Le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte, con la sentenza n. 8557 del 27 marzo 2023, hanno enunciato i seguenti principi di diritto, così distintamente massimati da questo Ufficio:

“I creditori titolari di un diritto di ipoteca o di pegno sui beni compresi nel fallimento costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito non possono, anche dopo le modifiche introdotte dal d.lgs. n. 5 del 2006 e dal d.lgs. n. 169 del 2007, avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo di cui al titolo II, capo V della legge fallimentare, in quanto non sono creditori del fallito, né soggetti che agiscono per la restituzione o la rivendica dei beni acquisiti al fallimento; detti creditori possono invece intervenire nel procedimento fallimentare in vista della ripartizione dell’attivo, per richiedere di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura che sono stati ipotecati o pignorati in loro favore”. [Rv. 667438 – 01]

“In tema di fallimento del terzo datore di ipoteca o pegno, avverso il piano di riparto del curatore che escluda o includa, in tutto o in parte, il diritto del titolare della nuda prelazione alla distribuzione delle somme, il creditore ipotecario o pignoratizio e, rispettivamente, gli altri creditori interessati al riparto del ricavato della vendita del bene oggetto di garanzia possono proporre reclamo a norma dell’art. 110, comma 3, l.fall.; detto reclamo può avere ad oggetto l’esistenza, la validità e l’opponibilità al fallimento della garanzia reale, avendo anche riguardo alla sua revocabilità, oltre che l’an e il quantum del debito garantito”. [667438 – 02]

“In caso di fallimento del terzo datore di ipoteca o pegno, l’accertamento delle somme effettivamente spettanti al creditore garantito in sede distributiva non richiede la partecipazione al giudizio del debitore, la cui obbligazione è garantita da ipoteca o da pegno ricompresi nell’attivo del fallimento, in quanto tale accertamento ha un valore endoconcorsuale e, come tale, non è opponibile al detto debitore, rimasto estraneo al procedimento fallimentare. [667438 – 03]

1.

Per comprendere più agevolmente i principi di diritto sopra affermati, si posono ricordare, in sintesi, i fatti che hanno portato alla decisione. Una banca ha proposto istanza di insinuazione e dichiarazione di credito ex art. 101 l.fall., oltre a richiesta di partecipazione alla distribuzione del ricavato fallimentare, ex artt. 107, comma 3 e 109 l.fall., chiedendo di essere ammessa in via privilegiata ipotecaria al passivo del fallimento della società terza datrice di ipoteca per l’importo di Euro 1.423.666,46# oltre accessor, così da poter partecipare alla distribuzione del ricavato della vendita dei beni immobili concessi in ipoteca dalla società poi fallita, fino alla concorrenza del menzionato importo. Con decreto del 25/03/2014 il Giudice delegato del Tribunale di Terni ha dichiarato inammissibile la domanda in quanto il ricorrente non era creditore nei confronti del fallimento, né titolare di un diritto reale o personale da cui potesse derivare una pretesa alla restituzione di beni immobili della procedura. Ha precisato altresì che l’istante avrebbe potuto avanzare istanza di partecipazione alla distribuzione del ricavato, ex art. 107, comma 2, l.fall., così da risultare destinatario di riparto, una volta che il curatore avesse riscontrato l’ammontare del credito garantito.

L’istituto di credito ha quindi proposto opposizione allo stato passivo, chiedendo che in riforma di detto provvedimento venisse ammesso al passivo per l’importo richiesto, quale residuo credito rinveniente da un contratto di finanziamento fondiario con concessione di ipoteca volontaria da parte della società poi fallita, rilevando che l’orientamento contrario, formatosi nel vigore delle disposizioni antecedenti la riforma della legge fallimentare attuata con il d.lgs. n. 5/2006, non trovava più ulteriore giustificazione alla luce del nuovo testo dell’art. 52, comma 2, l.fall. e di altre disposizioni della legge fallimentare novellata. La curatela fallimentare si è opposta all’accoglimento di tali conclusioni.

Con decreto del 13 ottobre 2015, il Tribunale di Terni ha accolto l’opposizione, ammettendo la banca allo stato passivo per la somma richiesta, oltre interessi fino al primo riparto utile delle somme ricavate dalla vendita degli immobili concessi in ipoteca, precisando che l’ammissione doveva intendersi limitata al ricavato della sola vendita dei beni dati in garanzia.

Avverso tale decisione il Fallimento ha quindi proposto ricorso per la cassazione sulla scorta di quattro concorrenti motivi. Si è costituita con controricorso la creditrice garantita.

Con ordinanza interlocutoria n. 18337-22 depositata il 7 giugno 2022 la Prima Sezione della Cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del giudizio alle Sezioni Unite Civili – come poi verificatosi – rilevando l’esistenza di contrasto giurisprudenziale e l’opportunità di un approfondimento in ordine ai seguenti profili, ritenuti tali da configurare questione di massima di particolare importanza, sia in relazione alla frequenza della fattispecie, che dello spiccato rilievo nomofilattico:

a) se il terzo titolare di ipoteca o di pegno su beni compresi nel fallimento, in virtù di una garanzia costituita per un debito altrui, sia legittimato a far valere il proprio diritto con il procedimento di verificazione del passivo previsto dal Capo V della legge fallimentare, oppure possa ottenerne la soddisfazione mediante l’intervento nella fase di ripartizione del ricavato della vendita del bene gravato;

b) se, ai fini della partecipazione al concorso, risulti sufficiente l’accertamento dell’opponibilità della garanzia ai creditori, oppure sia necessaria la verifica dell’esistenza e dell’entità del credito garantito;

c) se tale verifica debba aver luogo con la partecipazione del debitore garantito, e con quali modalità;

d) se ed in che modo la decisione adottata in sede di opposizione allo stato passivo possa incidere sull’esercizio del diritto alla rivalsa nei confronti del debitore garantito.

2.

Le S.U. hanno in primo luogo rilevato che la fattispecie esaminata rientra nella figura della “responsabilità senza debito”, figura che è caratterizzata da una dissociazione soggettiva tra debito, cui consegue il dovere dell’adempimento dell’obbligazione, e quella della responsabilità, che integra la situazione di assoggettamento del patrimonio del responsabile per il caso d’inadempimento, alla quale corrisponde il diritto del creditore di agire in executivis sui beni di questo terzo responsabile, seppur formalmente estraneo al rapporto obbligatorio. Rispetto al caso in cui intervenga il fallimento di quest’ultimo soggetto, si è posto tradizionalmente il problema processuale di individuare le modalità con le quali il creditore può realizzare la propria pretesa sul bene costituito in sua garanzia, nonostante l’intervenuta apertura della procedura concorsuale, stante il fondamentale divieto di azione esecutiva sui beni della stessa, ex art. .51 l.fall. ed il connesso principio del concorso formale e sostanziale, di cui all’art. 52 della medesima legge fallimentare.

Le S.U. hanno quindi ricordato come la risposta assolutamente prevalente della S.C. sia stata – fin dalla lontana decisione resa da Cass. 8 aprile 1965, n. 613 – nel senso di ammettere il concorso del soggetto garantito in sede di distribuzione del ricavato del bene oggetto della garanzia in suo favore, senza necessità di verifica del credito, in quanto vantato nei confronti di un soggetto debitore diverso dal fallito. In estrema sintesi, per l’orientamento descritto (rappresentato ad es. anche da Cass. 8 gennaio 1970, n. 46, Cass. 24 novembre 2000, n. 15186 e Cass. 30 gennaio 2009, n. 2429), il creditore ipotecario non ha titolo per intervenire nella fase di ammissione dei crediti, in quanto il suo credito non è verso il fallito; essendo però titolare di una garanzia ipotecaria, questo gli consente ugualmente il diritto a partecipare alla distribuzione del ricavato della vendita del bene oggetto della suddetta garanzia speciale.

L’orientamento indicato è stato ribadito anche alla luce del nuovo testo dell’art. 52 l.fall., come modificato dal d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5, nella parte in cui afferma che “ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o trattato ai sensi dell’art. 111, primo comma, n. 1, nonché ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere accertato secondo le norme stabilite dal Capo V, salvo diverse disposizioni di legge”, in particolare da  Cass. n. 2540 del 09/02/2016, secondo cui: “I titolari di diritti d’ipoteca sui beni immobili compresi nel fallimento e già costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito, non possono – anche dopo la novella dell’art. 52, comma 2, l.fall., introdotta dal d.lgs. n. 5 del 2006 – avvalersi del procedimento di verificazione dello stato passivo, di cui al capo V della l.fall., in quanto non sono creditori diretti del fallito e l’accertamento dei loro diritti non può essere sottoposto alle regole del concorso, senza che sia instaurato il contraddittorio con la parte che si assume loro debitrice, dovendosi, invece, avvalere, per la realizzazione delle loro pretese in sede esecutiva, delle modalità di cui agli artt. 602-604 c.p.c. in tema di espropriazione contro il terzo proprietario”.

In discontinuità con il menzionato orientamento si è invece posta Cass. 30 gennaio 2019, n. 2657, la quale ha diversamene ritenuto che “i titolari di diritti di ipoteca sui beni immobili compresi nel fallimento e già costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito, dopo la riforma introdotta dal d.lgs. n. 5 del 2006 devono avvalersi, ai sensi del novellato art. 52, comma 2, l.fall., del procedimento di verificazione dello stato passivo di cui al capo V della l.fall., prescrivendo oggi il nuovo art. 92 l.fall. che l’avviso circa la facoltà di partecipare al concorso sia comunicato non soltanto ai creditori, ma anche “ai titolari di diritti reali o personali su beni mobili o immobili di proprietà o in possesso del fallito”.

Le decisioni successive della Prima Sezione civile hanno visto nuovamente riaffermato l’orientamento tradizionale (si ricordano, in particolare, Cass. 12 luglio 2019, n. 18790, Cass. 21 gennaio 2021, n. 1067), mentre le posizioni della dottrina hanno certamente manifestato posizioni fra loro maggiormente differenziate, molto spesso anche in dissenso rispetto all’orientamento prevalente, vuoi alla luce delle modifiche normative avvenute negli anni 2006-2007, vuoi in ragione del più limitato strumento di tutela concesso dal reclamo ex art. 36 l.fall. nei confronti del progetto di riparto, rispetto al novero delle opposizioni in sede di verifica dello stato passivo[1].

Dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 5 del 2006 e del successivo correttivo – operato con il d.lgs. n. 169 del 2007 – la dottrina assolutamente maggioritaria ha sostenuto questo secondo orientamento. In primo luogo si è fatto leva sul nuovo contenuto letterale dell’art. 52, comma 2, l.fall., il quale ha perso ogni limite applicativo riservato ai crediti, per affermare piuttosto l’esclusività del procedimento di  verifica di cui al Capo V della legge fallimentare, sia rispetto ad “ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o trattato ai sensi dell’art. 111, primo comma, n. 1”, che con riguardo ad “ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare”.  Tale disposizione è stata messa in relazione alla modifica dell’art. 92, che appunto impone al curatore di comunicare ai creditori, ma anche ai “titolari di diritti reali o personali su beni mobili e immobili di proprietà o in possesso del fallito” la possibilità di partecipare al concorso con l’insinuazione e l’udienza fissata per la verifica del passivo. Si è valorizzato, altresì, l’art. 89, comma 1, l.fall. (ad onta della sua rubrica), che assegna al curatore l’esigenza di compilare l’elenco dei creditori, ma anche quello relativo a “tutti coloro che vantano diritti reali e personale, mobiliari e immobiliari, su cose in possesso o nella disponibilità del fallito”, come pure l’art. 16, comma 1, n. 5), che prevede l’assegnazione del termine per la presentazione delle domande di insinuazione, senza operare alcuna distinzione fra creditori e titolari di diritti reali o personali di carattere mobiliare o immobiliare, mentre più in generale lo stesso art. 103 riformato ha fatto venir meno la tradizionale distinzione fra diritti su beni mobili o immobili del fallito. Si è anche notato come post-riforme il riparto non sia più un atto del giudice delegato, bensì un atto del curatore, impugnabile esclusivamente per ragioni di legittimità ex art. 36 l.fall.

Naturalmente, una parte della dottrina ha continuato a sostenere la correttezza dell’indirizzo tradizionale, ribadendo che il mero prelazionario garantito da beni del fallito è in realtà creditore verso un soggetto terzo, da cui la distinzione fra debito e responsabilità; sostenendo altresì che l’art. 52 l.fall. non farebbe riferimento ai diritti reali di garanzia e che l’art. 103 l.fall., pur allargando l’ambito di operatività agli immobili, non riguarderebbe la domanda di “separazione”; questo indirizzo ha altresì rilevato che una volta abrogato l’art. 108 comma 4 l.fall., rimarrebbe il solo avviso di cui all’art. 107 comma 3, che operando esclusivamente “prima del completamento delle operazioni di vendita”, avrebbe la mera funzione di consentire all’ipotecario garantito di partecipare alla distribuzione su quanto ricavato dalla vendita stessa[2].

Più recentemente, è stato altresì messo in luce come la soluzione tradizionale non sia in sintonia con quella accolta dal nuovo Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (recentemente entrato in vigore lo scorso 15 luglio), rilevando come, da un lato, il nuovo art. 151 comma 2 c.c.i. riproponga esattamente lo stesso contenuto dell’art. 52 comma 2 l.fall., e come, dall’altro, l’art. 201, comma 1, c.c.i. preveda oggi l’obbligo, anche da parte del creditore di un soggetto diverso da quello nei cui confronti si apre la liquidazione giudiziale, di presentare domanda di partecipazione al riparto delle somme ricavate dalla liquidazione di beni compresi nella procedura ipotecati a garanzia di debiti altrui, mediante ricorso da trasmettere nelle forme dell’insinuazione al passivo . Aggiunge l’art. 204 c.c.i. che il decreto che rende esecutivo lo stato passivo fallimentare e le decisioni assunte all’esito dei giudizi sulle eventuali impugnazioni del passivo producono effetti endoconcorsuali “limitatamente ai crediti accertati ed al diritto di partecipare al riparto quando il debitore ha concesso ipoteca a garanzia di debiti altrui” (così il comma 5 dell’art. 204 c.c.i., che parla di “effetti soltanto ai fini del concorso”)[3].

3.

All’esito di un’ampia ricostruzione dei precedenti giurisprudenziali e del versante dottrinale, le Sezioni Unite n. 8557/2023 hanno ritenuto di dare continuità all’indirizzo tradizionale ed assolutamente prevalente del S.C..

Si è in primo luogo escluso che sulla questione oggetto di ricorso possa spiegare effetti l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (approvato con il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 e succ. modd.) il cui art. 201 prevede in effetti una soluzione differente, alla luce della norma transitoria contenuta nell’art. 390, comma 2, c.c.i., secondo cui “[l]e procedure di fallimento e le altre procedure di cui al comma 1, pendenti alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché le procedure aperte a seguito della definizione dei ricorsi e delle domande di cui al medesimo comma sono definite secondo le disposizioni del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, nonché della legge 27 gennaio 2012, n. 3”. Si è del resto già escluso che “da una disposizione che rifletta scelte legislative nuove e distinte che corrispondono a un inedito dettame della legge delega” si possano trarre argomenti decisivi per l’esegesi di norme anteriori non in continuità con quelle successive (Cass. S.U. 24 giugno 2020, n. 12476, in motivazione e Cass. S.U. 25 marzo 2021, n. 8504).

A tal punto, sulla scorta della disciplina applicabile, si è rilevato come l’art. 52, comma 2, l. fall. preveda certamente che non solo ogni credito, ma anche «ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare» vada accertato secondo le norme stabilite dal capo V del titolo II, salvo diverse prescrizioni di legge, me che proprio nel capo V non si rinvengano disposizioni che autorizzano l’insinuazione al passivo nella fattispecie in decisione. La domanda di ammissione di cui all’art. 93 può infatti avere ad oggetto, oltre ai crediti, la sola restituzione e rivendicazione di beni mobili e immobili, ed anche la disciplina peculiare dell’art. 103 l.fall. non è riferibile ai diritti reali di garanzia, né contiene più un riferimento alla in precedenza possibile “separazione” di beni all’esproprio fallimentare. Anche l’art. 107, comma 3, l. fall., nel prevedere, con riguardo ai beni immobili e a quelli iscritti nei pubblici registri, che sia data notizia della vendita a “ciascuno dei creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio” vale a consentire ai titolari di “nuda” prelazione, che come detto non possono insinuarsi al passivo, di intervenire nella distribuzione del ricavato dalla vendita del bene concesso in pegno o ipotecato, così da impedire che gli stessi possano subire le conseguenze sfavorevoli dell’effetto purgativo conseguente alla vendita in sede fallimentare.

In sede distributiva, “la verifica da attuarsi in sede di riparto deve anzitutto riguardare la validità ed attualità, oltre che l’efficacia, avendo particolare riguardo alla non revocabilità, della garanzia reale” e può inoltre estendersi, in via puramente incidentale, anche a valutare l’esistenza e l’entità del credito garantito ed il progetto di ripartizione è quindi suscettibile di reclamo, ai sensi dell’art. 36 e 110 l.fall.: “legittimati al suo esperimento sono, oltre ai creditori concorrenti, interessati a soddisfarsi sul bene che risulta gravato da garanzia per il debito altrui, il titolare del pegno o dell’ipoteca a cui va comunicato, come si è appena detto, l’avviso di deposito del piano di riparto”.

La valutazione puramente incidentale del credito garantito, destinata a non spiegare effetti fuori dalla sede concorsuale, giustifica infine la circostanza che il contraddittorio non si estenda al terzo debitore, al quale, conseguentemente, non risulterà “opponibile l’accertamento in questione, ove sia esercitata la rivalsa nei suoi confronti (rivalsa espressamente prevista per il terzo datore di ipoteca dall’art. 2871 c.c.)”.

Sulla scorta di tali considerazioni, pertanto, le Sezioni Unite, con la pronuncia n. 8557 del 27 marzo 2023, hanno risolto il contrasto, affermando i principi di diritto che in premessa si sono richiamati.


[1] Critici rispetto all’indirizzo della S.C. appaiono gli scritti di CATALDO, Ipoteca iscritta su beni del fallito a garanzia di crediti verso terzi (nota a Cass. 30 gennaio 2009, n. 2429, in Fall., 2009, 1402; CATALDO, La verifica dell’ipoteca costituita dal fallito a garanzia di debiti altrui nel procedimento di formazione del passivo, in Fall., 2019, 768; DANOVI, La garanzia ipotecaria data dal fallito per debito altrui (insinuazione al passivo o domanda di intervento, onerosità o gratuità dell’atto), in Fall. 1990, 61; FABIANI, Nota a Cass. 24 novembre 2000, n. 15186, in Foro It., 2001, I, 910; FALAGIANI, Il fallimento del terzo datore di ipoteca: l’accertamento dei diritti del titolare di prelazione, in Fall., 2016, 1219; LAMANNA, Tutela della nuda prelazione nel fallimento del terzo proprietario o datore, in Fall., 1995, 995; MACAGNO, Accertamento dei diritti del titolare di garanzia nel fallimento del terzo datore: l’orientamento della S.C. non appare in sintonia con il Codice della crisi di impresa, in Fall. 2020, 528; STAUNOVO-POLACCO, La verifica delle garanzie reali sui beni del terzo fallito tra vecchio e nuovo fallimento, 2013, 308.

[2] In questo senso, ad es. BOTTAI, Sub art. 52 l.fall., in La legge fallimentare. Commentario teorico-pratico (a cura di M. Ferro), Padova, 2014, 720 e TEDESCHI, L’accertamento del passivo, in Le riforme della legge fallimentare (a cura di A. Didone), I, Milano, 2009, 925.

[3] DELLA SANTINA, L’accertamento del diritto ipotecario nel caso di fallimento del terzo datore, in www.ilcaso.it, 2019; MACAGNO, Accertamento dei diritti del titolare di garanzia nel fallimento del terzo datore, cit., 534.

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