1. E’ concretamente possibile oggi contemperare, all’interno degli Istituti, le esigenze di legalità con quelle di inclusione e di ascolto delle persone detenute?

E’ necessario, in omaggio al dettato costituzionale, coniugare armoniosamente esigenze retributive connesse alla detenzione in quanto interprete anche dei sentimenti delle vittime dei reati, e finalità rieducative e risocializzanti della pena. In questo senso la sentenza n.10 del 2024 della Corte Costituzionale in materia di affettività è un eccellente viatico sul piano dei principii: ad essa dovrà seguire una complessa fase attuativa da parte di parlamento ed amministrazione penitenziaria la cui immediatezza è imposta dall’obbligo giuridico di non frustrare la pronuncia e,di conseguenza,di non rendere effimere le ormai delineate posizioni soggettive dei detenuti.

  1. Quando le condizioni di decoro e igiene degli ambienti detentivi possono determinare l’aperta violazione dei diritti umani e quali sono le frontiere della tutela giurisdizionale di tali diritti lesi da condizioni degradanti e disumane?

Degradate condizioni ambientali, igieniche, sanitarie, logistiche incidono profondamente sullo stato psicologico del detenuto e ne possono influenzare, in assenza in particolare di adeguata assistenza psicologica e psichiatrica, decisioni estreme. La Magistratura di sorveglianza è il più solido baluardo per la tutela in sede giurisdizionale dei diritti di chi è privato della libertà. Il Garante nazionale è l’altra, sinergica figura istituzionale di riferimento. In questo senso l’attuale Collegio ha, sin dal suo recentissimo insediamento, iniziato  una fitta rete di incontri a scopo collaborativo e propositivo con i Tribunali di sorveglianza. Il rapporto è destinato ad intensificarsi in forma organica nell’immediato futuro, nell’ovvio rispetto dell’autonomia decisoria. E’ del pari robusto l’auspicio che si consolidino orientamenti giurisprudenziali omogenei che, nel rendere ragionevolmente prevedibili le pronunce, fungano da presupposto per la coltivazione o l’attenuazione di aspettative dei detenuti.

  1. E’ oggi effettivamente garantita negli istituti penitenziari la possibilità per le persone detenute di mantenere -in chiave risocializzante- i contatti con i propri riferimenti esterni in qualunque modalità e con qualsiasi strumento di comunicazione essi si avvalgano? In tale ottica, come va valutato lo schema di D.L. -recentemente approvato dal Consiglio dei Ministri- sull’ampliamento delle telefonate mensili per le persone detenute?

E’  percettibile  una diffusa tendenza degli istituti penitenziari a favorire processi di risocializzazione. Questi sono ovviamente ostacolati da inammissibili azioni violente ,minacciose, irrispettose nei confronti dei detenuti. Per quanto innegabilmente sporadiche tali condotte non possono che causare l’intervento giudiziario. Il tema si è immediatamente posto all’attenzione del garante nazionale che, da un canto, in via sistematica procede a visite conoscitive e a dar ascolto ad istanze individuali, e, d’altro canto, manifesta la propria intransigente opera rivolta ad assicurare piena dignità alla persona del detenuto costituendosi parte civile nei confronti dei trasgressori di questa fondamentale posizione, come è avvenuto nel caso di Reggio Emilia, anche in virtù di un proficuo flusso informativo con la magistratura procedente.

  1. Come definirebbe il trattamento intramurario praticato negli istituti penitenziari per le persone detenute?

Non è agevole, e forse nemmeno particolarmente utile, stabilire il trattamento carcerario medio. Ed infatti, il mandato normativamente assegnato al Garante nazionale  è quello di verificare caso per caso, senza preconcetti, e di intervenire in ogni circostanza, segnalata o accertata d’ufficio, in cui gli standard stabiliti anche  a livello sovranazionale si rivelino inosservati. A questo proposito è forte la consapevolezza da parte del garante della rilevanza del proprio ruolo di meccanismo nazionale di prevenzione della tortura e di trattamenti inumani e degradanti nonchè di pene crudeli.

  1. Ritiene che, all’interno degli istituti penitenziari, siano adeguatamente considerate le peculiarità di ciascuna persona ristretta in funzione del concreto avvio di percorsi rieducativi il più possibile individualizzati?

Per raggiungere l’obiettivo della risocializzazione del detenuto è essenziale la considerazione della specifica condizione soggettiva mediante qualificata assistenza ed ascolto. Grande attenzione è stata dedicata sin dall’insediamento dal garante nazionale alla stipulazione di apposite convenzioni con le Regioni, anche al fine del recupero e della successiva valorizzazione della medicina penitenziaria e dei professionisti specializzati. La prospettiva, infatti, non può che essere quella di rassicurare il detenuto che la contingente o definitiva condizione di vita nella quale versa non può equivalere ad annullamento della sua personalità o ad uno svilimento tale da renderlo immeritevole di considerazione.

  1. Le R.E.M.S. nell’attuale assetto sono o no in grado, secondo lei, di svolgere le proprie funzioni e, soprattutto, di adottare terapie strettamente personali nei confronti della persona ospitata, tenendo conto della sua pericolosità sociale e del reato commesso?

Ancora una volta va ricordato che l’attività del garante non si muove su un piano astratto ma deve avvalersi del conforto dell’esperienza quale si presenta ai suoi occhi. Rispetto ad essa dovranno essere intraprese di volta in volta le iniziative più conducenti in vista del superamento di disfunzioni e carenze. Al riguardo è da giudicare irrinunciabile l’apporto dei Garanti territoriali ed il costante confronto. È in corso di redazione congiunta un protocollo che renda fluido ed operoso il raccordo, già nato sotto i più promettenti auspici.

  1. Qual è il suo parere sul tema di scottante attualità concernente la legittimità della detenzione in Istituto penitenziario di persone, nei cui confronti il giudice abbia applicato la misura di sicurezza, provvisoria o definitiva, in attesa di reperire un posto libero nella R.E.M.S. territorialmente competente? (cfr. da ultimo il caso Federico Brunetti c/ Italia).

Tra i capisaldi dell’attività del garante si colloca in posizione di preminenza, sempre   in perfetta linea di continuità con il precedente Collegio, il rispetto dell’autonomia dei provvedimenti giurisdizionali ,prima ricordata, i quali ovviamente costituiscono un’utile base per riflessioni e proposte d’intervento, a partire dall’importante occasione annuale della predisposizione della relazione al parlamento. Attività di proposta e consultiva restano al centro della leale azione di irrinunciabile collaborazione istituzionale a Governo e Parlamento.

  1. Come può configurarsi e sostanziarsi un ottimale rapporto tra Garante delle persone detenute e Magistratura di Sorveglianza?

Il rapporto tra garante e Magistratura di sorveglianza non può, per le ragioni prima esposte, che rivolgersi, nel rispetto delle rispettive attribuzioni, al confronto assiduo da realizzarsi mediante scambi di informazione  e riflessioni comuni, figlie anche della prassi, allo scopo di inverare i precetti costituzionali vigenti nella comune materia trattata.

  1. Atteso il considerevole numero di atti di autolesionismo e suicidi negli istituti penitenziari, ritiene sufficienti i servizi di assistenza psichiatrica attualmente operanti per le persone ristrette?

Come già sottolineato ,il rafforzamento, in special modo attraverso lo strumento convenzionale, dell’ assistenza psicologica e psichiatrica, non meramente farmacologica, del detenuto e del correlativo ascolto quale mezzo di riconoscimento della sua personalità serve a mitigare gli effetti depressivi della privazione della libertà e a potenzialmente prevenire le pulsioni autosoppressive. A questo fine grande importanza assume l’accurata analisi  e valorizzazione dei fattori predittivi in funzione di segnali di allarme da non trascurare o minimizzare.

  1. A suo giudizio, è positivo o no il bilancio -sotto il profilo qualitativo e quantitativo- sullo scambio di informazioni circa la salute dei ristretti tra AA.SS.LL. e Garante delle persone detenute?

E’ assolutamente prematuro stilare bilanci dell’opera dell’attuale Garante solo da poco insediatosi e bisognoso ancora di calibrare con maggior precisione ,agevolata dall’esperienza, interventi, iniziative, prospettive di adempimento dei propri compiti, fermi rimanendo gli ineliminabili valori costituzionale di riferimento, come più volte ricordato con lucida fermezza dal Presidente della Repubblica.

  1. Fino a che punto l’attuale sistema delle misure alternative è in grado di garantire un percorso di positivo reinserimento piuttosto che una mera riduzione di afflittività della espiazione in regime carcerario?

In via di principio il ricorso alle misure alternative appare in grado di garantire, al pari di misure tendenti a ridurre nei limiti della ragionevolezza sociale la effettiva durata della pena, la dovuta attenuazione del relativo grado di afflittività. Del tutto coerente allo scopo risultano misure dirette ad incrementare la soglia di percezione della soggettiva utilità del tempo trascorso in stato detentivo ,quali fondamentalmente quelle risolventisi nel fornire occasioni occupazionali di cui la comunità carceraria e non potrebbe beneficiare.

  1. Qual è -in termini qualitativi e quantitativi- il suo giudizio sullo svolgimento di attività culturali, sportive e ricreative all’interno degli Istituti?

La risposta che presuppone una conoscenza ancor più capillare della complessiva situazione dei luoghi restrittivi della libertà, anche indipendentemente da responsabilità o colpa ( tutti ricadenti nel dominio delle competenze del Garante nazionale ),va rinviata ad un momento successivo in cui si saranno maggiormente sedimentati dati della realtà e corrispondenti convincimenti in chiave propositiva.

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