di Francesca Spella Gip presso il Tribunale di Avellino e Mag.rif del settore penale

L’impiego di strumenti informatici per scannerizzare i documenti o, in alternativa, di strumenti per la firma digitale o per l’uso di cartelle condivise consente senza dubbio di riorganizzare l’ufficio in vista all’obiettivo di semplificare e accelerare la trasmissione e comunicazione di atti giudiziari.

In tal modo vengono risparmiate risorse umane (si pensi a quelle da impiegare per il trasporto dei documenti da un ufficio all’altro o per il lavoro di fotocopiatura) e materiali aggiuntive; è necessaria soltanto una minima formazione del personale amministrativo preposto alla scannerizzazione e trasmissione telematica degli atti.

In effetti la lavorazione dei fascicoli aggiunge tempo ai tempi già lunghi dei procedimenti giudiziari. Diversi uffici, allora, già utilizzano la comunicazione telematica per ridurre costi e durata di tale lavorazione.

I settori sono diversi: le intercettazioni, le notizie di reato, le richieste di misure cautelari al GIP, le impugnazioni al Tribunale del Riesame. L’obiettivo comune a tutte queste esperienze è snellire i processi di lavorazione dei fascicoli.

Emblematico il caso delle intercettazioni: il pubblico ministero ne fa richiesta e pone a corredo gli atti di indagine compiuti fino a quel momento; la procura trasmette il sottofascicolo delle indagini preliminari all’Ufficio GIP. I rischi sia per il segreto delle investigazioni sia, più in generale, per lo strumento investigativo sono evidenti. Per fare fronte a tali rischi e ottenere un risparmio in termini di risorse umane e materiali gli uffici giudiziari hanno elaborato protocolli fra procura e tribunale–ufficio GIP. I protocolli dispongono la trasmissione telematica delle richieste di intercettazione e la successiva trasmissione telematica del decreto autorizzativo delle intercettazioni emesso dal GIP mediante l’applicativo tiap-document@.

Le naturali spinte dirette ad inserire sempre più avanzate soluzioni di informatizzazione anche nella gestione del processo penale portano, però, ad evidenziare la necessità di un equilibrio fra efficientismo e garanzia dei diritti di livello costituzionale. E’ necessario, cioè, verificare in un contesto ampiamente collaborativo fra le parti interessate, nel rispetto dei reciproci ruoli, le soluzioni ipotizzate e le concrete ricadute sull’attuazione dei principi costituzionali del cd. “giusto processo”, da tutelare e attuare in concreto in maniera ancora più incisiva, grazie alle potenzialità dei servizi di digitalizzazione.

Orbene, tra gli obiettivi del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza elaborato dall’Italia per rilanciare l’economia dopo la pandemia da Covid-19) vi è proprio quello di investire nella trasformazione digitale, attraverso la digitalizzazione dei fascicoli e l’adozione di strumenti avanzati di analisi dati, in tal modo completando un processo già in fieri.

La dematerializzazione consentirà l’eliminazione, nel corso dei prossimi 5 anni, degli archivi cartacei. La contestuale e continua implementazione degli applicativi, unitamente agli investimenti sulle infrastrutture e sulla sicurezza, consentiranno il definitivo abbandono dell’atto analogico. Tutti i provvedimenti saranno dematerializzati o nativi digitali, rendendo inutile la riedizione della digitalizzazione degli archivi.

Tutti questi interventi, nel complesso, consentiranno di azzerare la maggior parte dei tempi di attraversamento dei procedimenti (ad esempio attraverso il potenziamento delle comunicazioni e notificazioni telematiche e del deposito telematico degli atti) e di quelli necessari a reperire le informazioni.

Il patrimonio documentale digitalizzato andrà ad alimentare le basi documentali del processo telematico e del processo di legittimità nella Corte Suprema di Cassazione, consentendo un notevole ampliamento della capacità informativa e di analisi degli strumenti.

E’ chiaro che l’obiettivo di ogni intervento sul punto – normativo, di organizzazione e tecnico – in materia penale deve avere quale inevitabile riferimento primario il modello del giusto processo richiesto dal sistema costituzionale nel suo complesso e con specifico riferimento agli artt. 111 e 112 della Cost. in termini di ragionevole durata, trasparenza, possibilità di accesso alla giustizia, obbligatorietà dell’azione e parità fra accusa e difesa dinanzi al giudice terzo e imparziale.

L’informatizzazione deve inserirsi in questo percorso, nella consapevolezza che è la tecnica a dover seguire il modello costituzionale e normativo del processo in vigore – con i doverosi adattamenti – e non viceversa. Si tratta, all’evidenza, di un progetto di informatizzazione che deve avere quale riferimento il miglioramento della qualità della giurisdizione penale, consentendo l’ottimizzazione e la velocizzazione dei flussi di attività attraverso la costante ricerca della qualità ed attendibilità dei dati trasmessi.

Sincronizzare gli applicativi, mettere in rete, assicurare la qualità del dato, generare sistemi capaci di estrarre informazioni ed elaborarle aiuta gli uffici giudiziari a gestire e programmare le attività processuali e dunque ad assicurare un servizio migliore ed in grado di creare le migliori condizioni per la concretizzazione del giusto processo. L’obiettivo è la qualità, la quantità e la riduzione dei tempi del processo ne saranno conseguenza. L’inversione di questi termini, invece, creerebbe solo una deriva efficientistica.

Bisogna essere consapevoli del fatto che organizzazione, innovazione e informatizzazione rappresentano imprescindibili strumenti di rafforzamento dell’efficienza e di velocizzazione dei tempi della giustizia. Occorre però rifuggire dalla tentazione di intendere l’organizzazione come sostitutiva delle risorse e non, invece, come un metodo di ottimizzazione e di migliore gestione delle stesse che – in ogni caso – devono essere costantemente assicurate in misura adeguata. Si tratta inoltre di strumenti che devono essere governati con cura per evitare il rischio, del tutto opposto all’obiettivo prefissato, di diminuzione delle garanzie e delle concrete possibilità per i cittadini di accesso alla difesa ed alla tutela dei diritti, nonché di riduzione della centralità della funzione del giudice nel controllo e nell’esercizio della giurisdizione

Gli obiettivi individuati dal PNRR (Piano nazionale di Ripresa e Resilienza) rendono indispensabile l’ottimizzazione dei tempi di lavoro; a tal fine il giudice deve essere in grado di utilizzare al meglio gli applicativi per conoscere il ruolo assegnato, organizzare le udienze, redigere i provvedimenti e monitorare scadenze e risultati raggiunti. Occorre, quindi, formare e formarsi per assicurare il raggiungimento di un omogeneo livello di competenze e l’aggiornamento continuo, soprattutto sulla qualità del dato informatico e statistico, sulla forma dell’atto processuale telematico, sull’udienza da remoto.

Anche l’infrastruttura informatica deve adeguarsi all’innovazione. Ed infatti con l’introduzione dei depositi telematici si sono evidenziate una serie di carenze nell’infrastruttura informatica la quale non consente un facile ed immediato reperimento delle informazioni, un’agevole consultazione dei fascicoli ed una efficiente acquisizione degli atti e documenti in essi contenuti. In particolare, a causa delle continue interruzioni programmate o meno dei sistemi e dei continui messaggi di indisponibilità dei server, risulta spesso difficoltoso svolgere anche le semplici attività di aggiornamento.

Inoltre, attualmente, i processi telematici risultano essere tanti quanti sono i registri di cancelleria con la conseguenza che le modalità tecniche ed operative cambiano in continuazione rendendo di fatto difficoltosa la formazione di prassi univoche sulle corrette modalità di svolgimento delle varie fasi processuali. Il fatto che ogni ufficio giudiziario ricorra a protocolli ha, inoltre, creato prassi parziali e variabili rendendo ulteriormente gravosa l’attività difensiva che richiederebbe, invece, una omogeneità normativa ed applicativa dei processi telematici.

Attualmente l’applicativo maggiormente diffuso nel settore penale è il document@ (ex Tiap). L’applicativo consente la gestione del documento informatico, la dematerializzazione del fascicolo del PM e del Gip e, in prospettiva, del fascicolo del dibattimento. Gestisce anche il rilascio di copie agli avvocati e le notifiche. Il sistema è in grado di gestire le diverse fasi processuali attraverso discovery realizzate con la formazione di sottofascicoli informatici che possono essere inviati per via telematica ai diversi uffici di volta in volta coinvolti nella gestione del procedimento. Nell’attuale versione l’applicativo è stato integrato con un gestore di pec e relative notifiche telematiche con la capacità (che non è presente in SNT) di generare notifiche direttamente dai documenti presenti nel fascicolo informatizzato; con un collegamento con il portale trascrizioni che consente l’automatica importazione delle trascrizioni delle udienze riferite al singolo procedimento; con un collegamento con il portale NDR che consente la diretta importazione degli atti depositati dalla Polizia Giudiziaria; con un collegamento con il portale deposito atti penali che consente la diretta importazione degli atti depositati dai difensori e firmati digitalmente. E’ possibile, poi, consultare l’applicativo da remoto con le credenziali ADN e la smartcard.

La necessità di un suo più frequente utilizzo in vista degli obiettivi programmati dal PNRR impone, però, di evidenziarne le criticità.

L’interfaccia, che risale al 2008, rende non intuitive operazioni semplici come, per esempio, l’esportazione dei documenti in formato utile per la copia o la combinazione degli atti secondo ordini diversi; la ridotta interoperabilità con i registri (non ancora completa), l’assenza di collegamenti con la consolle del Pm e con atti e documenti 2.0 relega l’applicativo al ruolo di gestore documentale; la mancata previsione di un modulo per la Procura Generale presso la Corte di Appello, per la Corte di Appello e per la Cassazione, ha comportato che le Corti di appello si sono viste costrette a procedere con autonomi protocolli per farsi abilitare alla consultazione degli atti presenti nell’applicativo, onde evitare una nuova materializzazione dei documenti in precedenza dematerializzati.

Inoltre l’applicativo presenta criticità anche con riferimento all’archivio riservato delle intercettazioni (document@- archivio riservato): a) la duplicazione degli inserimenti: il sistema non consente il ribaltamento dei file da una richiesta ad un’altra imponendo di reiterare l’inserimento degli stessi atti tante volte quanti sono i bersagli da intercettare; gli atti digitalizzati già presenti in document@-tiap, poi, non possono essere importati automaticamente nella partizione dell’archivio riservato e, in tutti i casi in cui si alleghino l’informativa o altri documenti alla richiesta di intercettazione del magistrato, è necessario salvare gli atti fuori dal sistema document@-tiap e, quindi, allegarli nuovamente in document@-archivio riservato; b) la mancanza di alert: la conseguenza è che gli uffici hanno regolato tale aspetto con protocolli che prevedono di regola l’invio di mail con ulteriori aggravi organizzativi; c) la mancanza della possibilità di navigazione all’interno dell’archivio riservato: è necessario uscire dall’intero procedimento (e non solo dal singolo Rit) ogni volta che si voglia navigare all’interno di un diverso sottofascicolo di intercettazione; d) la mancanza di un indice di navigazione all’interno dell’archivio riservato diviso per numero RIT.

In sintesi, permane la necessità di superare la molteplicità di applicativi esistenti e la ancora scarsa interoperabilità degli stessi. L’obiettivo si potrebbe raggiungere realizzando un sistema informativo unico che gestisca tutte le fasi del procedimento penale ossia dalla notizia di reato al casellario giudiziale. Inoltre si impone la adozione del documento nativamente digitale e, quindi, della firma digitale quale standard nella gestione dei documenti del processo penale e la trasmissione telematica quale standard per tutte le notificazioni e comunicazioni. Inoltre sarebbe auspicabile lo sviluppo di una consolle del magistrato penale in grado di gestire tutti gli aspetti lavorativi relativi alla funzione ricoperta anche da remoto ed in mobilità.

Infine è chiaro che l’informatizzazione dei processi giudiziari impone una nuova riflessione in ordine al complessivo esercizio della giurisdizione. Un nuovo equilibrio va ricercato attraverso la tempestiva conoscenza dei progetti strategici ministeriali, per una effettiva partecipazione della magistratura alle scelte che, in questo settore più che in altri, incidono profondamente sul ruolo del giudice, sul concreto esercizio della giurisdizione e sulla complessiva risposta di giustizia per i cittadini.

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