Allegato 2, punto C, numero 3), lettera a), d.lgs. 23 febbraio 2018, n. 20 – illegittimità costituzionale parziale – limitatamente alle parole «o essere interessati da procedimenti penali in corso».

Massima: L’Allegato 2, punto C, numero 3), lettera a), del decreto legislativo 23 febbraio 2018, n. 20, recante «Disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica, predisposto ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lett. g), della legge 28 luglio 2016, n. 154, e ai sensi dell’articolo 2 della legge 12 agosto 2016, n. 170», è costituzionalmente illegittimo per contrasto con l’art. 3 Cost. nella parte in cui prevede che, in funzione di assicurare il requisito di idoneità morale, di indipendenza, di imparzialità e di assenza di conflitto di interesse di cui all’art. 4, comma 6, lettera a), dello stesso decreto legislativo, gli addetti all’attività di controllo e certificazione, presso gli organismi di controllo e certificazione per l’agroalimentare e l’ambiente non devono «essere interessati da procedimenti penali in corso».

Fatto: La presente pronuncia della Corte costituzionale trae origine dal giudizio introdotto da un lavoratore parasubordinato, svolgente mansioni di tecnico ispettore addetto al controllo e alla certificazione dei prodotti da agricoltura biologica e destinatario di avviso di conclusione delle indagini preliminari per i reati di cui agli artt. 81, 640-bis, 48 e 479, in relazione all’art. 476 c.p., al fine di accertare l’illegittimità della risoluzione del contratto di collaborazione coordinata e continuativa stipulato con l’Organismo di Controllo e Certificazione per l’agroalimentare e l’ambiente Suolo e Salute s.r.l., da quest’ultimo unilateralmente disposta in ragione dell’esigenza di uniformarsi alle prescrizioni di cui all’allegato 2, punto C, n. 3, lett. a), d.lgs. n. 20/2018, richiamato dall’art. 4, comma 6, d.lgs. n. 20/2018, attuativo del Regolamento CE n. 834/2007 relativo alla produzione biologica e all’etichettature dei prodotti biologici, che stabilisce che    gli addetti all’attività di controllo e certificazione, presso gli organismi di controllo e certificazione per l’agroalimentare e l’ambiente non debbano «essere  interessati  da  procedimenti  penali  in corso per delitti non colposi per i quali la legge commina la pena di reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni, ovvero per i delitti di cui agli articoli 513, 515,  516,  517, 517-bis, 640  e  640-bis  del  codice  penale».

Il giudice a quo, osservato che il potere di recesso ad nutum del committente era stato in concreto escluso dalle parti mediante l’apposizione di un termine per l’espletamento dell’incarico e ritenuta pertanto necessaria la giusta causa ai fini del legittimo esercizio di detto potere, ha evidenziato che il recesso della società non sarebbe stato più supportato da giusta causa, ove la disposizione contenuta nell’allegato 2 punto C, n. 3, lett. a), d.lgs. n. 20/2018 fosse stata ritenuta non conforme a Costituzione e conseguentemente espunta dall’ordinamento.

Tentata l’interpretazione costituzionalmente orientata della locuzione «essere interessati da procedimenti penali in corso», il Tribunale adito ha ravvisato la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’allegato 2, punto C, n. 3, lett. a), d.lgs. n. 20/2018, nella parte in cui esso prevede che il  requisito  di   idoneità   morale,  di  indipendenza,   di  imparzialità e assenza di conflitto  di  interesse di cui all’art. 4, comma 6, d.lgs. n. 20/2018 è assicurato dall’organismo di controllo, avvalendosi di collaboratori o dipendenti addetti  all’attività  di controllo e certificazione che non debbano «essere  interessati  da  procedimenti  penali  in corso per delitti non colposi per i quali la legge commina la pena di reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni, ovvero per i delitti di cui agli articoli 513, 515,  516,  517, 517-bis, 640  e  640-bis  del  codice  penale», con riguardo agli articoli 3, 27, comma 2, 117, comma 1, Cost., in relazione all’art. 48 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e all’art. 6, par. 2, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Diritto: La Corte costituzionale con la sentenza n. 152 del 2022 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’Allegato 2, punto C, numero 3), lettera a), del decreto legislativo 23 febbraio 2018, n. 20, recante «Disposizioni di armonizzazione e razionalizzazione della normativa sui controlli in materia di produzione agricola e agroalimentare biologica, predisposto ai sensi dell’articolo 5, comma 2, lett. g), della legge 28 luglio 2016, n. 154, e ai sensi dell’articolo 2 della legge 12 agosto 2016, n. 170», limitatamente alle parole «o essere interessati da procedimenti penali in corso», per contrasto con l’art. 3 Cost., con assorbimento delle censure relative agli ulteriori parametri invocati dal giudice a quo (artt. 27, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6, paragrafo 2, CEDU).

A tale decisioni il giudice delle leggi è pervenuto muovendo dalla ricostruzione del quadro normativo in materia di disciplina del sistema dei controlli e della certificazione dei prodotti da agricoltura biologica e dei requisiti soggettivi richiesti per lo svolgimento delle funzioni di controllo e certificazione, esaminando poi siffatta regolamentazione alla luce del più ampio sistema generale delle misure extrapenali, che, nei diversi settori dell’ordinamento, riconnette all’accertamento di determinati reati la produzione di effetti giuridici extrapenali, atti ad incidere in modo limitativo o anche privativo sui diritti soggettivi delle persone interessati dal relativo accertamento.

Per tale via, la Corte costituzionale ha illustrato la disciplina del sistema dei controlli e di certificazione delle attività di produzione, trasformazione, commercializzazione, importazione di prodotti ottenuti secondo il metodo agricolo e agroalimentare biologico, contenuta nel REG (CE) n. 834/2007 relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici (sostituito dal regolamento 2018/848/UE), e nel d.lgs. n. 20/2018, soffermandosi sull’esame delle prescrizioni relative ai requisiti che gli enti accreditati devono assicurare per l’intera durata dell’autorizzazione ministeriale (art. 4, comma 6, d.lgs. n. 20/2018) necessaria per svolgere i compiti di organismo di controllo (art. 4, comma 1, d.lgs. n. 20/2018).

È stato dunque evidenziato che tali requisiti sono sia di carattere oggettivo e concernenti l’adeguatezza delle strutture e delle risorse strumentali e umane rispetto ai compiti delegati (art. 4, comma 6, lettere b e c), sia di carattere soggettivo, concernenti l’idoneità morale, l’imparzialità e l’assenza di conflitto di interesse (art. 4, comma 6, lettera a), specificati nell’Allegato n. 2 che prevede che  i rappresentanti, gli amministratori degli organismi di controllo e certificazione e il personale addetto allo svolgimento di tale attività «non devono aver riportato condanne definitive (o decreto penale di condanna divenuto irrevocabile o sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale) o essere interessati da procedimenti penali in corso per delitti non colposi per i quali la legge commina la pena di reclusione non inferiore nel minimo a due anni o nel massimo a cinque anni, ovvero per i delitti di cui agli articoli 513 515, 516, 517, 517-bis, 640 e 640-bis del codice penale, ovvero condanne che importano l’interdizione dai pubblici uffici per durata superiore a tre anni» (Allegato 2, punto C, numero 3, lettera a).

La Corte costituzionale ha qualificato lo strumento predisposto dal legislatore per assicurare il requisito di idoneità morale, necessario alla conservazione della prescritta autorizzazione ministeriale, in termini di misura extrapenale limitativa di un diritto soggettivo, scaturente dall’accertamento della responsabilità penale o dalla mera sottoposizione ad un procedimento penale per determinati reati, evidenziando come siffatta misura incida egualmente sulla sfera giuridica soggettiva e di chi abbia riportato una sentenza definitiva di condanna o di patteggiamento o un decreto penale irrevocabile di condanna e di chi sia solo «interessato» da un procedimento penale in corso per uno dei sopra elencati delitti.

Esaminate poi le disposizioni legislative, che, in diversi settori dell’ordinamento, riconducono all’accertamento di determinati reati la produzione di effetti giuridici extrapenali e che assolvono alla funzione di comprimere la sfera giuridica dei soggetti a carico dei quali sia stato svolto un accertamento penale (quali l’art. 80, comma 1, d.lgs. n. 50/2016, gli artt. 1, 6, comma 1, 7, comma 1, e 10, comma 1, 11, comma 1, d.lgs. n. 235/2012,art. 3 d.lgs. n. 39/2013, il d.lgs. n. 267/2000 nella versione antecedente le modifiche apportate dall’art.7, comma 1, lett. a), d.l. n. 80/2004), è stato poi sottolineato che le misure extrapenali limitative dei diritti soggettivi della persona operano in genere quale effetto di un accertamento penale – frutto quindi di un vaglio compiuto dal giudice nel processo – che abbia raggiunto un grado di affidabilità corrispondente quanto meno a quello derivante da una condanna non definitiva.

In questa prospettiva, il Giudice delle leggi ha ritenuto che la disposizione censurata fosse incoerente con il sistema generale tratteggiato dall’ordinamento, che ha elevato a presupposto di applicabilità della misura extrapenale la circostanza che l’accertamento della responsabilità penale sia stato oggetto di un primo vaglio giudiziario.

La disposizione censurata è ad avviso della Corte costituzionale peraltro frutto di un non equilibrato bilanciamento tra l’interesse dell’individuo ad esercitare i propri diritti soggettivi e, nella specie, il diritto al lavoro e l’interesse dello Stato ad evitare che gli autori o, i gravemente indiziati) di determinati reati possano tenere comportamenti atti a ledere o a porre in pericolo interessi contigui al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice (in thesi)violata. Segnatamente, l’allegato n. 2 nell’anticipare la tutela dell’interesse dello Stato a che l’attività di controllo e certificazione dei prodotti da agricoltura biologica non sia esercitata da soggetti che abbiano commesso reati contro l’industria, il commercio, il patrimonio o che siano puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e nel massimo a cinque anni sin già dal momento in cui un individuo risulta «interessato da un procedimento penale» determina una compressione non proporzionata della capacità di chi, per il solo fatto dell’iscrizione nel registro degli indagati, sia sottoposto a procedimento penale, viene privato della possibilità di svolgere attività lavorativa.

La Corte costituzionale ha poi ripercorso la propria giurisprudenza in punto di irragionevolezza di previsioni legislative che riconducano la produzione di effetti extrapenali limitativi della sfera giuridica dei singoli a prescindere da un accertamento della responsabilità penale che abbia raggiunto un livello di certezza o quantomeno di rilevante probabilità, (Corte cost. n. 78/2015; Corte cost. n. 173/1997; Corte cost. n. 239/1996), per giungere ad affermare che «il legislatore, nel definire il requisito di idoneità morale all’attività di controllo, ha omesso di operare un bilanciamento tra l’interesse della persona a conservare tale requisito, rilevante tanto più quando condiziona il diritto al lavoro (autonomo o subordinato), e l’interesse dello Stato a garantire i requisiti di idoneità morale richiesti per lo svolgimento dell’attività di controllo e di certificazione di prodotti agroalimentari biologici. Vi è al contrario, nella fattispecie, un totale sacrificio del primo interesse – non richiedendosi neppure il mero fumus della responsabilità penale – in misura, quindi, non proporzionata alla tutela del secondo».

Sulla scorta delle superiori considerazioni il Giudice delle leggi in conclusione ha dichiarato che l’Allegato 2, punto C, numero 3), lettera a), del decreto legislativo 23 febbraio 2018, n. 20 è in contrasto con l’art. 3 Cost. nella parte in cui prevede che, per assicurare il requisito di idoneità morale, di indipendenza, di imparzialità e di assenza di conflitto di interesse di cui all’art. 4, comma 6, lettera a), dello stesso decreto legislativo, gli addetti all’attività di controllo e certificazione, presso gli organismi di controllo e certificazione per l’agroalimentare e l’ambiente, non devono «essere interessati da procedimenti penali in corso».

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