«Don Peppe Diana e la caduta di gomorra» più che una semplice biografia dell’unico sacerdote ucciso dalle mafie in una chiesa italiana è il racconto del «miracolo collettivo» accaduto a Casal di Principe dopo l’uccisione del sacerdote. Una sequela di eroi che si prendono per mano combattono giorno per giorno contro il clan dei casalesi in silenzio costruendo un nuovo Avvenire per la loro gente. Il motivo per cui anche il Capo dello Stato ha scelto Casal di Principe per l’unica visita in un luogo storico di mafia. Il libro racconta per l’appunto quello che è successo negli anni successivi all’assassinio in Chiesa di don Giuseppe Diana. Le cooperative nate, la nascita della biblioteca comunale, il premio Strega a Casale grazie al Premio Buone Notizie e tanto altro. Don Peppino era un sacerdote di Casal Di Principe, parroco della Chiesa di San Nicola di Bari, divenuto un punto di riferimento per i suoi documenti e soprattutto per i suoi gesti contro la camorra. I clan avevano un potere fortissimo e quegli anni erano difficili e bui; il territorio veniva controllato dalla malavita centimetro per centimetro come racconta Luigi Ferraiuolo nel libro pubblicato da Edizioni San Paolo. Era il 19 marzo del 1994 e da poco erano passate le 7:20 quando il sacerdote veniva ucciso con cinque colpi di pistola mentre si preparava per celebrare la Messa. Ad uccidere don Peppino fu Giuseppe Quadrano riconosciuto grazie ad Augusto di Meo, amico del sacerdote e testimone oculare dell’assassinio. Mandante dell’omicidio era il boss Nunzio De Falco. A Casale don Peppe ricordava a tutti che non si poteva vivere sotto la dittatura della camorra; il suo impegno veniva portato avanti con la semplicità che lo contraddistingueva ma anche con molto coraggio perché ciò che faceva non era scontato in questa piccola parte della Provincia di Caserta dove il clan, attraverso il peso militare ed economico, condizionava l’Italia.

 Un clan che è stato tra i più potenti e violenti criminalmente come scritto nel libro “Don Peppe Diana e la caduta di Gomorra” da Ferraiuolo, definito custode del ricordo di don Diana dal nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel corso della sua visita proprio a Casal Di Principe. Si racconta anche di quando il clan decise di fare chiarezza su chi comandasse e quindi fece sfilare all’imbrunire un corteo di auto per le strade di Casale, San Cipriano e Casapesenna. Affiliati armati di tutto punto e con mitra in mano si muovevano per vicoli e strade principali. Una dimostrazione di forza che fece abbassare le saracinesche di bar, negozi, circoli e locali pubblici ma che fa capire a chi sfoglia le pagine di questo libro quale era il contesto in cui don Peppe portava avanti la sua grande opera; non aveva scelto la strada del silenzio.

Da quel triste giorno di marzo i veri Casalesi, cioè gli abitanti di Casale e non gli affiliati al clan, hanno reagito e dal martirio di don Peppe questo territorio è rinato. Rinasce anche con il riutilizzo dei beni confiscati che vengono riaperti e al cui interno rifiorisce la dignità del lavoro e la speranza dei veri casalesi. Sì i veri Casalesi e non i falsi casalesi affiliati al clan che si è appropriato del nome di questa città come è accaduto in Sicilia per Corleone con i Corleonesi.

Oggi, dopo tanti anni, è nata anche un’altra iniziativa dell’autore, insieme con tanti altri giornalisti italiani e stranieri, “Il quaderno rosso di Don Giuseppe Diana” con cui sta girando l’Italia per raccogliere le firme per chiedere a Papa Francesco di elevare a Martire il sacerdote ucciso; iniziativa abbinata alla presentazione del libro e alla proiezione di un documentario. La prima tappa è stata a Caserta il 4 maggio scorso e poi piano piano, incontro dopo incontro, l’obiettivo è quello di raccogliere le firme di Vescovi, Cardinali, autorità, fedeli e persone comuni in tutto il Paese ma anche fuori.

Scarica il pdf

Condividi