena già scontata – aveva chiesto al Magistrato di Sorveglianza di concedere, in via provvisoria ed urgente, la detenzione domiciliare speciale in chiave di assistenza alla prole, invocando un provvedimento da adottarsi in anticipo rispetto alla valutazione dei presupposti per la concessione da parte del Tribunale di Sorveglianza.

A prescindere dal merito della questione, la normativa in materia di detenzione domiciliare speciale per le detenute madri non contempla la possibilità di emissione di provvedimenti urgenti da adottarsi da parte del Magistrato di Sorveglianza in anticipo rispetto all’udienza da celebrarsi presso il Tribunale di Sorveglianza.

L’eccezionalità dei casi di intervento del Magistrato di Sorveglianza in chiave anticipatoria della tutela per i soggetti richiedenti benefici penitenziari non appariva consentire al Giudice monocratico di applicare analogicamente al caso della detenzione domiciliare speciale, ex art. 47 quinquies, L. 354/75, l’istituto del provvedimento cautelativo da adottarsi prima dell’intervento del Tribunale di Sorveglianza. Non riteneva, in particolare, il Giudice a quo che le previsioni di concessione in via provvisoria per gli altri casi di detenzione domiciliare speciale si potessero applicare analogicamente all’ipotesi di cui all’art. 47 quinquies O.P. in quanto le ipotesi di intervento urgente del Magistrato di Sorveglianza avrebbero costituito elenco tassativo di casi oltre i quali il Legislatore non avrebbe previsto la tutela provvisoria.

La previsione tassativa di casi di intervento in via d’urgenza da parte del Magistrato di Sorveglianza non consente di enucleare un principio generale, in materia penitenziaria, relativo alla possibilità per il Magistrato di Sorveglianza di applicare in via provvisoria gli istituti di competenza del Tribunale di Sorveglianza.

L’impossibilità di applicare in via analogica alla detenzione domiciliare speciale di cui all’art. 47 quinquies O.P. la normativa che consente l’adozione in via provvisoria dei benefici penitenziari comporta, tuttavia, a parere del giudice a quo, una differenziazione di tutela, in senso peggiorativo, per le condannate madri rispetto ai detenuti interessati all’applicazione degli altri istituti di detenzione domiciliare speciale.

Il Magistrato di Sorveglianza di Siena, dunque, ha ritenuto che nel caso in questione la mancata previsione normativa esplicita di tutela provvisoria di competenza del Giudice monocratico avrebbe comportato la conseguente declaratoria di inammissibilità dell’istanza proposta dal detenuto padre di figlia di età inferiore agli anni dieci. Tale soluzione, per quanto formalmente corretta secondo il giudice rimettente, avrebbe inciso in modo deleterio sui diritti della minore da tutelarsi anche garantendo una continuità di rapporti con l’unico genitore in grado di occuparsi della figlia.

Secondo il rimettente, dunque, la normativa contrasterebbe con l’art. 3 della Costituzione, nonché con gli artt. 30, 31 e 117 Cost.

In primo luogo, infatti, potrebbe ravvisarsi una ingiustificata differenziazione di tutele in ambito procedurale tra fattispecie che meriterebbero analogo trattamento, con potenziale lesione del principio di cui all’art. 3 Cost.

In secondo luogo, l’assenza di previsione di ricorso immediato al Magistrato di Sorveglianza per le detenute madri di prole di età inferiore agli anni dieci porterebbe la normativa applicabile a contrastare con quanto previsto dagli artt. 30 e 31 Cost. in quanto l’assistenza ai figli, le forme di tutela dell’infanzia, la salvaguardia della famiglia, dei rapporti parentali e dei diritti dei minori costituiscono interessi costituzionalmente garantiti.

L’art. 117 Cost., peraltro, impone il rispetto della normativa internazionale[2] e, dunque, anche nella parte in cui quest’ultima stabilisce la tutela dell’interesse del fanciullo.

La posizione assunta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri è consistita nel rappresentare l’inammissibilità della questione sollevata per carenza di rilevanza e comunque l’infondatezza. In tale ottica è stato evidenziato come non apparisse dimostrata in concreto la necessità di impegno del padre nella cura e nella assistenza del minore, con conseguente irrilevanza della questione di costituzionalità sollevata dal Magistrato di Sorveglianza di Siena. In secondo luogo, veniva eccepita l’infondatezza della questione in ragione del fatto che la tutela del minore in chiave di rapporto con il genitore detenuto non riceverebbe tutela costituzionale incondizionata bensì fino al compimento di un anno di età.

3.La decisione della Corte Costituzionale.

In via preliminare viene respinta l’eccezione di inammissibilità formulata da parte del Presidente del Consiglio e motivata sulla base di una denunciata omessa verifica della concreta necessità che il padre si prenda cura della minore a fronte di uno stato di salute della madre non compatibile con l’accudimento dei fanciulli. Considerato, infatti, che il giudizio costituzionale in esame interessa l’ambito cautelare ed in particolar modo la competenza del Magistrato di Sorveglianza nell’adozione di provvedimenti anticipatori della tutela invocata, non può rilevare – sotto il profilo della ammissibilità della questione – l’accertamento in concreto dei presupposti e dei requisiti per l’ottenimento del beneficio in esame, essendo chiamata la Consulta a giudicare della sussistenza formale del potere cautelare in capo al Giudice monocratico.

La Corte Costituzionale ammette una unicità di scopo tra la detenzione domiciliare ordinaria in favore delle madri di prole di età inferiore agli anni dieci e la detenzione domiciliare speciale di cui all’art. 47 quinquies O.P.

Unicità di scopo come base per una medesima risposta procedurale. Il punto distintivo tra i requisiti necessari per la detenzione domiciliare comune e per la detenzione domiciliare speciale risiede, infatti, nella quantità di pena espiata, pari ad almeno un terzo della pena irrogata per l’ammissione alla detenzione domiciliare speciale.

L’espiazione di parte della pena consente, nella valutazione propedeutica all’ammissione al beneficio, di disporre di più elementi sulla scorta dei quali escludere il pericolo di reiterazione di reati. A fronte di tale limite di ammissibilità, dunque, l’esclusione della tutela provvisoria di competenza del Magistrato di Sorveglianza costituisce ulteriore “paletto” non giustificato dalle esigenze di cura degli interessi in gioco.

Regole procedurali diverse e più stringenti per la detenzione domiciliare speciale determinano irragionevole differenziazione di situazioni che devono essere parificate.

Pertanto la assenza di previsione del potere cautelare – nell’ambito dell’applicazione della detenzione domiciliare speciale – in capo al Magistrato di Sorveglianza in caso sussistenza di un pregiudizio per il minore avrebbe determinato un vulnus in tema di tutela dell’interesse superiore riferito al fanciullo.

La Corte Costituzionale aggiunge che l’art. 47 quinquies O.P. mira a tutelare in modo ancora più forte – rispetto all’istituto di cui all’art. 47 ter, comma 1, O.P. – il fine della continuità dell’accudimento destinato ai minori, estendendo la tutela anche in favore dei figli dei condannati per reati più gravi. Tale tutela rafforzata sarebbe contraddittoriamente vanificata dalla assenza di poteri cautelari nella competenza del Magistrato di Sorveglianza, considerato come l’attesa di un provvedimento del Tribunale di Sorveglianza potrebbe provocare pregiudizio per il figlio minorenne del detenuto. L’eventualità di grave pregiudizio – per il minore – derivante dalla protrazione della misura detentiva richiede una risposta – in termini di applicazione di benefici penitenziari – non sempre subordinabile alla celebrazione di un’udienza davanti al Tribunale di Sorveglianza. Per la tutela piena di tali situazioni caratterizzate da pericolo di grave pregiudizio, la mancata previsione di poteri cautelari del Giudice monocratico risulta irragionevole e non conforme alla politica di pieno perseguimento degli obiettivi di cui all’art. 31 Cost.

In considerazione di ciò la Corte Costituzionale ha dichiarato la norma in esame incostituzionale nella parte in cui non prevede che il Magistrato di Sorveglianza possa disporre la detenzione domiciliare speciale in via provvisoria ed urgente in caso di grave pregiudizio per il minore figlio del detenuto.

La Corte Costituzionale ha evidenziato come, ai fini della effettività del provvedimento del Magistrato di Sorveglianza, si possano approntare cautele tra cui anche l’applicazione di braccialetto elettronico. Il controllo sul condannato, quindi, pur nell’attesa della celebrazione dell’udienza da parte del Tribunale di Sorveglianza, può essere garantito con continuità.

4. Commento.

Il principio finalistico viene scelto quale faro nella distinzione o parificazione di situazioni diverse. Il perseguimento dell’interesse del minore alla continuità dei rapporti parentali rappresenta, dunque, la stella polare che deve guidare l’applicazione delle norme in materia di benefici penitenziari.

La Consulta ha affermato come debba essere operata una omologazione tra le due forme di detenzione domiciliare – ordinaria e speciale – in considerazione del fatto che il preminente interesse del minore non ammette distinzioni. Le responsabilità – eventualmente più gravi – dei genitori, dunque, non devono, secondo la Corte, ricadere sui figli.

La Consulta incentra la propria decisione sulla violazione dell’art. 31 Cost., norma a tutela della famiglia ed a protezione della fase dell’infanzia, di carattere programmatico nella parte in cui afferma il favore per l’approntamento di istituti a garanzia di tali beni. La scelta della Consulta di fondare la dichiarazione di incostituzionalità sulla violazione delle norme a tutela della famiglia e dell’infanzia appare confermare che l’istituto della detenzione domiciliare speciale mira a garantire innanzitutto la tutela del minore in chiave di salvaguardia della continuità dei rapporti familiari. Tale tutela sarebbe rimasta spuntata se non accompagnata dalla previsione di poteri esercitabili in via d’urgenza da parte del Magistrato di Sorveglianza.

La decisione della Corte Costituzionale appare in linea con il percorso seguito dal Legislatore in occasione dell’introduzione di tutti gli istituti di detenzione domiciliare caratterizzati dalla necessità di salvaguardare situazioni foriere di grave pregiudizio in assenza di tempestivo intervento giudiziale. Tutti gli ulteriori esempi di detenzione domiciliare “umanitaria” prevedono la tutela cautelare d’urgenza a conferma della scelta legislativa di accordare una tutela piena mediante la previsione di poteri a carattere provvisorio.

Ad ogni modo la tutela offerta dall’art. 47 quinquies O.P. è rivolta principalmente al minore, soggetto non direttamente destinatario della sentenza di condanna relativa al genitore. A fronte, pertanto, dell’unicità della ratio sottesa all’applicazione della detenzione domiciliare ordinaria e della detenzione domiciliare speciale, appare evidente che l’esclusione di poteri cautelari in capo al Magistrato di Sorveglianza si traduce in una eccessiva compromissione di un interesse che fa capo ad un minore, terzo rispetto al rapporto tra Stato e condannato. Non giustificabile risulta pertanto la differenziazione di posizioni in base all’entità della pena irrogata alla madre o al padre del fanciullo.

In un’ottica di pesi e contrappesi tra le varie garanzie costituzionali è possibile riflettere, inoltre, sulla valenza dell’espiazione della pena. L’indefettibile periodo di espiazione richiesto quale presupposto per la concessione della detenzione domiciliare speciale, infatti, consente al Magistrato di Sorveglianza una accorta valutazione della condotta tenuta dal condannato nel corso dell’esecuzione della pena, con conseguente garanzia di un più approfondito vaglio circa l’esclusione della pericolosità e la possibilità di reinserimento sociale.

Da ultimo, inoltre, una funzione regolatrice è svolta anche dalla prevista esclusione del beneficio in questione per i condannati per reati ostativi. La circostanza per la quale anche la detenzione domiciliare speciale non sia concedibile al condannato per reati di cui all’art. 4 bis O.P. rende, in una logica sistematica, coerente l’estensione dei poteri cautelari del Magistrato di Sorveglianza all’istituto della detenzione domiciliare speciale.


[1] Art. 47 quinquies comma 7 O.P.

[2] L’esclusione di poteri d’urgenza appare porsi in contrasto con la Convenzione europea sull’esercizio dei diritti dei fanciulli del 25 gennaio 1996, con la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, nonché con l raccomandazioni del Consiglio d’Europa a salvaguardia del fanciullo, interventi tutti caratterizzati dall’accento posto sul “interesse superiore del fanciullo”.

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