Il D.Lgs. n. 150 del 10 ottobre 2022, adottato in attuazione della L.  27 settembre 2021 n. 134, introduce significative innovazioni sul regime delle notifiche del procedimento penale  .

L’impatto immediato che le stesse spiegheranno nella trattazione degli affari impone focalizzare le più significative novità , individuando le linee portanti del nuovo sistema in uno alle possibili criticità operative.

Notifica telematica

Irrompe definitivamente nel procedimento penale la “notifica telematica” (art. 148 comma 1 c.p.p.).

Già nota agli operatori a partire dall’art. 16 del d.l. 18.10.2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla l. 17.11.2012, n. 221,     la notifica telematica diventa la regola generale del procedimento notificatorio nel codice di procedura penale.

Le notifiche “tradizionali” avranno luogo , in via sussidiaria,  solo  (art. 148 comma 4 c.p.p.):

  • ricorra un caso  previsto dalla legge;
  • vi sia  assenza o inidoneità del domicilio digitale del destinatario ( il CAD – Codice dell’Amministrazione Digitale – introdotto dal d.lgs.7.03.2005, n. 82 , come integrato  nell’ambito della riforma cd. MADIA, con d. lgs. 13 dicembre 2017, n. 217 ,  disciplina ora il “domicilio digitale”, definendolo “un indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata o un servizio elettronico di recapito certificato qualificato, come definito dal regolamento (UE) 23 luglio 2014 n. 910 del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE, di seguito “Regolamento eIDAS”,valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale”)  ;
  • ostino impedimenti tecnici.

E’ evidente  la svolta digitale che si è inteso imprimere  al procedimento penale, sol che si leggano queste novità in combinato disposto con quelle introdotte in tema di “forma” dell’atto processuale (informatico) e/o di deposito telematico agli artt. 110 e ss. c.p.p. nuova formulazione.

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La nuova disciplina tocca tutte le parti del procedimento, senza esclusione alcuna.

Salta così anche il divieto di notifica telematica nei confronti dell’indagato o imputato.

Anche costoro potranno essere raggiunti da tale notifica, salvo i limiti e le eccezioni che si andranno ad esporre onde rafforzare, a loro favore,  la tutela della effettiva conoscenza del procedimento  e dell’accusa sollevata.

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I nuovi art. 64 disp att. c.p.p. (comunicazioni di atti) e 152  cpp , in combinato disposto con l’art. 56 bis c.p.p. (notificazioni richieste dalle parti private)  ed art. 153 c.p.p. (notificazioni e comunicazioni al pubblico ministero) costituiscono adeguamenti rispetto alla ormai generale praticabilità delle notifica telematica e non presentano particolari criticità .

Gli organi notificatori

La notifica telematica è curata dalle “segreterie (dei PM) e cancellerie (dei Giudici, cfr art. 148 comma 1) che diventano così i primi organi notificatori.

Quando essa non possa aver luogo, interverrà come sempre l’Ufficiale giudiziario o chi ne esercita le funzioni  con le modalità (tradizionali) previste (art.148 comma 5 c.p.p.)

Da ultimo la PG.

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Si rimodula  l’utilizzo della PG  nell’espletamento delle notifiche.

Il previgente art. 148, 2° co., che regolava la competenza della PG in tema di notifiche,  subìva diverse modifiche negli anni.

In un primo momento (art. 3, 1° co., L. 26.3.2001, n. 128), nell’intento di alleviare la polizia giudiziaria dai compiti derivanti dalle notifiche di atti giudiziari ed allo scopo di restituirla ai suoi tipici compiti investigativi, si  modificava la norma nel senso di delimitare la possibilità per il Giudice di ricorrere alla polizia giudiziaria per la notificazione degli atti nei soli casi di procedimenti con detenuti e «negli altri casi di assoluta urgenza».

Quest’ultima clausola era   eliminata a seguito dell’intervento di modifica realizzato dall’art. 9, D.L. 18.10.2001, n. 374, convertito, con modificazioni, in L. 15.12.2001, n. 438, dal che il ricorso alla polizia giudiziaria era  rimasto legato esclusivamente ai procedimenti con detenuti. 

Ecco che, al fine di concentrare la PG sui suoi specifici compiti investigativi e di contrasto alla criminalità, l’art. 148, 2° co. era  ulteriormente modificato ad opera dell’art. 17, D.L. 27.7.2005, n. 144, convertito, con modificazioni, dalla L. 31.7.2005, n. 155.

In questa seconda occasione era  previsto che, nei procedimenti con detenuti ed in quelli davanti al tribunale del riesame, ove vi fosse urgenza, le notificazioni potevano essere eseguite tramite la Polizia penitenziaria del luogo in cui i destinatari sono detenuti.

L’esigenza posta alla base di questa previsione era sempre quella di “liberare” la polizia giudiziaria dal compito delle notificazioni e consentirle di adempiere con maggiore  dedizione  ai suoi obblighi  relativi alle investigazioni 

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La Riforma Cartabia sul tema sembra imboccare una direzione diversa.

Visibilmente ispirata a propositi di funzionalità e di sollecitudine procedimentale, in primis vengono confermate le norme secondo cui :

  • la Polizia Giudiziaria potrà essere investita della notifica  quando (disposizione già vigente all’art.151 comma 1 c.p.p.) sia il PM a chiederlo   “nei casi di atti di indagine o provvedimenti che la stessa PG  è delegata a compiere o è tenuta ad eseguire”;
  • la “Polizia Penitenziaria” potrà essere parimenti impiegata per la notifica degli atti  nei “procedimenti con detenuti e in quelli davanti al Tribunale del Riesame”  (norma analoga al previgente art. 148 comma 2 cpp) soccorrendo in particolare  la competenza, in  caso di urgenza,  della “polizia penitenziaria del luogo in cui i destinatari sono detenuti” (148 comma 7 c.p.p nuova formulazione).

In secundis, viene introdotta – ed è questa la novità –  la disposizione di cui all’art. 157 ter comma 2 c.p.p. .

La norma regola con chiarezza gli ulteriori casi in cui l’Autorità giudiziaria potrà servirsi della PG per le notifiche, volendosi – verosimilmente – dissipare ogni dubbio nelle   querelle che talvolta sorgevano in ordine ai limiti di ammissibilità delle deleghe in tema di notifica.

Quando sia necessario  “per evitare la scadenza del termine di prescrizione del reato o il decorso del termine di improcedibilità di cui all’articolo 344-bis oppure sia in corso di applicazione una misura cautelare ovvero in ogni altro caso in cui sia ritenuto indispensabile e improcrastinabile sulla base di specifiche esigenze”, si prevede che l’Autorità Giudiziaria abbia il potere di disporre che la notificazione all’imputato dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, della citazione a giudizio ai sensi degli articoli 450 comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale di condanna sia eseguita dalla polizia giudiziaria.

Vero è che il potere è concesso solo per  gli “atti introduttivi di giudizio” e per il  decreto penale.

Nondimeno, in una delle fasi più delicate del procedimento (quello della vocatio in ius ovvero della statuizione di condanna inaudita altera parte) l’impiego della PG rappresenterà   per il Giudice un ottimo  strumento di velocizzazione, anche grazie alla clausola aperta delle “specifiche esigenze”,  tale da consentire elasticamente  al Magistrato l’individuazione  , volta per volta , delle diverse ragioni giustificative della  notifica a  mezzo  PG .

La novità non può che essere salutata con favore.

Le notifiche alla p o

Viene introdotto per la persona offesa che abbia proposto querela  l’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio  contestualmente alla dichiarazione di querela o con dichiarazione successiva secondo le forme previste (art. 153 bis c.p.p.).

Stesso obbligo è introdotto in caso di mutamento successivo del domicilio, da comunicarsi con le medesime forme.

Valorizzandosi sempre  il dato telematico, è previsto per la prima volta  che , per assolvere all’obbligo di dichiarazione di domicilio, il querelante possa anche dichiarare un indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato.

Va da sé che le notificazioni al querelante saranno eseguite presso il domicilio dichiarato o eletto.

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La scarsa collaborazione del querelante viene sanzionata con meccanismi di domiciliazione ex lege già noti nel nostro codice.

Infatti, in  caso di mancanza  , insufficienza o inidoneità della   dichiarazione o dell’elezione di domicilio, scatterà la notifica  presso il difensore nominato, ovvero, nel caso in cui il querelante non abbia nominato un difensore, mediante deposito dell’atto nella segreteria del pubblico ministero procedente o nella cancelleria del giudice procedente.

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La norma non convince con riguardo alle finalità di semplificazione da perseguire.

Essa infatti ,  superando  il disposto di cui all’art. 33 disp. att. c.p.p. , rimasto ancora vigente , di fatto ne sterilizza la portata, quando esiste un querelante.

Secondo tale ultima norma , deve ricordarsi, “il domicilio della persona offesa dal reato che  abbia  nominato un difensore si intende eletto presso quest’ultimo”.

Tratta(va)si di un  domicilio ex lege che prevaleva rispetto  alla (eventuale) diversa  volontà della p.o. .

La Cassazione afferma da tempo che la notifica  presso il difensore della persona offesa doveva intendersi correttamente effettuata, a norma dell’art. 33 disp. att. cod. proc. pen., anche nell’ipotesi in cui la persona offesa abbia precedentemente eletto un proprio domicilio (Sez. 6, n. 30743 del 10/07/2009 – dep. 23/07/2009, P.O. in proc. Donati, Rv. 244775).  La disposizione ex art. 33 cit. , si sosteneva,  dà corpo ad un criterio di domicilio legale destinato a rimanere insensibile anche alle opzioni di segno diverso manifestate dalla persona offesa in conformità alla “ratio” ad essa sottesa, legata alla intenzione di soddisfare esigenze di speditezza e di economia processuale e non già a creare un assetto di garanzie a tutela della persona offesa (cfr Sez. 6, n. 1574 del 29/03/2000 – dep. 06/07/2000, De Gennaro A, Rv. 217132; Sez. 6, Sentenza n. 11168 del 26/02/2015 Cc.  (dep. 16/03/2015 ).

Ora non sarà più così.

Quando è stata proposta querela, è dato preminente rilievo alla dichiarazione o elezione di domicilio della p.o. querelante.

E solo in caso di mancanza , insufficienza o inidoneità  della dichiarazione o elezione, scatta la domiciliazione ex lege presso il difensore .

Sennonchè,  tale nuovo assetto non appare proprio in linea con le esigenze di speditezza che si volevano  soddisfare , posto che sarebbe stato  più funzionale a queste ultime la piena operatività del regime previgente (art. 33 cit.) , con  immediata possibilità di effettuare una   notifica (telematica) presso il difensore di fiducia, senza il previo passaggio per la notifica presso uno specifico luogo scelto dalla p.o. (potenzialmente anche secondo le modalità tradizionali).

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A recuperare snellezza nella procedura, di contro, va segnalata la norma di chiusura dell’art. 153 bis c.p.p. .

Quando il querelante non ha eletto o dichiarato domicilio e non ha un difensore di fiducia, la notifica potrà essere effettuata direttamente in cancelleria e segreteria.

Ciò significa che la p.o. querelante   non riceverà più le  notifiche nei luoghi ex art. 154 c.p.p. .

E questo obiettivamente semplificherà l’adempimento , andandosi a sanzionare (implicitamente) la condotta poco collaborativa di una  p.o.  che, se  non ha né eletto domicilio né nominato  un difensore,  dovrà onerarsi di prendere informazioni del procedimento presso gli uffici indicati, senza poter ricevere comunicazione presso i luoghi di cui all’art. 154 cit. .  

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Significative sono anche talune modifiche integrative dell’art. 154 cpp (notifiche alla p.o.).

Pur confermandosi – salvo il disposto dell’art. 153 bis illustrato – che le notifiche alla p.o. avvengono a norma dell’art. 157 commi 1,2,3,4 e 8 c.p.p. , è introdotto l’ulteriore inciso “salvo che la stessa (p.o.) abbia eletto o dichiarato domicilio”.

Tale inciso sembra consentire alla p.o. (anche non querelante, quindi al di fuori del raggio di operatività dell’art. 153 bis cit.) sempre la dichiarazione ed elezione di domicilio, capace di prevalere sui luoghi e sulle modalità indicate ex art. 157 cit.

Notifiche al responsabile civile ed

alla persona civilmente obbligata alla pena pecuniaria

In raccordo con la regola generale ex art. 148 c.p.p. (notifica telematica per tutti) , al comma 2 dell’art. 154 c.p.p. viene stabilito che la prima notifica ai due soggetti sopra indicati è eseguita con le forma previste per l’imputato non detenuto solo “nei casi di cui all’art. 148 comma 4 c.p.p.”.

Ciò significa che se il responsabile civile o il civilmente obbligato dispongono di un domicilio digitale, la notifica sarà telematica.

In caso contrario, scatterà la notifica “tradizionale” ex art. 157 c.p.p . 

Una volta costituiti, la parte civile, il responsabile civile ed il civilmente obbligato sono notificati presso i difensori, come in passato.

Se tuttavia responsabile civile ed il civilmente obbligato non si costituiscono, il primo riferimento sarà nuovamente il loro (eventuale) domicilio digitale , sussistendo il quale opererà la notifica telematica.

Solo in mancanza di domicilio digitale, vi sarà l’obbligo di dichiarare o eleggere domicilio (come in passato) anche attraverso un indirizzo di posta certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato (novità) .

In difetto di elezione o dichiarazione di domicilio, notifica in cancelleria (o segreteria) come in passato.

Notifiche  all’imputato detenuto

All’art. 156 c.p.p. viene introdotto l’obbligo di notifica , anche per le notifiche successive alla prima, “mediante consegna di copia” a favore dell’imputato detenuto.

Si è ritenuto di dovere recepire il principio affermato da Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, che ha richiesto che le notificazioni all’imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio.

E si è inteso garantire la notifica in questi termini anche per le “notifiche successive alla prima”, onde rafforzare la tutela di conoscibilità dell’atto da parte del detenuto , a fronte di una maggiore certezze di esito positivo della notifica , posto che l’atto deve raggiungere luoghi in cui vi sarà sempre  rituale consegna al detenuto o a diverso soggetto legittimato .

Nel caso in cui l’imputato sia detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari, la notifica avverrà secondo le norme dell’art. 157 c.p.p “con esclusione delle modalità di cui all’art. 148 comma 1 c.p.”: la notifica telematica si è così  ritenuto di escluderla espressamente (pur essendo essa già incompatibile con la indicazione delle “norme   dell’art. 157 c.p.p.”).

In definitiva, la notifica telematica con l’imputato detenuto è totalmente fuori gioco.

Ed è fuori gioco anche la notifica presso il difensore , che come si vedrà – dopo una prima notifica all’imputato/indagato  o un primo contatto tra questi e la PG – sarà la regola.

Notifiche  all’imputato non detenuto

La prima notifica all’imputato non detenuto viene profondamente modificata in attuazione dei principi fondanti della riforma.

In primis, l’operatività delle forme “tradizionali” è limitata solo ai casi “dell’art. 148 comma 4 c.p.p.” .

Ciò significa che in prima battuta dovrà  percorrersi la strada della notifica telematica.

Opereranno le “forme tradizionali” solo se ricorrano   divieti di legge – come infatti  si andrà ad esporre –  ovvero se  l’imputato non detenuto non disponga di un  “un domicilio digitale” idoneo.

In secundis,   è previsto un regime di particolare garanzia per gli atti introduttivi del giudizio (siccome contenenti l’accusa elevata dal PM) e per il decreto penale di condanna (siccome contenente una statuizione di condanna inaudita altera parte)  .

Per tali atti  è testualmente esclusa la notifica telematica ex art. 148 comma 1 cpp e si applicheranno sempre le forme “cartacee” di cui all’art. 157 c.p.p.

In tertiis, è introdotta una regola generale per cui, dopo una prima notifica (art. 157 comma 8 ter)  ovvero un primo contatto con l’Autorità (art. 161 comma 01 c.p.p.), le successive notifiche – previo espresso avvertimento all’interessato – saranno sempre eseguite presso il difensore (salvo il regime “speciale” previsto per gli atti introduttivi del giudizio e per il decreto penale di condanna).

L’interazione di tali regole produce che l’imputato non detenuto riceverà la prima notifica con le forme tradizionali dell’art. 157 c.p. sempre che:

  • non abbia avuto un primo contatto con la PG (o  una precedente notifica) , in occasione del quale (contatto) o della quale (notifica) abbia ricevuto l’avvertimento che “le notifiche successive (diverse dagli atti “garantiti”) saranno effettuate mediante consegna al difensore di fiducia o di ufficio” (art. 161 comma 01 c.p.p.); laddove, in quest’ultimo caso,  la notifica avverrà in via telematica nei confronti del difensore;
  • non prevalga la notifica telematica ex art. 148 c.p.p. , la quale potrà essere effettuata con preferenza quando non ricorrano esclusioni di legge (come nel caso degli atti “garantiti” come sopra) e l’imputato disponga in un idoneo domicilio digitale.

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Le modalità della notifica (tradizionale) ex art. 157 c.p.p restano sostanzialmente invariate, salvo due modifiche.

Da un lato, in caso di notifica nel luogo in cui l’imputato esercita abitualmente l’attività lavorativa, se non è possibile consegnare personalmente la copia, è previsto che la consegna  possa essere  eseguita “al datore di lavoro o ad una persona addetta alla ricezione degli atti”:  nella relativa ipotesi – contrariamente alla consegna al portiere –  non è prevista alcuna raccomandata informativa .

Dall’altro lato,  nella raccomandata che l’ufficiale giudiziario deve spedire ex art. 157  comma 8 c.p.p  non è più previsto che si dia “comunicazione” dell’avvenuto deposito presso la casa comunale.

Nella raccomandata vi sarà direttamente la copia dell’atto da notificare (non più da recuperare al Comune), il che faciliterà  la conoscenza del medesimo da parte del destinatario,  a parità di dispendio di energie per l’amministrazione.

Scelta indubbiamente provvida.

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L’art. 157 bis c.p.p , notifiche successive alla prima, è diretta applicazione dei criteri ispiratori  sopra enunciati.

Si prevede che tutte le notificazioni all’imputato non detenuto successive alla prima, “diverse dalla notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, della citazione in giudizio ai sensi degli articoli, 450 comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale di condanna”, sono eseguite mediante consegna al difensore di fiducia o di ufficio.

Il difensore non può più rifiutare la domiciliazione ex lege, come di contro avveniva ex art. 157 comma 8 bis c.p.p. .

Vi è però  un limite.

Quando il primo atto notificato (quindi l’eccezione non  vale chiaramente nel caso di primo contatto con la PG ex art. 161 comma 01 c.p.p. ) viene consegnato a persona diversa dall’imputato, dal convivente o dal portiere, le notifiche successive alla prima non avverranno presso il difensore, ma  dovranno essere effettuate sempre ex art. 157 c.p.p. onde garantire  maggiore conoscibilità al destinatario.

Lascia tuttavia perplessi un aspetto.

Se l’atto viene consegnato al portiere (con successiva raccomandata, ex art. 157 c.p.p), il legislatore “si fida” e , ritenendo di aver garantito una sufficiente conoscibilità dell’atto,  la successiva notifica potrà essere compiuta al difensore.

Se l’atto viene consegnato al datore di lavoro ,  il legislatore “non si fida più”  e  la successiva notifica dovrà essere ripetuta ex art. 157 c.p.p. . .

Il diverso trattamento lascia perplessi.

Sembra infatti esservi   una   vicinanza tra  datore di lavoro e   dipendente imputato nettamente maggiore rispetto a quella corrente  tra un portiere ed un condomino imputato.

Lo stesso legislatore, condividendo implicitamente tale diversa contiguità  , non ha previsto,  in caso di consegna al datore di lavoro,  la  raccomandata di conferma ex art. 157 comma 3 c.p., di contro da sempre  richiesta  per il caso della consegna al portiere..

Non è chiaro allora per quale  ragione la domiciliazione ex lege presso il difensore  scatta nel caso di notifica al portiere (più delicata, come da raccomandata informativa successiva) e non scatta nel caso di notifica con consegna ad un datore di lavoro  che vede tutti i giorni l’imputato/indagato.

Comunicazione di cortesia

Viene introdotta nel nostro ordinamento processuale la “comunicazione di cortesia” a favore degli indagati e imputati  ( art. 63-bis. disp. att.).

La comunicazione è curata  dalla cancelleria o dalla segreteria, in tutti i casi di notifica all’indagato  o all’imputato in cui vi sia stata “l’avvenuta consegna dell’atto a persona fisica diversa dal destinatario” , “fatta eccezione per il caso di notificazione al difensore o al domiciliatario”.

In questi casi, gli uffici danno l’ “avviso di cortesia” al destinatario dell’avvenuta notifica dell’atto tramite comunicazione al recapito telefonico o all’indirizzo di posta elettronica dallo stesso indicato ai sensi dell’articolo 349, comma 3, del codice.

Rileva così il nuovo art. 349 comma 3 c.p.p. .

La norma prevede che la PG , quando procede alla identificazione,  invita la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a dichiarare o eleggere il domicilio per le notificazioni a norma dell’articolo 161 nonché (novità) ”ad indicare il recapito della casa di abitazione, del luogo in cui esercita abitualmente l’attività lavorativa e dei luoghi in cui ha temporanea dimora o domicilio, oltre che ad indicare i recapiti telefonici o gli indirizzi di posta elettronica nella sua disponibilità.”.

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La “comunicazione di cortesia” costituisce un  ulteriore momento di garanzia  a favore dell’indagato e/o dell’imputato onde assicurare  una effettiva  conoscenza degli atti da cui tali soggetti siano raggiunti (in sede , soprattutto, di prima notifica).

La norma è tuttavia foriera di talune incertezze applicative.

In primis , non è chiaramente regolata la modalità di documentazione di tale adempimento.

Sul  punto , sembrerebbe corretto assumere che gli uffici andranno ad apporre in calce alla relata di notifica (che attesti l’avvenuta consegna a persona diversa) l’ulteriore annotazione in cui si dà  atto dell’avvenuta comunicazione nei termini prescritti.

In secundis, appare delicato individuare il regime di invalidità applicabile nel caso di omissione della “comunicazione di cortesia” ovvero quando la stessa non risulti in atti.

Il tema  involge la nullità ex artt. 178 lett. c) c.p.p..

Sembrerebbe, infatti,  che tale nuova “comunicazione” costituisca una integrazione normativamente obbligata del procedimento di notificazione dell’Ufficiale Giudiziario o della PG, tale da toccare  i valori del regolare intervento e/o assistenza dell’imputato nel procedimento  e da chiamare in campo il regime delle nullità .

In altri termini, in caso di consegna a persona diversa,  è richiesto un nuovo adempimento senza il quale la notifica attende di perfezionarsi, secondo uno schema a formazione progressiva.

Il che, a ben vedere,  porrà diverse criticità operative :

  • sia perché saranno i cancellieri o i segretari a dover verificare in prima battuta l’identità del consegnatario dell’atto e verificare se lo stesso si identifichi nel destinatario, con una  incombenza  che aggraverà il lavoro dei rispettivi uffici;
  • sia perché, in caso di mancato controllo preventivo, in udienza sarà troppo tardi, posto che  – essendo mancata l’integrazione della notifica costituita dalla “comunicazione di cortesia” – la notifica non potrà dirsi perfezionata e dovrà in ogni caso rinviarsi , anche per rispetto dei termini di comparizione,  con ordine di rinnovazione della stessa .

Notifiche successive alla prima – Domiciliazione legale – Avvertimenti – la nuova dichiarazione ed elezione di domicilio

Se le notifiche successive alla prima – quando non riguardano gli atti introduttivi  del giudizio o il decreto penale di condanna, cfr supra – devono avvenire presso il difensore (art. 157 bis cp) , l’indagato/imputato dovrà  essere  avvisato.

Ecco che , pertanto, il primo comma (01) dell’art. 161 c.p.p.  si salda con la nuova regola di domiciliazione legale presso il difensore.

Secondo il nuovo comma 01 cit. “la polizia giudiziaria, nel primo atto compiuto con l’intervento della persona sottoposta alle indagini, se è nelle condizioni di indicare le norme di legge che si assumono violate, la data e il luogo del fatto e l’autorità giudiziaria procedente, ne dà comunicazione alla persona sottoposta alle indagini e la avverte che le successive notificazioni, diverse da quelle riguardanti l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, la citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601 e il decreto penale di condanna, saranno effettuate mediante consegna al difensore di fiducia o a quello nominato d’ufficio”.

La norma in tal modo intende assicurare all’indagato/imputato la piena consapevolezza del fatto che le notifiche (successive) avverranno presso il difensore.

Ed è chiaro che –  se la domiciliazione legale presso il difensore vale solo per gli atti diversi da quelli “garantiti”  (avviso di fissazione dell’udienza preliminare, citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601 , il decreto penale di condanna)  – il contenuto dell’avviso non potrà che rispecchiare tale regime , dovendosi avvertire  l’imputato/indagato anche del fatto  che, in ogni caso,  tali atti saranno fuori dalla domiciliazione legale de quo.

Ad identica ratio risponde l’art. 157 comma 8 ter c.p.p. .  

Infatti, se non vi è stato  un primo contatto tra l’indagato e la PG (art. 161 comma 01 cit.), l’avviso della domiciliazione legale presso il difensore  avverrà  quanto l’indagato è raggiunto dalla prima notifica di un atto.

Pertanto, ai sensi dell’art. 157 comma 8-ter , “con la notifica del primo atto, anche quando effettuata con le modalità di cui all’articolo 148, comma 1, l’autorità giudiziaria  avverte l’imputato, che non abbia già ricevuto gli avvertimenti di cui all’articolo 161, comma 01” negli stessi termini sopra indicati (cioè che le successive notificazioni, diverse dalla notificazione dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, della citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601, nonché del decreto penale di condanna, saranno effettuate mediante consegna al difensore di fiducia o a quello nominato d’ufficio).

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La “domiciliazione legale” degli indagati/imputati presso i difensori da tempo preoccupava gli avvocati per i possibili  profili di responsabilità professionale che potevano sorgere in caso di mancata o ritardata informazione degli assistiti.

La Riforma Cartabia, condivisibilmente, si è fatta carico di tali  istanze , a fronte dell’obiettivo pericolo che gli avvocati, in caso di impossibilità di raggiungere i clienti  per adempiere al loro obbligo informativo, potessero successivamente vedersi addebitate negligenze o inadempienze non imputabili a loro effettiva responsabilità .

Ecco che, allora, nei “primi avvisi” di domiciliazione legale, con norma identica (sia per il caso di prima notifica di un atto , sia per il caso di primo contatto con la PG)   la persona sottoposta alle indagini “è altresì avvertita che ha l’onere di indicare al difensore ogni recapito, anche telefonico, o indirizzo di posta elettronica nella sua disponibilità, ove il difensore possa effettuare le comunicazioni, nonché di informarlo di ogni successivo mutamento” .

E’ onere dell’interessato, pertanto, porre il difensore nella materiale possibilità di raggiungerlo ed informarlo degli atti che riceve.

In mancanza di adeguata indicazione, l’ignoranza resterà a carico dell’indagato, che nulla potrà contestare al suo avvocato.

Tanto è vero che, secondo l’art. 28. disp.att.c.p.p. (nuovamente emendato dalla Riforma)  , “ il nominativo del difensore di ufficio è comunicato senza ritardo all’imputato con l’avvertimento che può essere nominato, in qualunque momento, un difensore di fiducia” e (comma 1-bis) “contestualmente sono comunicati i recapiti, anche telefonici e telematici, del difensore” .

In tal modo ,  l’imputato potrà  prendere immediatamente contatti anche con il professionista nominato di ufficio , affinchè possa instaurarsi da subito quella immediata  “relazione comunicativa” che è alla base della domiciliazione legale.

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Una volta introdotto il regime di “domiciliazione legale” presso il difensore, con le esclusioni sopra ricordate (atti introduttivi di giudizio e decreto penale), la nuova dichiarazione o elezione di domicilio non potrà che avere una “oggettività ristretta”.

Il domicilio dichiarato ed eletto riguarderà , d’ora in avanti, solo gli atti per cui la domiciliazione legale non vale.

La dichiarazione o elezione di domicilio produrrà i suoi effetti  – ai fini della notifica- solo per l’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, la citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601 , il  decreto penale di condanna.

Per tutti gli altri atti, opererà (notifiche successive alla prima) la domiciliazione legale presso il difensore.

Tale assetto, oltre ad essere già desumibile dall’art. 161 c.p.p., è ulteriormente chiarito dall’art. 164 c.p.p. : la dichiarazione o elezione non è più valida “per ogni stato e grado del procedimento” , ma solo per le notificazioni “dell’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, della citazione in giudizio ai sensi degli articoli 450, comma 2, 456, 552 e 601 , del  decreto penale di condanna” , salvo l’art. 156 c.p.p. (cioè lo stato detentivo, dove la notifica avverrà sempre direttamente al detenuto, cfr supra).

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Merita attenzione il fatto che l’intervento sull’art. 161 c.p.p. , recepisce quanto prescritto dalla legge delega con riguardo alla nuova possibilità che l’imputato possa dichiarare, ai fini delle notificazioni, un proprio indirizzo di posta elettronica certificata o altro servizio elettronico di recapito certificato qualificato (comma 1 art. 161 cpp).

La svolta telematica è a tutto tondo.

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Per i casi di rifiuto della domiciliazione o  di inidoneità/insufficienza  del domicilio dichiarato  o eletto, opera (nuovamente) la domiciliazione legale presso il difensore, stavolta (chiaramente) anche con riguardo agli atti “garantiti” (atti introduttivi di giudizio e decreto penale).

Il meccanismo è analogo a quello già vigente.

Modifica dell’art. 160 c.p.p.

sulla efficacia della irreperibilità in fase di indagine

Il decreto di irreperibilità emesso dal giudice o dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminare cesserà  di avere efficacia con la notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari ovvero, quando questo manchi, con la chiusura delle indagini preliminari.

La modifica dell’art. 160 si è resa necessaria per coordinare la disciplina dell’irreperibilità con le  modifiche del processo in assenza attuative del criterio direttivo di cui alla legge delega, art. 1, comma 7 in tema di processo di assenza.

Si è quindi previsto che l’efficacia del decreto di irreperibilità non cessi più con la pronuncia del provvedimento che definisce l’udienza preliminare, bensì con la notificazione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari.

Ciò in quanto si reputa che il meccanismo di notificazione previsto in caso di dichiarazione di irreperibilità non sia idoneo ad assicurare all’imputato la conoscenza dell’accusa e della pendenza del processo a suo carico, unici presupposti che consentono la celebrazione del processo di primo grado in sua assenza.

Pertanto, una volta cessata la fase delle indagini preliminari, la notificazione all’imputato dell’atto introduttivo del giudizio, cui è parificato l’avviso di fissazione

dell’udienza preliminare, dovrà essere effettuata secondo le regole ordinarie e, in caso di mancato rintraccio dello stesso e di assenza di alcun indice di conoscenza della vocatio in ius e della pendenza del processo, secondo la disciplina dettata dall’art. 420-bis, il giudice dovrà disporre ulteriori ricerche per la notifica a mani e, alla fine, pronunciare la sentenza di non doversi procedere prevista dall’art. 420-quater.

Imputato latitante o evaso (art. 165 c.p.p.)

Si conferma la notifica presso il difensore per i latitanti e gli evasi.

Tuttavia, per gli atti introduttivi di giudizio,  si privilegia , in prima battuta,  il domicilio dichiarato o eletto ex art. 161 c.p.p. ovvero i luoghi di cui all’art. 157 c.p.p. .

L’intervento si coordina alle modifiche operate per la notificazione degli atti introduttivi del giudizio ai fini della possibilità di procedere nell’assenza dell’imputato (art. 1, comma 7, della legge di delega).

Per meglio garantire la dimensione convenzionale del processo in absentia, dimostrando la diligenza apprestata dalle autorità pubblica per portare a conoscenza anche del latitante l’esistenza del processo a suo carico, si è dunque disposto che alla notificazione al difensore degli atti introduttivi del giudizio a carico della persona latitante possa farsi ricorso solo dopo l’infruttuoso esperimento delle modalità ordinarie di notifica al domicilio eletto o dichiarato o indicate dall’art. 157, opportunamente distinte a seconda che la latitanza riguardi persona evasa o sottrattasi a misure cautelari detentive o riguardi persona sottrattasi alla misura cautelare dell’obbligo di dimora o del divieto di espatrio.

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