a cura di Fabiana Iorio, giudice del lavoro presso il tribunale di Santa Maria Capua Vetere

Opposizione tardiva recuperatoria avverso iscrizione a ruolo – azione di accertamento negativo – Vizi attinenti al merito della pretesa – Litisconsorzio necessario tra ente impositore ed agente della riscossione – Esclusione.

Massima (Rv. 664407 – 01): “In tema di riscossione dei crediti previdenziali, ai sensi dell’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999, nell’ipotesi di opposizione tardiva recuperatoria avverso l’iscrizione a ruolo, al fine di far valere l’inesistenza del credito portato dalle cartelle per omessa notificazione, anche per il maturare della prescrizione, la legittimazione a contraddire compete al solo ente impositore, quale unico titolare della situazione sostanziale dedotta in giudizio, sicché, in caso di proposizione nei confronti del solo concessionario, non trovando applicazione i meccanismi di cui agli artt. 107 o 102 c.p.c., ne consegue il rigetto del ricorso per carenza di legittimazione passiva in capo al concessionario medesimo, quale mero destinatario del pagamento ex 1188 c.c.”.

Fatto: Con ricorso depositato innanzi al competente Tribunale del Lavoro, la parte ricorrente conveniva in giudizio Agenzia delle Entrate – Riscossione proponendo opposizione avverso cartelle di pagamento aventi ad oggetto crediti previdenziali, asseritamente mai notificate, di cui era venuta a conoscenza mediante emissione di estratto di ruolo, eccependone l’intervenuta prescrizione.

In riforma della sentenza del giudice di prime cure, la Corte di Appello dichiarava la nullità del giudizio di primo grado per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Inps, titolare del credito, ritenendo la sussistenza di un’ipotesi di litisconsorzio necessario non rilevata dal giudice di primo grado, in violazione dell’art. 24 del d.lgs. n. 46 del 1999 e rimetteva la causa al primo giudice.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello, la ricorrente proponeva ricorso in Cassazione.

Con l’ordinanza interlocutoria del 22 marzo 2021, n. 8003, la Sezione lavoro della Corte di Cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione della causa alle Sezioni Unite della questione di seguito esposta.

Diritto: Con la sentenza n. 7514 del 2022, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto la questione, dibattuta nella giurisprudenza di merito e di legittimità, della sussistenza o meno di un litisconsorzio necessario tra l’Ente impositore titolare del credito – nella fattispecie l’INPS – e l’Esattore e della conseguente necessità di integrare il contraddittorio nei casi in cui con l’azione di opposizione all’esecuzione siano fatti valere esclusivamente vizi attinenti al merito della pretesa creditoria.

Pertanto, il caso esaminato dalle Sezioni Unite non riguarda le ipotesi in cui con un unico atto si fanno valere sia vizi di merito che di regolarità formale della cartella e/o di validità degli atti della procedura di riscossione in cui vi è la legittimazione passiva sia dell’ente impositore che dell’agente per la riscossione in relazione a ciascuna delle azioni, ma il caso in cui il contribuente, a seguito di emissione di estratto di ruolo, chieda accertarsi l’infondatezza della pretesa creditoria in assenza della notifica della cartella e, comunque, la prescrizione della stessa per decorso del termine quinquennale.

Per dirimere la questione della legittimazione a contraddire, le Sezioni Unite muovono dal preliminare inquadramento della natura dell’azione in esame richiamando Cass. 19 giugno 2019 n. 16425 secondo la quale, nel caso in cui il debitore chieda l’accertamento negativo del credito iscritto a ruolo, sia per infondatezza della pretesa quanto per intervenuta prescrizione, opponendosi all’iscrizione a ruolo tardivamente rispetto al termine previsto dall’art. 24, comma 5, d.lgs. n. 46 del 1999, sul rilievo della mancata notifica della cartella esattoriale o dell’avviso di addebito senza far valere vizi dell’azione esecutiva, l’azione partecipa della natura dell’opposizione all’esecuzione in quanto il vizio relativo alla mancata notifica della cartella è funzionale esclusivamente al recupero della tempestività dell’opposizione, altrimenti tardiva, e a far valere la prescrizione.

In altri termini, così delineata la natura dell’azione, la questione in esame attiene al merito della controversia in quanto il debitore, pur deducendo l’omessa notifica in realtà intende con tale motivo superare la tardività dell’opposizione al fine di far valere la prescrizione del credito.

Tanto premesso, le S.U – nella loro funzione nomofilattica – evidenziano la sussistenza di orientamenti difformi in seno alla Suprema Corte anche in ragione della diversa natura dei crediti che lo Stato vanta nei confronti dei diversi debitori.

Quanto alla materia tributaria, la sentenza in esame evidenzia che, a partire dalla pronuncia resa dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite sent. 25 luglio 2007 n. 16412, la giurisprudenza, in applicazione dell’art. 39 D.Lgs. n. 112/99[1], ha ritenuto che l’azione proposta dal contribuente e volta a far valere la nullità per omessa notifica dell’atto presupposto o a contestare, in via alternativa, la pretesa tributaria azionata nei suoi confronti, va proposta nei confronti dell’ente titolare del credito e non nei confronti del concessionario, sebbene quest’ultimo sia vincolato alla decisione del giudice in qualità di adiectus solutionis causa. Tuttavia, secondo l’orientamento in esame, ormai consolidato in materia tributaria (Cass. 11 gennaio 2008 n. 476, Cass. 30 giugno 2009 n. 15310, Cass. 15 giugno 2011 n. 13082, Cass. 15 luglio 2020 n. 14991, Cass. 28 novembre 2012 n. 21220), l’azione proposta solo contro il concessionario non è inammissibile e non determina un litisconsorzio necessario in quanto il contribuente è estraneo ai rapporti tra i due enti e, proprio in virtù dell’art. 39 richiamato, all’agente della riscossione incombe l’onere di chiamare in causa l’ente se non vuole rispondere dell’esito eventualmente sfavorevole della lite. Conseguentemente, nel processo tributario il giudicato formatosi tra contribuente e riscossore spiega effetti anche nei confronti dell’ente impositore indipendentemente dalla denuntiatio litis e rileva unicamente nel rapporto interno ex art. 39 del D.Lgs. n. 112 del 1999 (Cass. 26 maggio 2021 n. 14566).

Le Sezioni Unite rilevano che anche in materia di opposizioni alle sanzioni amministrative ex L. 24 nov. 1981 n. 689, la giurisprudenza della seconda sezione civile della Corte di Cassazione ha fatto applicazione dell’art. 39 D.Lgs. n. 112/99, ritenendo però che l’esattore abbia una generale legittimazione passiva in quanto quest’ultimo è il soggetto da cui proviene l’atto oggetto di opposizione (Cass. 11 luglio 2016 n. 2016, Cass. 7 agosto 2003 n. 11926, Cass. 18 giugno 2002 n. 8759) e, incidendo la pronuncia di annullamento sul rapporto esattoriale, quest’ultimo ha interesse a difendersi (ex multis Cass. 21 maggio 2013 n. 12385, Cass. 29 gennaio 2014 n. 1985), concludendo in questi casi per la sussistenza di un litisconsorzio necessario tra l’ente impositore e l’esattore.

Nella sentenza in esame, viene rilevato che in materia previdenziale, invece, vi è non vi è unanimità di orientamenti.

Circa le opposizioni allo stato passivo fallimentare, le Sezioni Unite contrappongono l’orientamento maggioritario della sezione lavoro della Corte secondo cui non sussiste litisconsorzio necessario tra l’ente creditore e il concessionario del servizio di riscossione in quanto la mancata citazione in giudizio di uno dei due soggetti comporta solo un problema di legittimazione passiva cosicché la eventuale chiamata in causa ai sensi dell’art 39 citato è rimessa alla valutazione discrezionale del giudice ex art 106 c.p.c. (Cass. 5 maggio 2016 n. 9016, Cass. 22 maggio 2019 n. 13929, Cass. 2 ottobre 2019 n. 2458, Cass. 12 agosto 2020 n. 17100) a quello, minoritario, secondo cui – sempre richiamando l’art. 39 D.Lgs. n. 112/1999 che impone l’obbligo per il concessionario di chiamare in causa l’Ente impositore a pena di subire le conseguenze della lite in proprio – è configurabile un litisconsorzio necessario laddove il contribuente deduca anche circostanze relative al merito della pretesa creditoria, assumendo in tal caso l’agente per la riscossione una legittimazione meramente processuale (Cass. 16 giugno 2016 n. 12450, Cass. 12 dicembre 2017 n. 29806).

Infine, evidenziano le Sezioni Unite che, nella materia di opposizione a cartella esattoriale relativa a contributi previdenziali proposta ai sensi dell’art. 615 c.p.c., oggetto dell’ordinanza interlocutoria di rimessione, si sono registrati diversi orientamenti circa la sussistenza della legittimazione passiva del concessionario ai sensi dell’art. 39 del d.lgs. n. 112 del 1999.

Secondo un primo orientamento, si ravvisa la legittimazione del riscossore e, dunque, si configura un litisconsorzio necessario laddove il contribuente deduca un vizio di notifica degli atti, quale l’omessa tempestiva notifica, determinante la prescrizione, per gli effetti che la pronuncia di annullamento potrebbe avere nei rapporti con l’ente (Cass. 15 gennaio 2016 n. 594, Cass. 21 maggio 2013 n. 12385).

L’orientamento più recente della sezione lavoro (Cass. n. 16425 del 2019, Cass. 12 novembre 2019 e Cass. 26 febbraio 2019 n. 5625), invece, perviene ad esiti differenti evidenziando la specificità del settore  previdenziale regolato dall’art. 24 d.lgs. n. 46/99, in difetto di espresse previsioni normative come quelle presenti in materia tributaria e di sanzioni amministrative che condizionano la validità della riscossione ad atti prodromici (art. 14 I. 24 novembre 1981 n. 689), e in cui la notifica dell’atto di accertamento non costituisce un presupposto per l’iscrizione a ruolo, ben potendo l’ente iscrivere a ruolo pur in assenza di un atti di accertamento (Cass. 21 febbraio 2018 n. 4225; 10 febbraio 2009 n. 3269).

Tali ultime considerazioni determinano le Sezioni Unite ad una rimeditazione esposta nei punti 12.2 e 12.3 della motivazione della sentenza in esame.

La Suprema Corte evidenzia che, a seguito delle modifiche apportate all’art. 24, co. 5 del d.lgs 46/99 da parte del d.l. 209/2002[2], la norma ora dispone che nel giudizio contro l’iscrizione a ruolo il ricorso va notificato solo all’ente impositore (e non più anche al concessionario), ponendosi così in contrasto con l’art. 39 D.Lgs. 112 del 1999 e le conseguenze che da esso ha tratto la giurisprudenza in materia tributaria.

Pertanto, la legittimazione passiva resta regolata dall’art. 24 citato e, conseguentemente, la legittimazione a contraddire spetta esclusivamente all’ente impositore in quanto l’azione ha ad oggetto la sussistenza del debito contributivo iscritto a ruolo, cioè il merito della pretesa contributiva e non la legittimità degli atti della procedura esecutiva imputabili al concessionario, rispetto al quale l’agente della riscossione resta quindi estraneo, sebbene vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa in quanto soggetto autorizzato dalla legge e dal creditore a ricevere il pagamento ex art. 1188 c.c., comma 1.

Le Sezioni Unite in conclusione, escludono la sussistenza di un litisconsorzio necessario tra ente impositore e concessionario sicché la proposizione esclusivamente nei confronti del concessionario dell’opposizione tardiva recuperatoria avverso l’iscrizione a ruolo, al fine di far valere l’inesistenza del credito portato dalle cartelle delle quali è stata omessa la notificazione, anche per maturarsi del termine prescrizionale, come nella specie, non da luogo ai meccanismi di cui all’art. 107 o 102 c.p.c., e comporta il rigetto del ricorso per carenza di legittimazione in capo al concessionario medesimo che non è titolare del diritto di credito.


[1] Art. 39 del decreto legislativo 13 aprile 1999 n. 112 – Chiamata in causa dell’ente creditore – “Il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”.

[2] l’art. 24, comma 5, del d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 – emanato, come l’art. 39 del d.lgs. 26 febbraio 1999 n. 112, in attuazione della legge delega 28 settembre 1998 n. 337 – disponeva, nel testo originario, che «contro l’iscrizione a ruolo il contribuente può proporre opposizione al giudice del lavoro entro il termine di quaranta giorni dalla notifica della cartella di pagamento. Il ricorso va notificato all’ente impositore ed al concessionario». L’art. 4, comma 2 – quater del d.l. 24 settembre 2002, n. 209, convertito con legge n. 265 del 22 novembre 2002, ha modificato il testo dell’art. 24 comma 5, prevedendo che il ricorso contro l’iscrizione a ruolo debba notificarsi “all’ente impositore” ed espungendo, quindi, l’obbligo di notifica al concessionario.

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